Battiti

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Azzurra spinge il portone ed entra. La Basilica ha volte affrescate: raccolta nella luce soffusa, è bellissima. “Da quanto tempo non entro”. Azzurra siede su una panca in silenzio.

La voce dei suoi pensieri l’accompagna lentamente, mentre il tempo scorre a un ritmo diverso, più fluido, nella prima ora dedicata solamente a stessa, dopo molto tempo.  “L’ultima volta che sono rimasta qui dentro a testa in su Giulia non c’era ancora, e forse neanche l’immaginavo. Come sono volati questi anni…”.

Quando esce sul sagrato, Azzurra sente il suo cuore più leggero, come tanti anni prima, quando era veramente soltanto una ragazza, col cuore spalancato ai venti. Fuori l’aspetta Teresa, il volto obliquo, lo sguardo fisso in su, puntato all’orologio del campanile.

“Perché proprio qui mi hai dato appuntamento, Azzurra?”

“Non lo so, avevo voglia di tornarci. E poi, si dice che in questa basilica sia stato realizzato il più vecchio orologio pubblico di Milano. Mi sembrava un bel posto oggi per te, per riordinare il tempo, per ricominciare”.

Sulla relatività del tempo è stato già detto e scritto tutto. Ma se ciascuno ha un suo tempo, e a buon diritto, è in un tempo comune che siamo chiamati a vivere, anche quando ci illudiamo di poterne fare a meno. Il battito all’unisono di tutti gli orologi del mondo è inarrestabile, come i tanti simultanei battiti dei nostri cuori: la misura del tempo è una, anche se esistono fusi diversi e percezioni distanti.

…battere e levare

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