Dieci domande a… Paolo Maccioni (terza parte)

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Domanda banale, ma la faccio lo stesso! Come si diventa scrittori? O meglio, quando ci si sente davvero scrittori? Al primo libro, al secondo, al quinto… o mai?
“Quando gli altri (lettori, autori, bibliotecari, librai, recensori, operatori culturali) ti danno credito e cominciano a trattarti da scrittore. È una definizione che io trovo molto ingombrante per me. Mi sento sì “uno che scrive”, ma la parola “scrittore” mi fa venire in mente non dico Lev Tolstoj, Italo Calvino o Jorges Luis Borges, ma anche soltanto Giulio Angioni, Michela Murgia, Marcello Fois. Io sono solamente lungo il percorso di quella lunga strada che porta ad avere, quando ci riesce, una voce propria personale, riconosciuta. Mi sento come uno che giochicchia magari benino ma in categorie inferiori e viene collocato, da altri, nella stessa categoria di chi milita in Nazionale!”
Quali libri (altrui) legge uno scrittore? Più semplicemente, cosa ami leggere?
“Cerco di diversificare al massimo le mie letture, a differenza di come facevo un tempo. Saggi e romanzi, autori contemporanei e classici, sardi che conosco di persona e Premi Nobel. Ogni lettura, ogni voce genera un arricchimento sia come autore, ma anche e soprattutto come lettore e individuo in genere. Come autori, oltre al piacere della lettura, interviene anche un dovere: quello di capire il proprio tempo, la temperie culturale nella quale si vive e rapportarcisi.”
È vero che uno scrittore è prima di tutto un lettore, che solo in un secondo tempo diventa scrittore?
“Secondo me sì, assolutamente. Proprio come un musicista, o un pittore. Mi chiedo come si possa scrivere senza avere prima letto, e molto. Dove arriva se non ha studiato e approfondito quanto meno i maestri, ma anche i colleghi in attività, del suo specifico genere?”
In uno dei tuoi primi libri ti sei occupato di giochi di parole, anagrammi, tautogrammi e compagnia.
Questa tua passione la coltivi ancora?
“Sì la coltivo ancora, ma è stata una febbre che è un po’ passata. Se è funzionale alla comprensione di cose più serie ben venga, ma se diventa un’attività monomaniacale non mi interessa più. Si rischia di diventare come quell’ufficiale nazista de “La vita è bella” di Benigni che si danna per risolvere indovinelli mentre tutto intorno a lui il mondo sussulta e si lacera.”
C’è qualche argomento che ti frulla già per la testa per un prossimo libro? O adesso vuoi dedicarti solo all’ultima “creatura”?
“Mah, c’è qualche idea che giace sottotraccia, ancora nebulosa, non ha ancora preso forma, ma finché quest’ultimo non è svezzato, non riesco a pensare con troppa attenzione al prossimo “figlio”.”
Per finire, domandina scemolina: ti senti un dentista prestato alla scrittura o uno scrittore prestato all’odontoiatria?
“La seconda che hai detto ;)

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5 Responses to Dieci domande a… Paolo Maccioni (terza parte)

  1. archeo says:

    Grazie a Paolo per la piacevole chiacchierata e… alla prossima!

  2. paolo says:

    grazie a Luciana per le belle domande stimolanti e l’onore che mi siano state fatte e pubblicate!

  3. archeo says:

    N. B. La foto di Paolo pubblicata qui sopra è di Paolo Beccari.

  4. paolo says:

    Grazie Luciana di aver nominato Paolo Beccari, autore della bella foto

  5. Paolo Beccari says:

    Una bella intervista, seria e divertente in stile Maccioni.
    Complimenti Paolo per l’ultima creatura: a causa sua ho tolto diverse ore al sonno.
    Grazie anche per la citazione!
    p.

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