Cambio turno

Condividi su facebook Condividi su Twitter

Non sono che l’anima

di un pesce con le ali

volato via dal mare

per annusare le stelle

difficile non è nuotare contro la corrente

ma salire nel cielo

e non trovarci niente.

(Ivano Fossati)

 

Salgo sul metrò a Romolo per dirigermi verso il centro.

Sono le otto di mattina circa.

Oggi ho scelto l’aspetto di una studentessa di scienze politiche, terzo anno. Le mie scarpe da ginnastica fanno un po’ di rumore, mentre cammino sul marciapiede della stazione. Il treno arriva tra tre minuti. Lo dice il display luminoso.

C’è silenzio, la gente ha sonno. Incrocio i miei pensieri.

 

Io ho sentito il rumore della pioggia che cadeva e la solitudine dei giorni d’inverno.

Ho percorso marciapiedi vuoti e mi sono fermata a incroci sconosciuti. In mezzo a gente perduta di cinismo ho bevuto i miei caffè sfogliando un vecchio giornale, mentre la televisione parlava di tutto e di niente.

Ho vagato sotto la luce dei lampioni di viali anonimi, osservando le macchine passare scrutavo i volti di chi teneva il volante per cercare inutilmente un motivo o una ragione di sconfitta, un pretesto per dirmi che così era andata e così doveva andare.

Ho perso tutte le parole pensate, quelle scritte e quelle sussurrate. Senza nulla da dire, senza lettere da mettere in ordine e fogli bianchi da riempire, limiti e confini vaghi, incerte corrispondenze, pagine scritte a metà, incerti fiori di camelie rosa bruciati dal gelo tardivo.

Ho visto stingersi i colori e scendere il buio nella stanza piena di polvere dove consumavo le mie sigarette, le mie ore in bianco e nero, una remota pellicola proiettata in cinema di periferia.

Il mio compito è  attendere e ascoltare, aprire un ingresso e porgere una mano. Le parole perdute, le inibizioni negate, la fiducia tradita e i desideri non detti.L’acqua che scorre piano sotto il terreno e rose rosse che crescono, carte di un mazzo che si mischiano su un tavolo e TIR che sfrecciano davanti alla mia auto ferma ad un stop.

Dimmi, dimmi quale è la direzione? Dove è la via e a quale condizione?

Dimmi dimmi i pensieri nascosti che devo trovare, le sorgenti d’acqua pura da svelare, quali frutti raccogliere. Dove sono le parole cercate e amate, le logiche scadute che regolano queste terre di mezzo.

Parlatemi, vi prego, nella notte che sta per finire.

 

La ragazza che aspetta vicino a me è preoccupata. Ha prestato gli appunti a un compagno di università e lui non li ha ancora restituiti. Ha l’esame di macroeconomia tra una settimana, mi pare, e non sente pronta. Ha bisogno di consultare quegli appunti, il prima possibile ,e oggi spera di ritrovare quel ragazzo in biblioteca per chiederglieli. Mi guarda incuriosita, non mi ha mai visto prima lì, e per un attimo si chiede se c’ero in aula, in mensa, in biblioteca.

Poi torna ai suoi pensieri, non sono solo gli appunti a portarla a cercare quel ragazzo. E’  felice di averlo conosciuto. Lui le sembra sensibile. Un giorno le ha scritto un biglietto e lei ci ripensa in continuazione. Lo conserva nel portafoglio

Esiste al mondo un qualcosa che lega due persone che va oltre l’amore…e che anche se puo’ sembrare piu’ superficiale per me è qualcosa di piu’ tenero e segreto.

L’amicizia nasconde piccole pagine senza frontiere, inibizioni e segreti (che a volte siamo costretti a tenere nascosti in un rapporto d’amore).

Mi volto, salgo sul treno, ci si spintona un po’. Io cambio vettura e accanto a me si siede una impiegata molto carina, i tacchi alti e la gonna molto corta, che legge una rivista di moda. Immagina di tornare a casa e togliere quelle scarpe che già le fanno male. Oggi il capo ha tre riunioni e lei continuerà ad andare avanti e indietro, è stanca di quella vita, ma sta cercando di avere un bambino insieme a suo marito e non vede l’ora. Avrà un bambino e starà a casa.

 

Cadorna.

Mi alzo e scendo, vado a prendere la rossa in direzione Duomo. Entro insieme ad una donna che dimostra sui quaranta, è triste, quasi disperata, ma molto determinata.

