IL THRILLER DELLA DOMENICA:IL PROFESSIONISTA CONSIGLIA FUNERALE A BERLINO

funerale a Berlino

Nei romanzi di Len Deighton era semplicemente l’Agente Senza Nome e raccontava le sue avventure in prima persona. Quando, in piena era 007, Harry Saltzmann (socio di Broccoli nella produzione dei film con l’eroe di Ian Fleming) decise di creare un anti-Bond, scelse l’ironico, strafottente Michael Caine per dare il viso al personaggio e decise di chiamarlo Harry Palmer. Ex ufficiale dell’esercito inglese nei guai per alcuni non ben precisati ma chiaramente illegali affari legati al mercato nero nella Berlino della Guerra fredda, Palmer viene arruolato di forza dall’MI6 e si presenta apparentemente come l’antitesi del suo collega con la licenza di uccidere. “Apparentemente” perché, se si guardano oggi i film della serie (Ipcress, Funerale a Berlino, Un cervello da un Milione di dollari, Intrigo a San Pietroburgo e All’inseguimento della Morte Rossa) Harry Palmer conserva tutte le caratteristiche dell’agente d’assalto mascherandosi abilmente ma senza percorrere una strada troppo di versa. Certo, fa meno a cazzotti e ricorre all’intrigo più che alla pistola ma, nonostante si presenti con gli occhiali da miope, sia un cultore della buona cucina e mostri una irriverente inclinazione all’indolenza, Palmer è un duro e un donnaiolo. Va a letto con le colleghe e, in missione, sfodera un fascino e una grinta che lo allontanano da personaggi dolenti come quelli di LeCarré. Anche la Guerra fredda sembra diversa rispetto a quella decisamente più cupa del classici britannici della spy-story. Anche di quella dei romanzi originali di Deighton, per la verità. Dei film realizzati sulle avventure di Palmer Funerale a Berlino mi sembra il più esemplificativo di questo ben riuscito tentativo di creare un’alternativa a Bond senza perdere il pubblico che, fondamentalmente, dal cinema di spionaggio voleva azione, belle donne e intrigo. La regia è affidata alla mano sicura di Guy Hamilton, lui stesso regista di 007 Missione Golfinger e di riusciti film di spionaggio bellico (Forza 10 da Navarone). Sin dalle prime battute c’immergiamo nell’atmosfera della vicenda con brillante tema musicale che ci introduce ai punti più famosi della Berlino ovest degli anni ‘60 per passare poi a una desolata panoramica del Muro e del settore orientale rappresentato ancora come un teatro di guerra con edifici grigi e sventrati dalle cannonate. Che si tratti, alla fine, di un film d’azione è ovvio dalla prima spettacolare evasione di un pianista verso l’Occidente; fuga che avviene a bordo di una benna portata con facilità (e poco realismo) da una gru da una parte all’altra del Muro. Harry Palmer riceve dal suo scorbutico capo Ross l’incarico di verificare un’informazione proveniente da Berlino. Johnny Vulkan, amico di Palmer e capo della sezione inglese nella città divisa, ha ricevuto infatti un messaggio dal capo settore del KGB, Stack. Il vecchio colonnello (interpretato dal caratterista Oscar Homolka, attore ungherese molto presente nel ruolo della spia russa in quegli anni) si sente ormai una pedina sacrificabile del nuovo corso dell’URSS. Pur restando nell’anima un vero comunista è pronto a defezionare. Tra le varie richieste la più importante è che, a organizzare la fuga, sia un certo Kreutzman, specializzato in questo genere di operazioni. Inizia così un delicato ma non tedioso scambio di appuntamenti e informazioni in cui Palmer si muove con la netta impressione che dietro ci sia molto di più. Lo dimostra la sin troppo facile conquista della fotomodella Samantha Steel che, in realtà, è un’agente israeliana sulle tracce di un misterioso personaggio: Paul Louis Broum, ex nazista padrone di una fortuna in Svizzera. Broum lavora per gli inglesi che lo ricattano trattenendo i suoi documenti a Londra. Da qui nasce un doppio intrigo che costituisce anche oggi la principale attrattiva del film. Una partita in cui, da una parte, il russo Stack finge di voler fuggire proprio per uccidere Kreutzman e tutti gli altri