L’illusionista

 

Eodardo Montolli fa sul serio. Da sempre. Giornalista investigativo, conosce  Milano in ogni angolo. L’underground e quello che sta ‘ sotto’ l’underground. Anche gli aspetti più spiacevoli. Lo conosco personalmente da anni, abbiamo spesso collaborato quando lavorava a  Cronaca Vera ma anche per altri progetti. Edoardo è uno che si conquista la simpatia di amici e lettori con un sorriso, una battuta, con quella sua aria da giocatore di poker con la sigaretta che pende dal labbro e gli occhi che vengono da notti bianche passate in chissà quale localaccio(o magari a lavorare…). Sembra uscito lui stesso da un  Hard Boiled.   Sono un suo lettore fede sin dal Boia e La ferocia del coniglio.  Scrive libri che mi piacciono per stile e argomenti. Libri di qualità. Thriller. Italiani. Senza presunzionu autoriali nascoste dall’etichetta del genere.  Spesso ci si dimentica che oltre a un giornalista investigativo, d’assalto come si dice , Edoardo è anche uno scrittore dannatamente bravo. Le sue non sono storie banali, hanno un intreccio complesso non sempre e non necessariamente facile da intuire anche se partono sempre dalla realtà e dalla strada. In L’illusionista si parte con un delitto d’impatto : una suora sgozzata in un convento ma truccata e in abito da sera. E subito si mette in moto un meccanismo che riporta alla luce leggende metropolitane, voci sussurrate, ombre in un’ambientazione che pare quella che vediamo ogni giorno quando scendiamo a comprare il giornale e farci un caffè. È proprio la capacità di fondere il nero con il ‘ thrilling’che conquista nella scrittura di Edoardo. Rapida, giornalistica ma non sciatta. Avvincente come e più di un thriller anglosassone. E così spietata che ti spiazza. Da leggere.

Aliberti Aeditore- Edoardo Montolli- L’illusionista.

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Vedremo Machete al cinema ?

Inserire una locandina con caratteri di una lingua non solo straniera ma extra europea è una provocazione. Non so se lo vedremo nelle sale il film di  Rodriguez che nel resto d’Europa  e del  mondo è già passato da un po’…ma vale la pena di spenderci qualche parola. Expliotation è la parola giusta. Quel filone che gioca sullo sfruttamento di quegli elementi considerati di maggior impatto per il pubblico. Sesso, Violenza, Eroi duri e puri, Cattivi davvero Cattivi, il tutto condito con una dose di ritmo adrenalinico. Che male c’è? Rodriguez di film del genere ne ha macinati a migliaia e con pochi soldi riesce a fare miracoli. Questa è un’avventura in salsa guacamole dedicata a un ex galeotto che è finito per diventare forse uno dei più noti e amati cascatori di Hollywood. E la riprova è il numero di Star che si sono prestate anche per piccole parti da De Niro, a Don Johnson, da Lindsey Lohan a Jessica Alba, alla meravigliosa Michelle Rodriguez ma il film abbonda di volti noti e ricorrenti nel cinema d’azione californiano. E poi c’è il border, quel confine incerto tra Messico e Texas che chiama in gioco il mito del West ma anche i film sul wrestling messicano, l’industria del porno, i clandestini e, perché no?, gli spaghetti western. Se cercate un film per discutere su temi ‘importanti’ andate… a cercare qualcos’altro. Se però, dopo, una prima visione adrenalinica vorrete studiare un po’ di più come si fa realmente un film di genere riguardate Machete dal principio, inquadratura dopo inquadratura. Niente è casuale o messo giù così, senza abilità. E ricordate : Machete don’t text, but give hard evidences.

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Il Professionista a Milano!

Lunedì 13 dicembre alle 19,30 Stefano Di Marino, Tito Faraci & Alan D. Altieri parleranno di IL PROFESSIONISTA-VENDETTA-romanzo illustrato-edizioni BD. All’appuntamento parteciperà Francesco Mortarino  autore delle tavole. Sarà presenta anche  Andrea Carlo  Cappi, narratore, sceneggiatore esperto di narrativa popolare

Il nero criminale milanese- scrivere una scenggiatura per il cinema e i fumetti- differenze e similitudini con il romanzo in prosa- la funzione delle illustrazioni e tanto tanto divertimento ancora.

ricordate

LIGERA CAFE”70

Viale Padova 133, Milano

ore 19,30 – aperitivo e buffet

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Il rosso segno della Follia

Signori: entra in gioco la follia.