Si dirige al lavoro, comprendo che fa le pulizie in un grande magazzino in centro e che nel pomeriggio andrà a San Vittore, a trovare il marito. E’ arrabbiata con lui perché beve troppo, diventa violento, poi finisce sempre dentro per piccoli furti e lei se la deve cavare da sola con i tre bambini. Meno male che qualcuno, non so chi, la aiuta. Mi concentro. So che non mollerà, piange dentro ma ce la farà, le lacrime le scendono nell’intimo come parole sussurrate: cosa dirai stavolta? Che avevi solo buone intenzioni? Che va tutto per il meglio? Certo che è così, come no. I pochi soldi che io guadagno continuano a cadere nella tua bocca piena di falsità. Se sempre lo stesso. Parli senza sentimenti, no non ti credo. Non ti importa niente. Non ti importa niente.

 

Lascio il treno a duomo e cambio direzione, e mentre scendo le scale per l’altro binario, lo sento che è in fondo al marciapiede. L’ho incontrato già altre volte, è lui. E’ disperato, ha perso il lavoro e non sa che fare, anche la moglie l’ ha lasciato con i suoi debiti portando via i bambini. In genere vaga senza sosta e senza meta. Ma stamattina è peggio, la situazione è critica, il buio è cupo, la notte stende la sua mano, i pensieri corrono rapidi, troppo rapidi, Dio mio dammi la forza, dammi la velocità, dammi il cuore, dammi la volontà!

Mi precipito sul marciapiede per andargli accanto e sfiorarlo, devo fargli sentire la carezza lieve del vento che attraversa i campi di grano, il rumore della pioggia che cade, le tracce di una vita e di un amore.

Sta arrivando il treno. Non ce la faccio, Dio io non ce la faccio!

Lui si butta sui binari proprio davanti al treno, il guidatore inchioda stridendo i freni ma non c’è nulla da fare, non c’è nulla da fare. Non resta nulla.

La gente grida, c’è chi piange e anche io piango, respiro le mie lacrime avvolta nel mio silenzioso, doloroso stupore, la solitudine della sconfitta.

Quando mi riprendo realizzo che è il terzo da inizio anno, anche questo non sono riuscito a confortarlo in tempo. Esco dalla stazione, sulla scala mobile mentre arrivano di corsa i vigili e la polizia.

Devo chiamare Gabriele subito.

E’ troppo pesante per me, questo incarico è durato troppo, io sento tutti i pensieri, le paure, i timori, i dolori, le sofferenze e le gioie della gente.

Ma non ce la faccio più, adesso gli racconto tutto e spero che acconsenta a un cambio turno. Gabriele lo sa che è difficile, ma si fida di me, ed io ho bisogno di una pausa.

Anche gli angeli rifiatano, a volte.

E io, ho proprio bisogno di rifiatare.

About sergio

Sergio Paoli, classe ’64, nasce a Viareggio e vive in Brianza. Ha appena pubblicato "Niente, tranne la pioggia" con Todaro Editore. "Wil guardò il vecchio amico negli occhi, abbastanza a lungo perché Lubrano notasse i segni del tempo, gli stessi che lo attraversavano senza pietà. Diventiamo tutti più soli, pensò, più soli e ci perdiamo su qualche spiaggia in un pomeriggio d’agosto, su qualche piazza avvolta dalla nebbia, o chissà dove. E non ci ritroviamo più. Ti serve un amico, ma non sempre è lì. E allora è la fine." Marito, padre, quadro aziendale e sindacalista CGIL, ogni tanto scrive qualcosa. Ha pubblicato racconti in raccolte sue e insieme con altri autori, e su qualche sito web (come quello della scrittrice Barbara Garlaschelli). I suoi romanzi precedenti sono: “Ladro di sogni” (2009) e “Monza delle delizie” (2010), finalista al 4° Festival Mediterraneo del Giallo e del Noir di Sassari. Ama la pizza, il rock e i buoni romanzi. http://www.sergiopaoli.com su Facebook http://www.facebook.com/sergio.paoli su Anobii: http://www.anobii.com/sergiopaoli/books su Twitter https://twitter.com/sergiopaoli http://www.todaroeditore.com
This entry was posted in brani editi, letture, scrittori and tagged , . Bookmark the permalink.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

*

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>