L’ULTIMO NASTRO DI VIK

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Ci si sorprende a stormire a volte, come se mossi da un respiro che sale e scende sulle stesse rotaie incancrenite. Altre creature che si agitano nel vento allo stesso modo delle foglie. Si corre via, sui resti delle strade dopo il mercato e la piena di mezzogiorno. Oggi la notizia dell’ultimo nastro di Vittorio Arrigoni. L’ennesima vendetta affilata sulla carne, là dove il buio si confonde con le innocenze.

Ci si sorprende a credere che basti dannarsi per una pacificazione internazionale ignorata finché non tocca il pane. E poi, non resta che vagare tra commenti indifferenti per fare spallucce e rassicurarsi vicendevolmente. A volte il sipario non incanta come dovrebbe: quando si leva, i tulle e le quarte pareti assomigliano a delle piane talmente distanti e brulle da risultare irreali.

Qualcuno tenta di spiegarci il sangue di Gaza, mentre la Libia infiamma l’attualità e i processi brevi fanno roghi di tutte le rivendicazioni necessarie. Madri e colpe nazionali che si contendono il proscenio d’urgenza, sbarchi di malcapitati senza radici né peso in mezzo a vagoni di ospiti taciturni.

Anche la polvere sulle mani basta a infastidirci, il piede malmesso sulla metropolitana zeppa di miasmi e schiatte dei saloni col marchio. E poi un’altra scena: il piede ora calpestato, il bastone trascurabile del vecchio e la pancia gonfia all’ottavo mese che non viene messa a sedere perché si è troppo stanchi anche solo per accorgersene. In tutto questo sfila il nastro di Vittorio Arrigoni, il sangue della sua benda e il sacrificio che non ha pubblico sufficiente a preservare memoria almeno per più di una settimana. Quando di Gaza ci sarà già scordati e incomberanno altri salva-processi che non condanneranno mai a morte il primo Mackie Messer della ex Milano da bere.

«La nuova luce sopra il tavolo è un miglioramento notevole. Con tutto questo buio che mi circonda, mi sento meno solo. In un certo senso.

[…]

…legame indistruttibile, fino alla mia dissoluzione, di notte e tempesta con la luce della comprensione e il fuoco…

[…]

Mai sentito tanto silenzio. La terra potrebbe essere disabitata. Qui termino questo nastro.

[…]

Forse i miei anni migliori sono finiti. Quando la felicità era ancora possibile. Ma non li rivorrei indietro. Non col fuoco che sento in me ora. No, non li rivorrei indietro.»

Da Samuel Beckett, L’ultimo nastro di Krapp

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