The Punisher: il rambismo del giustiziere solitario

Il rapporto tra cinema e fumetti ha radici storiche profonde. Riduzioni cinematografiche di comic americani ce ne sono a dozzine e l’industria hollywoodiana non accenna certo a placarsi, in questo senso. Poi c’è il fatto, anch’esso palese, che a volte i fumetti prendono spunto dal cinema (e non parlo delle trasposizioni a comic di film in uscita, perché quello è puro merchandising).
A volte un fumetto può racchiudere entrambe queste caratteristiche. Un caso, tra i tanti: The Punisher.

Personalmente ho sempre apprezzato il fumetto del Punisher (personaggio che è nato nel 74 all’interno di Spider-man, ma ben presto si è guadagnato uno spazio tutto suo) perché, un po’ come Batman, è privo di superpoteri, è “reale” e da sempre è stato contraddistinto da uno scavo psicologico particolarmente cupo e aderente alla realtà metropolitana. Se Batman comunque rimane un tizio che si maschera, il Punisher si è fatto largo tra le storie di carta come un puro e semplicemente rude giustiziere della notte.

Ex poliziotto devastato dalla morte violentissima della sua famiglia, a opera di un gruppo di drogati che hanno aperto il fuoco all’impazzata tra la gente, Frank Castle si fa chiamare Punisher e dedica la sua vita a combattere con rinnovata violenza il crimine organizzato di New York. In alcune serie a lui dedicate indossa una sottospecie di calzamaglia con un teschio disegnato sul petto, in altre, più sinceramente dark, indossa una tenuta scura, sempre con il teschio disegnato ed equipaggiata con giubbetto antiproiettile in kevlar e armi pesanti. Nella versione, l’ultima della serie, mirabilmente “riqualificata” da Garth Ennis invece se ne va in giro in jeans e maglione, con un cappotto e l’espressione del volto perennemente incazzata.

Di riduzioni al cinema ne hanno fatte tre: la prima (1989) sfruttava il periodo d’oro di Dolph Lundgren, perfetto fisicamente per interpretare Castle. Il film purtroppo è poco più che un action ben confezionato e manca di vero mordente. Ci hanno riprovato nel 2004, sfruttando il buon momento delle riduzioni Marvel al cinema. Impostata con gli stessi canoni commerciali con cui sono stati prodotti gli altri film del periodo, la pellicola diretta da Jonathan Hensleigh è un film sbagliato, con inserti humour, nel quale oltre a uno stravolgimento della storia originale, non c’è nemmeno un attore che gli renda merito. Infine, dedicato al mercato homevideo, nel 2008 è uscito Punisher: Warzone. Diretto da Lexi Alexander, è violentissimo ed è più aderente allo spirito delle tavole di Ennis, ma non si eleva per qualità.

Insomma, da che leggo i fumetti del Punisher ne ho viste tante di storie, scritte e disegnate da molteplici fumettisti. Alcune le ho apprezzate, altre meno. Certe mi sono rimaste impresse. Penso a Police Action, disegnata dal grandissimo Doug Braithwaite, uscita nel 1992. O ad esempio Firefight, dell’anno successivo. Ennis poi ha rivitalizzato il personaggio, unendo finalmente il suo stile violento a storie drammaticamente action. Di materiale per realizzare un discreto film ce n’è a bizzeffe. Ma a quanto pare a Hollywood non prendono sul serio il lato “realistico” dei comic e guardano con diffidenza quelli eccessivamente violenti.
È come se, considerato che si tratta di fumetti, fossero principalmente destinati a un pubblico adolescente (e i produttori debbano perciò fare i conti con la mannaia inesorabile della censura).

È per certi versi comprensibile che la rivisitazione del Punisher, dovendo da un punto di vista distributivo raggiungere più fasce di pubblico possibile, sia giocoforza “semplificata” e “appianata”. Tuttavia una parte preponderante delle azioni svolte da Frank Castle si fonda su un’esperienza di guerriglia maturata nei Marines. Se i primi due film citati sopra ne eliminano il riferimento, giustificando la sua preparazione con una militanza nel corpo di Polizia, la terza riduzione filmica non ne fa nemmeno menzione.
Il tema avrebbe potuto essere sfruttato anche da un punto di vista psicologico, andando a investigare le ragioni di una violenza di fondo, latente nell’animo di Castle ed esplosa definitivamente per mezzo di un catalizzatore: il massacro dei suoi cari.

Il Punisher, almeno nelle strisce scritte da Ennis e in una buona parte di episodi della seconda serie, è un individuo sicuramente difficile da “difendere” eticamente e moralmente. Il suo modo di affrontare il crimine è più che altro vendicativo e, come analizzato nell’episodio “In principio” (Ennis/Larosa), frutto di un DNA malato. Il Punisher uccide, spara, aggredisce, mutila e non fa una sola piega perché, sotto sotto, gli piace.
Non è un personaggio bello né tantomeno “eroico”. Ragion per la quale un film che ne affronti gli aspetti più introspettivi sarebbe di indubbio fascino e interesse. Un film crudo, probabilmente, ok. Ma forse anche puro, tutto sommato.

Insomma, potrebbe essere un film con il dovuto approfondimento della personalità di Castle e il senso della violenza del giustiziere. Che, finora, è stato mostrato purtroppo solo come un Rambo indistruttibile e perennemente incazzato.

Si accettano suggerimenti per la realizzazione del migliore film sul Punisher


Massimo Versolatto

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