Il rosso segno della Follia

Signori: entra in gioco la follia.

L’alterazione mentale, l’elucubrazione di un piano tortuoso non è certo nuova, soprattutto nel thriller cinematografico, ma, nel contesto della produzione italiana, diventa uno degli elementi dominanti. La follia come movente del delitto, ma anche la pazzia indotta, reale o immaginaria, nella vittima. Il thrilling italiano è, fondamentalmente, un fatto privato. La Polizia riveste quasi esclusivamente un ruolo secondario, rassicurante nella conclusione della vicenda ma raramente risolutore. Sono uomini e donne comuni i protagonisti. Personaggi che, in qualche modo, hanno tutti sfiorato un lato oscuro che ne condiziona le azioni. Segreti sepolti,  traumi, vizi che riemergono sono le componenti fondamentali dei loro movimenti sulla scena. La follia dell’omicida ha quasi sempre origini infantili, componenti sessuali, incestuose o comunque deviate che scatenano furie omicide. Catene di delitti che, dopo un primo crimine, diventano compulsive, più importanti di qualsiasi altro ragionamento. Oppure c’è qualche trauma, un peccato originale che altri (spinti da motivazioni economiche) vogliono far riemergere inducendo la vittima a credersi pazza. Ma il gioco, a volte, è così pericoloso, così “malato” da trascinare nella follia anche chi cerca di crearla con l’artificio. È ciò che accade in un piccolo gioiello cinematografico, l’episodio Il telefono, sempre di Bava, inserito nel film a episodi, I tre volti della paura(1962). Una vicenda claustrofobica relegata in un unico ambiente, l’appartamento di un lusso raffinato, d’altri tempi, della squillo Rosy che ha denunciato Frank, il suo protettore, ora evaso di prigione. Ma Rosy ha anche troncato l’amicizia – che intuiamo morbosa se non lesbica – con l’amica Marie,  pure lei inserita nel giro della prostituzione d’alto bordo. Rosy è tormentata da continue telefonate (mentre rincasa, si spoglia, fa la doccia, si riveste con vaporose camice da notte, tutto sotto lo sguardo voyeuristico dello spettatore) dal suo amante che esalta a parole la sensualità del suo corpo e, nel contempo, minaccia di ucciderla entro la notte. È un trucco, ottenuto contraffacendo la voce, di Marie che, a quel modo, riesce a riallacciare l’antico legame con Rosy. Un espediente amoroso che risulta comunque malsano e deviante nello spazio ristretto di un appartamento sapientemente illuminato in tutti i suoi particolari. E l’apparizione del vero Frank, deciso a vendicarsi delle due donne che lo hanno rovinato, segna il culmine della tensione. Pochissimi elementi, una storia apparentemente semplice ma che già contiene tutti i canoni  del thrilling. La donna spiata dal regista quanto dallo spettatore e dall’assassino, la cura per il dettaglio, le mani che sfiorano pugnali, le calze usate per strangolare. Il telefono, la voce dissimulata come veicoli di suggestione; sono tutte esternazioni di una follia che sfugge alle classificazioni psicanalitiche.La pazzia del thrilling è una forza a sé, il motore della storia, il fulcro della suspense stessa. Un vortice dal cui nessuno può sfuggire. Per trovarne una vera e propria consacrazione dobbiamo aspettare un altro capolavoro di Mario Bava, Sei donne per l’assassino. Il film che, probabilmente, influenzerà tutto il thrilling  nostrano sino a tempi recentissimi.

This entry was posted in il thrilling della domenica. Bookmark the permalink.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

*

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>