Qual è la prima domanda che vi ponete, appena svegli?

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Ricordate i nomi dei vostri compagni dell’asilo? I loro faccini tondi imbrattati di salsa, le dita punteggiate di pennarello, la volta che vi hanno strappato il disegno fatto con i pastelli a cera per la festa della mamma? Ricordate le cose che vi sono successe, le frasi che avete pronunciato, gli insulti che vorreste ingoiare? Avete in mente ancora quel sorriso che non rivedrete, rammentate la forma delle unghie di qualcuno a cui avete voluto bene? Il colore degli occhi, quell’odore speciale tra collo e orecchio, e il suono dei suoi passi in pantofole? Ricordate tutti i film che avete visto? E la trama dei libri che avete letto? Quando la maestra vi costringeva a imparare a memoria le poesie, vi siete mai chiesti se il pretesto di aiutarvi ad esercitare la memoria fosse solo una scusa per giustificare il suo sadico piacere nel vedervi arrancare dietro alle donzellette che vengono dalla campagna? Le siete grati lo stesso? Pensate che conti di più lo scopo prefisso, o il risultato raggiunto?

Sognate in grande? Desiderate qualcosa di impossibile, o almeno molto complesso e articolato e improbabile, o ambite mete comuni, semplici, che vi annoiano già prima di averle raggiunte? Vorreste essere astronauti registi fotografi di guerra volontari in Africa, o solo buoni genitori, buoni amanti, buoni amici? Avete molti amici? Non vi comunicano angoscia e senso di soffocamento le persone che hanno lo stesso gruppo di amici-da-sabato-sera da troppi anni? Come se fossero rimasti incastrati nei grembiuli di scuola? Pensate che i veri amici si riconoscano al momento del bisogno, o che siano quelli che sanno condividere le vostre gioie, godere dei vostri successi, battere le mani per voi sorridendo a tutta bocca? Siete sicuri che chi vi poggia la mano sulla spalla quando state male lo faccia per empatia, e non per senso di colpa pietà o sollievo? O forse non vi importano le motivazioni, ma solo quella mano calda sulla spalla?

Avete mai pianto per stanchezza, rassegnazione, rabbia? E per la gioia? Cosa vi ha sconvolto di più? Cosa vi spaventa? Gli incidenti, le malattie, quello che è ineluttabile o quello che non conoscete? Restare uguali o cambiare fino a non riconoscervi? Avete il coraggio di chiedere aiuto? E di offrirlo? Dispensate consigli? E se vi regalano un suggerimento non richiesto, siete in grado di non sbuffare per il fastidio? Cosa vi fa davvero indignare? Quali sono i vostri principi morali? Per quale motivo fate la cosa giusta? Lo sapreste spiegare? Trovate scuse per i vostri fallimenti? E per le piccole quotidiane carognate? Alzate le spalle davanti a un mendicante dicendo ‘non ho soldi scambiati’? Scambiate con lui almeno due parole, un sorriso, una stretta di mano? Carezzate mai un cane randagio? Quando piove forte, vi chiedete se i gatti del quartiere sanno dove rifugiarsi? Le buone intenzioni producono necessariamente buone azioni?

Siete mai usciti di casa in pigiama? Perché? Non odiate anche voi le persone che dicono ‘un tempo avevo i capelli molto più lunghi dei tuoi’? Quando fate la doccia, permettete al vostro animale domestico di assistere? E lui come reagisce?
Quale libro amate? Quale tenete sul comodino da quando avevate quattordici anni? Quale piatto vi fa impazzire? Quali sono i sapori che vi riportano all’infanzia, e in particolare a quel giorno in cui eravate tristi e confusi e poi vi siete seduti a tavola e tutto è andato meglio? Cosa preparereste a un amico che soffre? Forse dei biscotti, da sgranocchiare insieme? Oppure solo una spalla su cui piangere, una briciola della vostra attenzione, qualche minuto del vostro tempo? E vi sembra poco?

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4 Responses to Qual è la prima domanda che vi ponete, appena svegli?

  1. Mirella says:

    Che “grandinata” di domande!!! A molte risponderei “sì”, ad altre “no” ma sono di più quelle da “non so”: ho poca, pochissima memoria – sia per le piccole che per le grandi cose – ed una tendenza criminale a dirmi “ci penso dopo”, col risultato di non fissare bene ricordi, pensieri o sensazioni. E poi, all’improvviso, basta che io senta una parola per sbaglio, percepisca un odore o un suono, e si apre la cascata della memoria, lasciandomi travolta.
    Concludendo, al mattino ultimamente non mi faccio una domanda ma una concessione: “posso dormire altri cinque minuti”. Per riaprire poi gli occhi un’ora dopo…

  2. matelda pavanello says:

    all’ asilo ci sono andata poco, ma più che le facce dei bambini, anzi delle bambine, mi ricordo le carognate che facevano, e le suore che chiamavano “camerino” il gabinetto. ma sono passati così tanti anni che forse posso essere perdonata. però mi ricordo bene la maestra delle elementari, la vecchia signorina con lo chignon che ci parlava dell’ anno 2000. e ho pianto per tanti degli argomenti che hai menzionato tu, continuo a piangere di amarezza e frustrazione per un sacco di cose che succedono non solo a me, in giorni come questi.
    non ho tenuto la contabilità dei sì e dei no come risposta alle tua raffica di domande. a volte forse, a volte non so.
    olga non mi guarda mentre mi lavo, ho un bagno piccolissimo, ma a volte mi sbircia dalla porta socchiusa quando faccio pipì. non so bene le sue reazioni, credo se ne vada disgustata.
    vorrei scrivere tante altre cose, vorrei saper rispondere a tutte le tue domande, vorrei, vorrei, vorrei… vorrei dirti che le tue parole su questo spazio mi fanno pensare: finalmente è sabato.

    • maria says:

      non credo che olga sia disgustata; forse incuriosita, forse perplessa, forse sospettosa. secondo me sai rispondere, alle domande; basta che tu abbia il tempo. quanto al resto, ora è domenica, e sa già un po’ di lunedì. tanti baci, mate

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