che, invece, cercano di sfruttare l’operazione per impadronirsi dei documenti di Broum per accedere ai fondi da questi nascosti in Svizzera. Tra pedinamenti, falsi appuntamenti e qualche scazzottata, Palmer comincia a tessere la sua rete. Intuisce, evidentemente, più di quanto allo spettatore sia dato di capire. Ma qui sta la magia del film. Mostrare indizi apparentemente influenti ma in realtà tessere di un mosaico più vasto. Nel carro funebre che attraversa il confine invece dell’ufficiale russo finisce Kreutzmann, ma la trappola di Stack rappresenta solo un risvolto della storia. Palmer scopre che Broum altri non è che il suo amico Vulkan che, con l’aiuto di un archivista inglese, Allan, ha cercato di sfruttare la situazione per liberarsi dei ricattatori e mettere mano sui suoi soldi. In parte la manovra gli riesce, ma viene scoperto da Ross che ordina freddamente a Palmer di eliminare l’agente ormai inutile. Visto che Palmer non è un assassino cerca di risparmiare Vulkan ma cade, almeno in apparenza, in una trappola lui stesso. Saranno gli agenti israeliani a freddare Vulkan-Broum sul punto di passare il Muro verso l’Est. Nel finale tutto tensione e rapidi scoppi d’azione emerge una vena amara che distingue il film da simili avventure di spionaggio. Palmer scopre quanto sia cinico il suo mondo, quanto poco affidabili le amicizie e labili i legami sentimentali. La bella Samantha, infatti, ordina di sparare anche se Vulkan indossa il riconoscibilissimo impermeabile di Palmer. Pur di raggiungere il proprio scopo, personale o politico, tutti sono disposti a tradire e uccidere chiunque. In un bel dialogo tra Palmer e Stack assistiamo a tutta la disillusione di un rivoluzionario sovietico che ormai si sente pericoloso e inutile, proprio come l’archivista Allan, indotto a tradire perché convinto che l’MI6 voglia liberarsi di lui dopo 25 anni di servizio. La sceneggiatura è un riuscito mix di indagine, azione, inganno che ha costruito il filone nell’Immaginario collettivo. Ci sono poi altri risvolti interessanti. Una battuta, eliminata nella versione cinematografica italiana e ripristinata nel DVD, afferma con chiarezza che i Servizi occidentali impiegarono dei criminali di guerra nazisti durante le fasi cruciali della Guerra fredda. Un tema suggerito in maniera meno evidente ma ineludibile per chi conosce le vicende di quell’ epoca. Kreutzmann, specialista nelle fughe dal settore Est, sembra ispirato a Ghelen, un ex nazista che trovò ingaggio nella CIA proprio a Berlino nel dopoguerra. Così una storia apparentemente semplice e di puro divertimento, scandita da scene brevi e dialoghi brillanti e ben interpretati, si rivela un ottimo spy-movie, emblematico non solo dell’epoca ma anche della Guerra fredda come fu recepita nella fiction. La versione in DVD da poco pubblicata in Italia restituisce con il formato originale e la rimasterizzazione dei colori tutto il fascino di una Berlino che, pur nel suo squallore, ha qualcosa di esotico e terribilmente insidioso. Non mancano i locali dei travestiti, gli appuntamenti clandestini, falsari, ladri, legami tra servizi e malavita, insomma tutto ciò che lo spettatore si aspettava da una vicenda di suspense e di spie. È giusto citare gli altri film della serie, Ipcress in particolare tutto ambiento a Londra e giocato su un altro tema classico della spy-story: il condizionamento della mente. Un cervello da un milione di dollari fu diretto da Ken Russell e, pur divertente, risultò in qualche modo surrealistico per una serie che si proponeva come alternativa “seria” a 007. A metà degli anni ‘90 furono prodotti due episodi per la TV Intrigo a San Pietroburgo e All’inseguimento della Morte Rossa , sempre interpretati da Michael Caine, giunto all’età della pensione direttore di un’agenzia investigativa nella Nuova Russia. Pur con qualche pregio nell’intreccio, restano prodotti televisivi che l’appassionato troverà difficile recuperare esistendo solo una versione italiana in cassetta.

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