LA STAGIONE DEL POTERE VIENE E VA

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Hitler Le idee migliori mi vengono di notte. […] In realtà io non voglio fare il pittore. Non voglio dipingere il crepuscolo. È solo una manovra tattica per ingannare gli idioti. Io voglio qualcos’altro.

Herzl Cosa per esempio?

Hitler Il mondo.

[…]

Herzl Adolf, ragiona.  Pensa a tutto quello che comporta un territorio.

[…]

Hitler Ho pensato a tutto. […] Le persone in generale sono troppo alte o troppo grasse e finiscono per intasare le strade, riducendo la taglia si guadagnerebbe molto spazio vitale. Io voglio ridurre le persone che mi stanno attorno, metterle in riga e se necessario spingerle di sotto. Una cosa che mi ha sempre preoccupato del mondo è che è rotondo. Non mi piacciono le rotondità, le cose rotonde sono troppo soavi, mi fanno pensare a… tu sai cosa voglio dire.

Herzl No.

Hitler Questo mondo rotondo continua a girare senza che si possa cadere. Francamente, questo non ha senso, per cui l’altra cosa alla quale dovremo pensare è la forza di gravità. Non ho mai amato molto la forza di gravità, e tu?

Herzl Indifferente.

Hitler Ti mantiene incollato nel fango, col naso a terra, ti impedisce di spingere di sotto i piccoli uomini. Resti un segreto tra me e te, ma un giorno di pioggia per esempio, o una notte di voli di pipistrelli, mi piacerebbe poter mettere in fila tutte queste persone rimpicciolite sull’orlo e pffuu, soffiarle come angeli che cadono nel nulla. Potrebbe essere necessario ristrutturare la rotondità del mondo in un quadrato, come un dado, così le persone non potrebbero arrampicarsi su questa rotondità, ma starebbero attaccate all’orlo fino a che non camminassi sulle loro dita e loro, youp, cadrebbero urlando […].

Da George Tabore, Mein Kampf

Un piano o un’innovazione secondo la follia interpretativa del momento. Un giudizio ammesso come  traguardo per l’immortalità. Un’involuzione proterva. Ogni giorno ci si misura con le lente disquisizioni di un potere che ha una soglia fragile, che si frantuma nei raid e al tempo stesso si  rinnova sotto i cieli di popolazioni vessate e non più impassibili.

Ripescare Tabori nel mantra insostenibile dei capi di stato con la pelle dei serpenti e il comando che falcidia, è quasi una cantilena ulteriore o forse una ragione in più perché basti fermarsi qualche minuto e non adeguarsi a quel che resta. Al personaggio che abita nel dittatore è concessa la frustrazione più pervicace e al dittatore che lo sovrasta una realtà di prescrizioni ad personam mai indulgenti verso il giusto che dovrebbe gravitare su ogni testa e non “tenere incollati nel fango”. Fa paura questa alternanza tra i processi inesistenti e i fumi atomici che stringono a morte, tra la leggerezza dei denari scialacquati in depilazioni infallibili e il grido degli operai che ancora non sanno di quale morte morire. Eppure, si rinnova in cicli eterni l’aspirazione dei cosiddetti forti a disegnare corpi e nature secondo previsioni contenibili, fattezze assimilabili e ordini che solo l’ambiente può permettersi di trasgredire senz’altri imputati che quegli stessi calcoli di onnipotenza.

Il privilegio di una scena è allora forse di poter dimostrare che in una comunione di sensi e intenzioni può sopravvivere l’istinto di rinascita. Che la parola cresce e nutre anche senza illusioni o falsi precetti, si infiltra non tanto per decantare, ma per rifrangersi nelle vite sotto altri aspetti che si piegano al suo compimento. E sono il coraggio di battersi sulla testa quando non si è abbastanza in grado di difendersi da datori di lavoro fluttuanti e imbevuti di sé, di presentarsi in aula all’ennesimo pronunciamento contro gli assassini di un figlio, di difendere a voce alta chi non è mai stato corrotto e viene così etichettato per il gusto dell’omologazione.

L’anfiteatro ha delle mura talmente larghe a volte da non contenere le folle con le loro rivendicazioni. E i leader si avvicendano nel pieno dello scontento e delle cariche prezzolate. In tutto questo, Hitler è stato certo il primo a condannare allo sterminio l’idea di un potere che si piega soltanto al giudizio irreversibile, ma c’è ancora Antigone fuori e dentro le scene che crede nel fuoco degli onesti e si batte per la degna sepoltura del fratello.

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