IL NOIR COME SPECCHIO DELLA REALTA’

 

INTERVENTO AL CONVEGNO “SFUMATURE IN GIALLO E NOIR”

 

Pistoia- Biblioteca San Giorgio

11 maggio 2013

 

IL NOIR COME SPECCHIO DELLA REALTA’

 

Il titolo dell’intervento contiene un errore: un’analisi che tenti di individuare il “riflesso” della realtà prendendo in esame il solo noir è senz’altro riduttiva, anche in tempi in cui le etichette di generi e sottogeneri si attaccano e si staccano a piacimento. Cercherò di argomentare come tutto il genere che a tutt’oggi si colloca in Italia sotto un grande ombrello giallo, a seconda degli autori, si connoti da tempo come realista ed oggi addirittura di inchiesta.

Fin dall’800 la forma-romanzo romanzo è stata intesa come specchio che riflette la realtà.

E’ celebre la definizione di romanzo che scrisse Stendhal. “Un romanzo è uno specchio che percorre  una strada maestra. A volte riflette l’azzurro del cielo, a volte il fango delle pozzanghere.”

Tornando alla letteratura popolare di genere, per realista intendo quel romanzo  giallo che ritrae la società politica e sociale del suo tempo.

 

Un Realismo regionale

 

Giorgio Scerbanenco è stato l’autore che per primo ha rinnovato il giallo, e non solo italiano, riportandolo nei luoghi in cui i delitti sono commessi in una città riconoscibile: la Milano degli anni ’50 e ’60, con una “mala” ben individuata. Giorgio Scerbanenco ha raccontato un momento storico ben preciso, l’Italia degli anni ’60, il boom economico, l’immigrazione dal sud, la lotta per il benessere da parte dei ceti proletari, disagio sociale. Il tutto raccontato senza pregiudizi, né ideologici né letterari, con personaggi politicamente scorretti.

E’ come leggere le cronache dai quotidiani dell’epoca.

 “Traditori di tutti – afferma Lucarelli – vale un volume di storia dell’Italia contemporanea”.

Una Milano solo diversa, ma altrettanto reale, è quella raccontata nel ventennio ’78-‘98 da Renato Olivieri, giornalista e scrittore veneto trapiantato da Milano, vincitore nel 93 del premio Scerbanenco, scomparso nel febbraio scorso.

Della Torino che, all’inizio dei ’70, ci raccontano Fruttero e Lucentini in “La donna della domenica”,

Altro grande “fotografo”, questa volta di Bologna, è Loriano Macchiavelli, che inizia a raccontarci la sua città ai primi anni ’70 e tuttora continua. (L’ironia della scimmia, ultimo romanzo appena uscito).

A proposito di Bologna cito la risposta di Macchiavelli ad una mia domanda sulla Bologna che cambia nel corso degli anni.

“La città è protagonista in tutti i romanzi e certo non è un fondale fisso ma un organismo vivo  che si evolve nel tempo. Questo aspetto l’ ho ritratto nell’analisi dei rapporti umani. Via via che i romanzi più vecchi vengono ristampati, mi fa piacere quando i più giovani mi domandano se negli anni Settanta o Ottanta Bologna era davvero così. Il ritrarre la città con i suoi odori buoni e cattivi,  i suoi rumori, il vissuto dei suoi abitanti è la grande lezione che viene dai grandi autori del giallo come Simenon e Chandler.”

Inizia nel 1974 il ciclo di Sarti Antonio con il romanzo “Le piste dell’attentato”.

Dall’epoca della contestazione agli anni di piombo, al ripiegamento degli anni ‘80 ad oggi, i mutamenti sono vistosi e i suoi romanzi danno conto più di un manuale di sociologia del mutamento di modi di pensare, costumi, stili di vita.

Scendiamo lungo la penisola e precisamente a Napoli, per parlare di Attilio Veraldi, traduttore, redattore da Feltrinelli, consulente di varie case editrici. Mario Spagnol, allora direttore della Rizzoli,  a commissionargli un romanzo. Nel ‘76 fu pubblicata “La mazzetta”. Seguì nel “Uomo di conseguenza”, “Naso di cane” e “Il vomerese”.

Le sue storie si svolgono in un determinato luogo, Napoli alla fine degli anni ’70. Come Scerbanenco, Veraldi aveva capito che non si poteva più proporre al lettore  ambientazioni e personaggi fasulli ed estranei al contesto storico che si voleva raccontare.

