Sherlock, un ritorno dall’aldilà

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Il ritorno di Sherlock, una delle serie di più grande successo, era a dir poco atteso. Il finale della seconda stagione si chiudeva con la presunta morte dell’investigatore e la domanda che ha serpeggiato in questi due lunghi anni di attesa era: “come ha fatto a sopravvivere?”. Dare risposta a questa domanda era la più grande difficoltà per Mark Gatiss e Steven Moffat, gli autori, che per smarcarsi dalla difficoltà se non dall’impossibilità di soddisfare tutti, decidono semplicemente di non dare una risposta chiara, ma in un complicato intreccio con la realtà decidono di cavalcare le supposizioni strampalate dei fan club. Hashtag e fun club di ogni tipo vengono citati e rappresentati direttamente con i loro due anni di attesa fatti di speculazioni e ipotesi strampalate: si passa dalla complicatissima sostituzione di cadavere alla possibilità omoerotica che lega Holmes a Moriarty. In questo fornire tante diverse spiegazioni si trova la brillantissima trovata degli autori, rispondere con tante opzioni tutte un po’ vere e tutte un po’ false ci lascia nell’incertezza, ma ci porta a pensare che a conti fatti Holmes è di nuovo qui e “il come” forse non è così importante, è importante quello che succederà d’ora in poi.

Preso atto del ritorno di Holmes la puntata di concentra quindi sul come dire a Watson e agli altri che il detective, contrariamente a quanto si pensava, non è morto. L’incontro con l’amico John è stupendo. Sul volto di Martin Freeman vediamo il personaggio di Watson combattuto tra la gioia di aver ritrovato un caro amico perduto e la rabbia di essere stato per l’ennesima volta maltrattato e preso in giro. La performance di Freeman è da applausi con un Watson misurato e spontaneo che insieme a Benedict Cumberbatch ricrea una delle coppie di attori/personaggi più in sintonia della tv e non solo, e rispolverano battute divertenti a ammiccanti. Chapeau.

Archiviato quindi il ritorno di Sherlock nei confronti del pubblico e a questo punto anche nei confronti degli altri personaggi, bisogna gestire il ritorno di Sherlock nei confronti di sé stesso. Il detective infatti, dopo aver passato due anni in giro per il mondo a smantellare la rete di Moriarty risolvendo casi più o meno piccoli, torna a Londra ed è convinto di essere quello di sempre e che intorno a lui tutto sia come sempre. Ma non è così per niente, Watson non ha intenzione di perdonarlo, o per lo meno non così facilmente, e Sherlock stesso si mostra allo spettatore un po’ diverso. Innanzi tutto Holmes mostra una gran voglia di fare una “gara di deduzioni” con il fratello e per diverse volte si rivolge a Molly chiamandola con il nome di John. Queste piccole cose ci rivelano un personaggio che ha sofferto la solitudine e ha scoperto un lato di sé che non pensavamo avesse. Ora torna a Londra un po’ più umano. Ecco perchè non sente più il bisogno di dichiarare le sue analisi delle persone che incontra, ma si limita a farle nella mente, come nel caso della fidanzata di John, o non farle proprio, come accade quando incontro il fidanzato di Molly. Il lato un po’ più umano si rivela anche nell’attenzione che dedica a Molly stessa: consapevole che può farle del male, dato l’infatuamento di lei, Sherlock prende tutta una serie di accorgimenti nei suoi confronti e si rende conto delle difficoltà di lei. Si rende conto quando sta per ferirla e non lo fa più. A vederla così, questa puntata sembra quasi un’analisi psicologica di Holmes e degli altri e infatti lo diventa per davvero quando ritroviamo il perfido Sherlock che gioca l’ennesimo inganno a Watson. Messo di fronte all’imminente morte Watson riesce a lasciarsi andare, confessarsi ed aprirsi totalmente, così da perdonare Holmes per le sue malefatte e ricominciare da capo, libero da ogni peso. Inutile dire quanto subito si arrabbi di nuovo non appena scoperto dell’ennesimo inganno nei suoi confronti.

Piccola pecca dell’episodio è forse la poca attenzione data alle nuove indagini e alla risoluzione del nuovo mistero. Con soli tre episodi previsti per questa terza stagione ci si aspettava più crimine, più deduzioni, più indizi, però è vero che la re-introduzione di tutti i personaggi dopo due anni di attesa e una presunta morte deve per forza di cosa portare via tempo, altrimenti tutto risulta forzato e finto. Lo smantellamento dell’attentato al parlamento inglese rimane schiacciato da tutto il resto e non poteva essere altrimenti perchè ogni cosa ha bisogno del suo tempo. Vengono lanciati qui e là degli indizi che ci fanno prevedere quello che sarà, ma per ora ci godiamo un episodio un po’ particolare e perfetto, dove il gioco di rimandi con la realtà è continuo. Oltre a riprendere le vere supposizioni su come Holmes abbia fatto a sopravvivere, i genitori di Holmes sono interpretate dai veri genitori di Cumberbatch e la fidanzata/futura sposa di Watson è interpretata da Amanda Abbigton, la vera moglie di Martin Freeman. Un continuo rimando alla realtà che ci svela quale fosse il vero obiettivo della puntata: riallacciare i rapporti col pubblico. E allora obiettivo pienamente riuscito.

Michele Comba

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