L’alterazione mentale, l’elucubrazione di un piano tortuoso non è certo nuova, soprattutto nel thriller cinematografico, ma, nel contesto della produzione italiana, diventa uno degli elementi dominanti. La follia come movente del delitto, ma anche la pazzia indotta, reale o immaginaria, nella vittima. Il thrilling italiano è, fondamentalmente, un fatto privato. La Polizia riveste quasi esclusivamente un ruolo secondario, rassicurante nella conclusione della vicenda ma raramente risolutore. Sono uomini e donne comuni i protagonisti. Personaggi che, in qualche modo, hanno tutti sfiorato un lato oscuro che ne condiziona le azioni. Segreti sepolti,  traumi, vizi che riemergono sono le componenti fondamentali dei loro movimenti sulla scena. La follia dell’omicida ha quasi sempre origini infantili, componenti sessuali, incestuose o comunque deviate che scatenano furie omicide. Catene di delitti che, dopo un primo crimine, diventano compulsive, più importanti di qualsiasi altro ragionamento. Oppure c’è qualche trauma, un peccato originale che altri (spinti da motivazioni economiche) vogliono far riemergere inducendo la vittima a credersi pazza. Ma il gioco, a volte, è così pericoloso, così “malato” da trascinare nella follia anche chi cerca di crearla con l’artificio. È ciò che accade in un piccolo gioiello cinematografico, l’episodio Il telefono, sempre di Bava, inserito nel film a episodi, I tre volti della paura(1962). Una vicenda claustrofobica relegata in un unico ambiente, l’appartamento di un lusso raffinato, d’altri tempi, della squillo Rosy che ha denunciato Frank, il suo protettore, ora evaso di prigione. Ma Rosy ha anche troncato l’amicizia – che intuiamo morbosa se non lesbica – con l’amica Marie,  pure lei inserita nel giro della prostituzione d’alto bordo. Rosy è tormentata da continue telefonate (mentre rincasa, si spoglia, fa la doccia, si riveste con vaporose camice da notte, tutto sotto lo sguardo voyeuristico dello spettatore) dal suo amante che esalta a parole la sensualità del suo corpo e, nel contempo, minaccia di ucciderla entro la notte. È un trucco, ottenuto contraffacendo la voce, di Marie che, a quel modo, riesce a riallacciare l’antico legame con Rosy. Un espediente amoroso che risulta comunque malsano e deviante nello spazio ristretto di un appartamento sapientemente illuminato in tutti i suoi particolari. E l’apparizione del vero Frank, deciso a vendicarsi delle due donne che lo hanno rovinato, segna il culmine della tensione. Pochissimi elementi, una storia apparentemente semplice ma che già contiene tutti i canoni  del thrilling. La donna spiata dal regista quanto dallo spettatore e dall’assassino, la cura per il dettaglio, le mani che sfiorano pugnali, le calze usate per strangolare. Il telefono, la voce dissimulata come veicoli di suggestione; sono tutte esternazioni di una follia che sfugge alle classificazioni psicanalitiche.La pazzia del thrilling è una forza a sé, il motore della storia, il fulcro della suspense stessa. Un vortice dal cui nessuno può sfuggire. Per trovarne una vera e propria consacrazione dobbiamo aspettare un altro capolavoro di Mario Bava, Sei donne per l’assassino. Il film che, probabilmente, influenzerà tutto il thrilling  nostrano sino a tempi recentissimi.

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Missioni Non Autorizzate

 

Una delle avventure più compatte. Chance contro il Dipartimento Operazioni Speciali e per giunta alleato di Jefferson che se ne vuole tirare fuori. Da Washington a un laboratorio per virus letali in Congo passando per una modernissima Saigon capitale del contrabbando informatico. Nei capitoli iniziali Barontini passa un po’ la mano all’armaiola Lena Castiglione, personaggio che resterà però sempre sulla sfondo anche se citato in qualche altra occasione. E’ il primo dei romanzi originali non ristampato in libreria. E pensare che(secondo il numero dei bollini SIAEpagati dalll’autore) le prenotazioni in libreria erano crsciute, di poco ma cresciute. Ma erano i tempi in cui per questioni personali smisi di lavorare come  consulente per quell’editore. Fui ‘punito’..tanto non sono questi i ‘numeri’ che incidono sulla bilancia. Peccato, perchè l’edizione ristampata era proprio carina. E comunque gli episodi precedenti rimasti invenduti  furono gradualmente macerati sino a restare con  quel minimo ‘introvabile’ che consente all’editore di tenersi i diritti ancora per qualche anno. Mai visto una volta nelle campagne estive riproporre la serie con quealche possibilità di essere vista… e sì che mi dissero che avevano fatto degli interventi per venderla meglio. ma quali chiesi io? ‘Ah, interventi invisibili’(sic!) Sembrerebbe grottesco ma non è così. Fortunatamente in Segretisism ola serie funziona nacora bene.