Le storie, quindi, dovevano essere ambientate in luoghi geograficamente circoscritti. La Napoli di Veraldi non ha nessuno degli stereotipi della tradizione partenopea. L’autore ci fa un quadro delle collusioni e del malaffare che sta per diventare, proprio in quegli anni, un modus operandi nazionale, corruzione degli appalti, esportazione di valuta e il traffico delle opere d’arte, il terrorismo. Il  Vomerese” è il primo romanzo italiano sul terrorismo. Ambientato nel 1980, è una spy story che racconta le vicende di un gruppo terroristico alle prese con il sequestro del comandante della base Nato di Bagnoli. Il riferimento è agli anni di piombo e ai sequestri  Moro e Dozier.

Veraldi per primo attinge alla cronaca per creare le sue trame, prassi che è diventata comune negli autori dei decenni successivi, ma che allora non lo era.

Infine nel linguaggio è stato un precursore: i personaggi si esprimono in modo del tutto consono al loro ruolo e alla posizione sociale.

La sua opera ha il valore di un documento storico, un ritratto d’archivio, assimilabile alla Bologna di Macchiavelli dei primi romanzi della saga di Sarti Antonio. Tutti gli autori citati hanno quindi in comune un aspetto: l’analisi della realtà contemporanea sotto il profilo storico-politico, economico-criminale inserita all’interno di un contenitore: una trama gialla o noir.

Un discorso a parte andrebbe affrontato in modo approfondito per Sciascia, per quanto non si possa considerare uno scrittore di noir, anche se le trame di molti suo romanzi lo sono e raccontano il mutamento della mafia come e meglio delle cronache giornalistiche.

Approfitto dell’occasione quindi per lanciare l’idea di un convegno monografico sull’opera di Sciascia.

La “lezione” degli autori citati è stata ripresa da molti altri autori, continuando una sorta di regionalizzazione del giallo. A Bologna nasce negli anni ‘90 il Gruppo 13, con alla testa Macchiavelli, che comprendeva esordienti di talento. Il fondatori furono: Loriano Macchiavelli – Pino Cacucci – Massimo Carloni – Nicola Ciccoli – Danila Comastri Montanari – Marcello Fois – Carlo Lucarelli – Loris Marzaduri – Gianni Materazzo – Sandro Toni.  Il Gruppo riuscì a imporsi e a suscitare nei possibili lettori  un interesse notevole.

A Milano c’è un gruppo di autori, che danno conto di una realtà metropolitana in continua trasformazione.

Sono Dazieri, Biondillo, Colaprico, Vallorani, Pincketts. A questi aggiungerei De Cataldo con Romanzo criminale.

 

Riprendendo il discorso sul poliziesco, la sua struttura è stata ritenuta dagli autori che ho citato, un veicolo adatto per fotografare la realtà, “un virus nel corpo sano della letteratura, autorizzato a parlar male della società nella quale si sviluppava” (da un’intervista di Macchiavelli del2004 a M. Agostinelli).

Dalla metà degli anni ’90, epoca che coincide con l’affermarsi del giallo e del noir in tutte le sue sfumature, gli autori raccontano il mutamento “genetico” della criminalità, evidenzia i contrasti della società e li descrive da prospettive insolite.

Il Crimine non è più appannaggio di alcuni personaggi, ma è diffuso, permea di sé i gangli della società a tutti i livelli: economici, finanziari, politici, sociali, istituzionali, umani.

Per citare un importante autore francese di noir, Manchette, ““…Nel romanzo criminale violento e realista all’americana (il noir vero e proprio), l’ordine del Diritto non è equo, è transitorio e in contraddizione con se stesso. In altre parole, il Male domina storicamente. Il dominio del Male è sociale e politico. Il potere sociale e politico è in mano a delinquenti. Più precisamente, capitalisti senza scrupoli, alleati o identici ai gangster delle organizzazioni criminali, hanno assoldato politici, giornalisti e altri ideologi, come pure magistrati e poliziotti, senza dimenticare i sicari. Così avviene ovunque. Questa gente, divisa in clan, lotta con ogni mezzo per accaparrarsi mercati e profitti. Si riconosce qui un’immagine grosso modo analoga a quella che la critica rivoluzionaria ha della società capitalistica in genere. È lampante…”

“Il giallo è la grande letteratura morale della nostra epoca.  O più esattamente, dell’epoca che sta ormai volgendo al termine, quella della controrivoluzione che regna incontrastata.”

