bisonti

Che il colonnello fosse una testa calda lo sapevano tutti dato che i suoi guai con la corte marziale non erano certo un segreto, ma vedere come continuasse a dividere il reggimento a quel modo mi inquietava non poco. Da tempo mi ero pentito di essere uno dei suoi scout perché ci trattava malissimo. Ci considerava dei traditori e dei parassiti del governo, tuttavia da solo le piste non se le sapeva trovare e quindi faceva cattivo viso a cattivo gioco forte della nostra volontà di stare dalla parte di chi avrebbe sicuramente vinto quella guerra infame. Personalmente non pensavo al mio popolo, o meglio ci pensavo ma consapevole del fatto che le cose cambiano. Mio padre mi ha sempre detto che è stupido rincorrere i bisonti quando li si può aspettare dove sarebbero venuti a bere. Quando ho conosciuto i bianchi ho fatto presto a farmi un’idea della loro mentalità e di quanto questa fosse differente dalla nostra. Se ci sono cinque bisonti un indiano ne uccide uno e quando lo ha consumato torna a cacciare e ne trova sette perché le femmine hanno avuto tempo di partorire, invece un bianco li uccide tutti e cinque e poi va a uccidere i cervi e intanto alleva gli animali obbedienti in modo da poterli usare come e quando gli pare. È chiaro che la sete dell’uomo bianco non potrà mai essere soddisfatta e che la violenza che ne deriva non potrà mai essere contenuta da niente che non sia la stessa terra su cui vive che prima o poi se lo scrollerà di dosso. Ma per allora io sarò morto da tempo e questa storia sarà stata dimenticata da te, mia cara moglie, dai nostri figli e dai nostri nipoti, che lavoreranno nelle città dei bianchi. Al momento della battaglia, quando ho capito che i Lakota e i Sioux ci avrebbero accerchiati io mi sono lasciato cadere dal cavallo e sdraiato sulla pancia mi sono finto morto e da morto ho pregato il dio del cielo e della prateria che in quel carnaio un Lakota cadesse morto vicino a me. Per un Arikara è facile farsi passare per Lakota e in quella bolgia dove tutti cadevano come mosche la mia non è stata nemmeno una grandissima fortuna. Così quando il Lakota è caduto a pochi passi da me io ho strisciato verso di lui molto lentamente e mentre gli indiani accerchiavano i bianchi e io rimanevo alle loro spalle mi sono spogliato e mi sono vestito con le cose di quell’indiano. I cavalli scossi si erano radunati tutti dalla parte del fiume e non è stato difficile raggiungerli e salire sopra a uno senza sella. È stato bello quando mi sono accorto che riuscivo ancora ad andare a cavallo senza la necessità di staffe in cui infilare i piedi. E il fucile che ho preso all’indiano era ancora carico. L’ho deciso mentre mi cambiavo che non sarei scappato via e l’ho deciso con in testa un’idea precisa come quelle immagini che i bianchi ricavano da quelle scatole con mantello montate su tre gambe di legno. Sono tornato nella battaglia e assieme agli altri ho cominciato a girare intorno ai soldati che avevo guidato fino a un’ora prima e ho visto Custer in piedi che sparava a destra e a sinistra con le sue due pistole senza nemmeno prendere la mira impazzito come il bastardo che nemmeno sapeva di essere. Erano pochi quelli vivi attorno a lui ma io volevo lui e volevo che mi vedesse e così ho puntato dritto alla sua chioma bionda e quando sono stato abbastanza vicino ho urlato perché un attimo prima dello sparo lui vedesse la mia faccia di traditore e parassita. E gli ho sparato al petto ed è caduto all’indietro mentre anche gli altri intorno a lui cadevano. In quell’attimo ho incrociato il suo sguardo dentro al mio grido. Lui mi ha visto capisci squaw? E io sono contento di quello smarrimento che ho visto nei suoi occhi perché sarò lo stesso che avranno tutti i bianchi quando la terra se li scrollerà di dosso. Nell’istante in cui premevo il grilletto io ho sentito che il mio indice era lo stesso dito del dio dei cieli e delle praterie e che la giustizia sarebbe stata ristabilita dal tempo. Quando ho visto crollare il colonnello il mio cuore si è riempito di una gioia che non può essere paragonata a quella che provo quando ricevo i soldi del governo. Solo allora felice mi sono defilato e ho aspettato la notte e al chiarore della luna ho ritrovato i miei vestiti e sono ritornato dai bianchi a raccontare tutto quell’orrore certo della loro voglia di vendetta immediata. Quello che è successo dopo lo sappiamo entrambi ma ora che sto morendo ti volevo raccontare che a uccidere quel cane sono stato io perché tu abbia un ricordo meno disonorevole di me. Di uno che ha tradito il suo popolo. E ora baciami e promettimi che racconterai questa storia ai nostri nipoti, parla a loro del nonno e dì loro che è sempre meglio aspettare i bisonti dove vanno a bere.

 

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