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Che c’entriamo noi con Scerbanenco?

Giorgio Scerbanenco fu Uomo, lavoratore, appassionato della Vita e delle cose che questa poteva offrirgli, prima che scrittore. Narratore dunque, perché con la Vita aveva dimestichezza, con la gente ci viveva vedendone le miserie e le virtù. Per la verità credo che non gli importasse granché essere considerato un nome di riferimento della fiction italiana. O forse sì. Chi di noi non lo desidera?  Di sicuro aveva oltre che la necessità professionale anche il desiderio di raccontare le storie che gli passavano per la testa o per le mani. Rileggendo la raccolta dei suoi Racconti  Neri più che Il Centodelitti o Milano calibro 9, piuttosto che il ciclo dedicato a Duca Lamberti si avverte che anche l’etichetta di narratore noir milanese gli andava stretta. Certo Milano per lui (come per me o altri di questa città) aveva un suo fascino una sua atmosfera particolare. Ma Scerbanenco ha dato dimostrazione di abilità e capacità narrativa in storie di guerra, d’avventura, d’amore e spionaggio ambientate in moltissimi altri luoghi e situazioni. Storie sempre dure, anche quelle sentimentali, perché la vita è dura. Violente qualche volta nei fatti, spesso nella spietata  logica del crimine. Storie che (sembra strano a dirlo visto che spesso scriveva per rotocalchi femminili forse affrettatamente definiti ‘ rosa quindi considerati ‘lettura consolatoria’) non erano per nulla buoniste, anzi proprio il contrario. storie curdeli. Io credo di avere qualche diritto di dire la mia visto che scrivo da vent’anni  e in molte più occasioni di quanto piaccia a qualcun ricordare proprio di Milano. La mia  Milano,Gangland,  ovvio: quella della mia generazione che ho visto scorrere dagli anni del Boom a quelli della contestazione  per passare poi per la ‘Milano da bere’ del riflusso, di Mani Pulite per arrivare alla Gangland di oggi. Scerbanenco ho cominciato a leggerlo non prestissimo ma, come spesso accade con le scoperte tardive, con passione e cipiglio. Un po’, diciamolo, per carpire la sua magia. E intanto guardavo i film di Fernando (come Chi Fernando?)trovando ora con l’uno ora con l’altro qualche punto di contatto anche se il mio sentire era differente. Scerbanenco (salvo forse per il personaggio di Ursini) non aveva il concetto dell’Eroe che Fernando probabilmente aveva maturato leggendo l’hard boiled americano guardando i film di Melville o, più probabilmente, scrivendo western all’italiana. La differenza tra i due mi sembra questa. Uno ha interpretato atmosfere, stati d’animo dell’altro. E noi (pochissimi in verità narratori noir milanesi) che c’entriamo? Poco, o forse molto. Lo sappiamo dentro di noi. Ma camminando per certe strade, fermandosi per l’ultima birra in quel bar fuori mano oppure in quel centro sfavillante di promesse mai mantenute, quel sentimento oscuro che si ritrova nei racconti di Scerbanenco riaffiora, così come l’adrenalina di Luca Canali nel momento del pericolo. Ma  in maniera diversa. Nostra. Tanto che quasi nessuno se ne accorge.

Nel frattempo festeggiamo l’ennesimo vincitore del premio omonimo sperando che almeno un  po’  condivida questo nostro senetire.

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Sopravvissuti

‘Quando  non ci sarà più postoall’Inferno, i Morti cammineranno sulla Terra. In un momento letterario e cinematografico che pare particolarmente felice per l’archetipo degli Zombi Matteo Cortini e Leonardo Moretti sanno proporci qualcosa di nuovo. Alle spalle c’è un fortunatissimo GdR Sine Requie ma io, mea culpa, non lo conoscevo e non ci ho mai giocato. Ho preso il libro attirato dalla cover di grandissimo impatto e da qualche riga di trama che colloca la vicenda in un tempo ucronico dopo lo sbarco in Normandia quando i Morti si risvegliano per divorare i vivi. Ma il libro mi ha piacevolmente sorpreso perché non è la ‘solita’ storia di Zombi seppur collocata in uno scenario bellico interessante. È una vicenda di sopravvivenza, di odio, di follia e di inaspettate speranze. I Morti che divorano i vivi (attenti alle Belve…) ci sono, ma fanno parte di un quadro narrativo più ampio e complesso e questo è quello che mi è piaciuto di più. Stile rapido ma non sciatto, adatto alla vicenda. Personaggi che hanno giustamente lo spessore richiesto da un’avventura senza diventare ingombranti per chi vuol leggersi un romanzo dai toni angoscianti. Un ottimo lavoro che spero avrà, in qualche modo, un seguito.

