Cowabunga!

Avviso: questa non è una recensione. Non può esserlo, non sarebbe obbiettiva.

Per ogni appassionato di cinema c’è una lista. Magari non lo ammetterà, ma in cuor suo sa che esistono almeno una decina di film che lo hanno segnato. Io sono un appassionato di lunga data.
Sì, ho la mia lista.
No, non la dico.
Sì, sono più di dieci titoli.

Ecco, tra questi c’è un film che tante persone non penserebbero mai di vedere (né tantomeno comprare). Io però lo amo. E oggi voglio parlare di lui.
Tartarughe Ninja, il film live del 1990, è una pellicola che ho visto tante volte da usurare il nastro magnetico della VHS. Ce l’ho originale, regalo di un Natale particolarmente buono, e la conserverò sempre (anche se ora è diventata inutilizzabile).
Alcuni diranno: ma che ci trovi? Ci trovo che riporta ogni volta fuori il mio io più fanciullesco. Quando ero piccolo amavo i film d’azione americani, quelli trashissimi, e negli anni 90 ho scoperto il mito Van Damme. Il cinema d’azione con le arti marziali ha occupato buona parte della mia adolescenza, fino a che ho capito che amavo tutto, del cinema. E ho iniziato a guardare le cose con occhio diverso.
Ma questa è un’altra storia.

Tartarughe Ninja per me era l’esemplificazione di un’America che avevo visto solo attraverso il cinema di genere. C’erano i personaggioni vestiti stranissimi, con la coda di cavallo e il capello lisciato alla Steven Seagal che fa Nico, c’erano i venditori di hot dog ai margini delle strade, c’era una New York che era ambientazione spettrale e notturna. Come piaceva a me, come l’avevo apprezzata ne “I Falchi della Notte”.
Voi direte: ma che collegamenti fai?

È semplice, in realtà. A me il cartone animato delle Turtles piaceva, sì. Ma già da tempo guardavo I cavalieri dello Zodiaco e Ken il guerriero. Altra pasta insomma. Il film delle Tartarughe mi piacque proprio perché rispetto al cartoon era più originalmente cupo e adulto.
E rimane ancor oggi un titolo che, nonostante tutte le critiche che potrebbe prendere da più parti, esemplifica un’America metropolitana di inizio anni 90, sia da un punto di vista prettamente cinematografico (con i suoi tagli di luce tra il blu acceso della notte e il sodio arancione e accogliente dei lampioni), sia perché, sotto sotto, con leggerezza, racconta anche il disagio giovanile delle bande di strada.

Con leggerezza eh, non dico certo che sia un film d’inchiesta.
Ci sono le Turtles.
Wow.
Tanto basta…

Queste erano le elucubrazioni di un adulto che ama far emergere il suo lato fanciullesco.


Massimo Versolatto

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2 Responses to Cowabunga!

  1. Marco Pantanali says:

    Mi permetto questo commento.
    Con questo tuo articolo c’è una somiglianza tra te ed Elias Koteas:

    “…e poi c’è Casey Jones, un bambino di 8 anni rinchiuso nel corpo di un uomo di 30…”

  2. sodio says:

    Mi commuovi….

    :)

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