- Stai sbavando sui miei piedi
- Ma se sono qua seduto al computer, alludi forse a qualcosa in particolare?
- Alludo.
- Si, beh, comunque non è esatto, non sto sbavando solo sui tuoi piedi, ma anche sulle tue gambe e sul tuo culetto.
- Smettila!
- Di far che?
- Sei incorreggibile, impossibile, oh cazzo, abbiamo fatto l’amore tutta la notte.
- Beh non sono io che ho indossato il mio maglione ma tu, ed il punto è che hai indossato solo quello, Vale, eppoi a dirla tutta sto sbavando anche sulle tue labbra, sul tuo collo, sul tuo seno, eheheheh.
- Smettila, cazzo, basta. Dio! Pensi sempre alle stesse cose. Siamo chiusi in questo appartamento da otto giorni, abbiamo fatto l’amore e mangiato, mangiato, dormito e fatto l’amore, abbiamo sperimentato un intero kamasutra, cosa che farebbe la gioia di ogni sessuologo, insomma abbiamo scopato in continuazione, oltre a mangiare e dormire.
- Non è del tutto precisa come descrizione, io ogni tanto mi sono collegato a internet per scaricare le foto e leggermi le mail, e tu hai letto qualche rivista.
- Si vabbeh, Fabri, dio questa tua precisione, sei fissato, dai usciamo a prendere un po’ d’aria, su..
Fabrizio si avvicina alla finestra, un sole forte batte sulla persiana socchiusa e lui ha in mente il riff di sunshine of your love, suonato da Clapton, live. Mah chissà perché, non va così bene come aveva pensato, o sperato, erano chiusi in casa, due stanze con bagno, da otto giorni di seguito. Avevano fatto la spesa a sufficienza per molto più di quel tempo e scorta di sigarette..
Lui cucinava e lei faceva i piatti.
Andavano a letto. Ed era estate, caldo umido e pesante, e dall’unica finestra aperta sulla stretta corte rimbombava ogni parola, ogni sospiro, ogni sussurro. E salivano amplificati ai piani superiori, entravano in tutte le finestre, rovesciandosi sui pudori del vicinato.
Avevano giocato con i loro corpi e con l’immaginazione. A Fabrizio piace farsi le fotografie e piace l’atmosfera, quel bianco e nero sgranato in luce sporca, secondo la moda dell’epoca.
Ora, quella discussione con Valeria, forse inevitabile, forse inutile, di certo difficile, minaccia di andare avanti a lungo. Ma lei ama discutere. Le donne discutono sempre.
Fabrizio fissa un punto indefinito e sta per dire qualcosa, quando bussano alla porta.
Un tizio, in avanti con gli anni, si presenta sulla soglia.
- Scusate, quei rumori.
- Quali rumori?
- Quelli. – risponde il vecchio con un gesto vago della mano e una più definita espressione di disgusto.
- Ma quali?
- Sapete, si sente tutto.
- Tutto?
- Sì tutto – conclude il tizio, che odora un po’ di naftalina, pastina e cavolo lesso.
Poi fa dietrofront e se ne va. Fabrizio chiude la porta. Un brivido di nervoso gli scuote un braccio. Improvvisamente a Vale si inumidiscono gli occhi di pianto, corre in bagno e si chiude dentro.
Lasciano la casa il giorno dopo e, mentre sono indaffarati a caricare la macchina con la poca roba che hanno, dalla finestra del secondo piano un viso maschile li osserva attraverso i vetri non perfettamente puliti. Lui, il vecchio.
Fabrizio alza la mano in un gesto di saluto, d’istinto e il viso immediatamente si ritrae, scompare.
Più che sdegnato, pensa Fabrizio, è come se stesse cercando di non ricordare troppo. Invidia o nostalgia. Ecco, forse era quello, invidia e nostalgia.
Mette in moto e chiude la portiera ma Valeria non sale
- Ci vediamo – dice senza sorridere. Distoglie lo sguardo, mette lo zaino in spalla e si incammina lungo muro.
Lui la guarda andarsene e non ci può credere.
Vuole gridarle qualcosa ma cosa?
Valeria allunga il passo e prima di voltare l’angolo si gira a sorridergli e con la mano apre le cinque dita tese e chiude il pugno, più volte.
Paura, eh? Poi si fa una gran risata e sparisce dietro l’angolo.
Meno male, pensa Fabrizio con sollievo, in fondo poteva considerarla solo una piccola sbavatura.