Asengard edizioni a 14,50 euro e una buona distribuzione in libreria.

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L’ultimo treno della notte

 

Da sempre ritengo Aldo Lado una delle figure di sceneggiatore-regista più interessanti del ‘ thrilling’ italiano. Nella tradizione di Bava,Lenzi, Martino e Argento ha saputo ritagliarsi una sua poetica legata al nord Italia, al Veneto ma non solo. L’ultimo treno della notte(esplicitamente citato in alcune sequenze di Hostel 2 di Ely Roth)è però un film particolare.  Un thriller sicuramente, ma anche una storia che si inserisce nel cinema dei giustizieri e, in qualche modo, ha parentele con L’ultima casa a sinistra di Craven. Però… è prima di tutto- per atmosfere e situazioni -tipicamente italiano. La denuncia contro la borghesia, il perbenismo di facciata si mescola con la perversione,il male che nasce dal sonno della ragione o forse dalle condizioni disagiate rappresentato dai due teppisti italiani che prendono lo stesso treno che dalla Germania dovrebbe portare a casa il giorno di Natale le due giovani protagoniste. Ma su quel treno viaggiano ben strani  personaggi. Una ‘signora’ tentatrice (la figura più ambigua e meglio riuscita), un cripto-depravato che ha il viso e i modi di Fabrizi ancora una volta straordinariamente in parte. Poi,senza rovinarvi il gusto di rivedere questo splendido film, la situazione precipita. Cacciatori e prede si perdono nella nebbia padana ed emerge di prepotenza la figura di Enrico Maria Salerno. Ora lasciatemi dire una cosa. Salerno si pone una spanna al di sopra del Borghese piccolo piccolo di Sordi( senza togliere nulla all’interpretazione di Albertone ma il film aveva un differente approccio e, soprattutto nella prima parte, il personaggio è tragicomico quasi farsesco) e del modello americano: Bronson. Anche qui, Bronson è e rimane un super duro però…insomma ha la faccia di uno che se gli alzi il tergicristallo perché ha lasciato l’auto sulle strisce ti spara. Ti puoi immaginare se gli violentano la figlia. Salerno è un uomo normale, civile, con tutti i difetti del ricco borghese ma anche con una sua ‘etica’ che esce proprio nella apparente ‘non caratterizzazione’ del personaggio. Di colpo gli si accende un interruttore. E nulla riesce , vuole o può fermarlo. Questo è un nero italiano con i fiocchi, altroché. Ovviamente per rivederlo bisogna procurarselo dall’estero presso una società di distribuzione che ha in catalogo gran parte dei  film che qui sono considerati B del nostro cinema. La versione ha traccia italiana con, purtroppo, ineliminabili sottotitoli francesi. In ogni caso val la pena di fare un po’ di fatica per procurarselo.

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Le stagioni del nero

Esiste una stagione più adeguata per raccontare il nero? In verità no, se non per il fatto che , almeno per quanto riguarda la Gangland  del Professionista, gli estremi fanno parte della narrazione. Il caldo soffocante è ben noto ai milanesi così come giornate come queste gelide, umide velate da una garza di nebbia e smog. Mi è capitato come molte volte di girare per la città con la macchina fotografica in cerca di set e ispirazioni, ne ho trovate a ogni angolo. La ‘nebbiosa’ come la chiama Pasolini in una sceneggiatura di moltissimi anni fa, offre un’infinita quantità di spunti , di luci da cui sviluppare storie più o meno nere. E allora il nero di Scerbanenco non mi sembra poi così lontano . Magari Il Professionista potrebbe un giorno incrociare  Duca Lamberti proprio come suo padre trovò Ulisse Ursini in Africa. Vendetta fa parte del ciclo delle storie di Gangland. Non ha stagione. È quasi fuori continuità anche se si pone dopo il romanzo molto articolato che leggerete tra qualche mese: Gangland Blues. Questo(ne riparleremo) si articolava inizialmente come una serie di racconti su diversi aspetti criminali della città, poi, incorso d’opera è diventato un romanzo unico con molti canali che confluiscono in un unico fiume. Vendetta, invece, è un racconto unico compatto. Una storia di rapine con una caccia al colpevole e anche una vendetta personale. Diciamo che fa parte di tutte quelle esperienze che mi vengono suggerite ogni giorno dal passaggio in strade grigie,umide, senza colori che a volte passano quasi inosservate. E invece basta un semaforo per farti intravedere uno scorcio, suggerirti una fotografia, un set, una faccia. Da lì procedere con l’elaborazione di un racconto non è poi così complesso. In realtà era molto tempo che volevo scrivere una storia ispirata alla rapina di via Imbonati nel ’99. Pochi minuti di battaglia selvaggia nel cuore di Gangland. Così,giusto per smentire chi mi diceva che scrivere questo tipo di nero criminale in Italia non si poteva perché certe cose da noi non succedono. Il guaio  è che ne accadono di peggiori.

Se non trovate Vendetta in libreria  ricordatevi che potete ordinarlo dal catalogo BD

http://www.edizionibd.it/volumi.php?id=894

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Edicola:non è un paese per libri

È abbastanza curioso che un genere( o meglio una serie di generi) di narrativa popolare nati come ‘economici’ in vendita nelle edicole accessibili per linguaggio, temi e prezzo a un vasto pubblico siano completamente ignorati da critica e selezione di premi letterari  del nostro paese. Come se i Gialli, i Segretissimo e gli Urania(per non parlare di tutte le collane nate successivamente che hanno permesso un intrecciarsi e confondersi di formati forse a volte sin troppo rigidi)non fossero ‘libri’ ma una pubblicazione da cui guardarsi, da disprezzare, da non curare né nella distribuzione né nella promozione. Un tempo chi voleva leggere  thriller o spy story(e persino fantascienza e horror) poteva rivolgersi solo alle pubblicazioni da edicola. Poi c’è stato uno strano salto di qualità. Con l’inizio degli anni ’90 Interno  Giallo e i Mystbooks si sono divisi ferocemente lo spazio in libreria. Qualcuno dichiarò che il caro vecchio  Giallo settimanale era morto(persone che ci avevano costruito sopra una carriera e che, uscite per motivi personali dalla casa editrice madre, avevano imposto una nuova realtà con gli stessi autori). A quel punto il Giallo e il suo autore avevano dignità solo se pubblicati in libreria a un prezzo molto maggiore ma con identici contenuti. In breve tutti gli editori si sono buttati sul genere. E poi c’è stata l’apertura agli Italiani che per anni erano considerati esclusi dalla narrativa d’intrattenimento. Risultato? Aumento sproporzionato dei costi e diminuzione delle vendite. La qualità? Giudicate voi…. Di fatto oggi le riviste da edicola  -un tempo pubblicate da tutti gli editori- sono rimaste i marchi storici mondadoriani; non troppo sostenuti dalla casa editrice per dirla tutta. Ogni volta che si apre una collana nuova dura poco più di un anno. Probabilmente un maggiore sforzo di investimento per la pubblicità ma soprattutto una diffusione reale sul territorio potrebbero attirare in edicola(dove si vende ormai di tutto) qualche lettore che vuole romanzi di buona qualità a un prezzo equo. Un fatto per tutti. Epix, ultima collana nata e morta nel giro di poco più di un anno  ha proposto titoli buoni e meno buoni, ma forse meritava qualcosa di più. In ogni caso il marketing l’ha chiusa adducendo una resa altissima. Ma se già dai primi numeri bisognava dare la caccia ai giornalai per averne un volume? Il mio giornalaio sottocasa, da quando la collana ha chiuso ha cominciato a esporre regolarmente(vendendoli) i titoli dei mesi passati ritornati in edicola per qualche altro giro di distribuzione. Un mistero che richiederebbe l’arguzia di Sherlock Holmes… qualcosa, decisamente, non quadra. Adesso che anche la barriera che impediva agli italiani di uscire in edicola è caduta(senza che le vendite diminuissero) però i girnalisiti non recensiscono  le pubblicazioni economiche anche se vendono migliaia di copie di più dei testi che appaiono in poche copie in libreria. E i premi? Mai visto un autore italiano, pubblicato in edicola, selezionato per un premio. Anche se di qualità… Mah….

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