(Jean – Patrick Manchette)

 

 

Di tutt’altro parere  Wu Ming 1 che nel  saggio dal titolo New Italian Epic, (2008) sostiene la morte del noir. “Nel 2005 …noir e giallo nostrani avevano esaurito la spinta propulsiva”(p. 12)

Nell’ambito degli interventi a seguito dell’apparizione del memorandum, Carlotto è intervenuto con un articolo sul Manifesto nel quale sosteneva che il noir e il poliziesco non erano più la letteratura della realtà, o quantomeno lo erano in parte, perché “non è mai stato affrontato il il problema principale e cioè la natura stessa del crimine e il suo ruolo in questo preciso momento storico e politico.”

 

Oltre il noir, quindi?

Massimo Parlotto stabiliva un nesso tra crisi del romanzo giallo e tentativi di definire  una nuova narrativa che doveva andare nella direzione di raccontare l’Italia senza paura di sporcarsi le mani.

Nel 2006 viene pubblicato Gomorra di Saviano. E’ il paradigma dell’inchiesta giornalistica che si fa romanzo.

Parallelamente il romanzo noir si trasforma.

Sparendo la figura del criminale “professionista”, il romanzo poliziesco non ha più un ruolo consolatorio, ruolo assunto a pieno titolo dalla TV.

Il lettore non è più rassicurato dal fatto che il criminale è altro da sé, un diverso, perché se il crimine è dappertutto, ( la cosiddetta zona “grigia”),  possono esserne contagiati anche coloro che entrano in contatto con il Male non per scelta, ma per caso o per interesse. Si assiste a una contiguità fra mondo criminale e società “sana”.

I personaggi sono immaginari ma gli scenari, le città, i crimini sono reali e frutto di un’attenta documentazione da parte degli autori. Un esempio fra i molti che sarebbe possibile citare:

in Perdas de fogu (2009) il collettivo Mama Sabot che fa capo a Carlotto, ha raccontato, adottando la struttura del romanzo d’inchiesta e prima della cronaca giornalistica, una storia scomoda: gli esperimenti con l’uranio impoverito su prototipi di armi nucleari che si sono tenuti  nel Poligono Sperimentale di Addestramento Interforze del Salto di Quirra, in Sardegna, con disastrose conseguenze sull’ ambiente e sulla salute della popolazione. Carlotto si è servito di atti ufficiali delle commissioni parlamentari di inchiesta e delle pubblicazioni scientifiche di docenti universitari.

Carlotto che in un’ intervista ha chiarito quale secondo lui è la “mission” del noir contemporaneo. “Come scrittore di genere dichiaro la mia appartenenza al noir d’inchiesta, la mia è una forma di fedeltà alla realtà, al sociale, e non solo come momento di raccolta di materiale, di documentazione che fa fede all’attualità. Il patto che stipulo con i miei lettori prevede la salvaguardia degli spunti che danno origine alla storia che poi in parte viene romanzata nei miei libri, spero che questo sia uno stimolo ad incuriosirsi, ad approfondire, un’occasione per divulgare informazione”.

Sempre Carlotto, nel saggio-intervista “The black Album” sostiene che “per parlare di scrittura politica in Italia non si può più parlare di letteratura di genere. …il futuro sono le collane di contenuti, non più le collane di genere”. (p.40)

La modalità narrativa del noir è stata scelta perché adatta a veicolare elementi del giornalismo d’inchiesta (in via di sparizione) raccontando, e talvolta anticipando, fenomeni criminali e sociali. I contenuti coinvolgono il lettore, rendendolo informato e  partecipe fino a “disturbarlo” per la crudezza delle storie e del linguaggio.

Fra le collane dedicate ai temi più “disturbanti”, cito la Verdenero di Edizioni Ambiente che affianca alla pubblicazione di saggi quella di romanzi noir e una collana specifica denominata noir di Ecomafia. Fra gli autori, per citarne alcuni, Dazieri, Baldini, Colaprico, Vinci, De Cataldo, Macchiavelli, Wu Ming, Gori e Vichi, Lucarelli, Varesi, Fogli, Colitto, Narciso, Roversi, Bucciarelli, Gregorio, Abate e Carlotto.

 

 

Concludo con una considerazione e una domanda:

–         il “realismo regionale” del giallo ha avuto il merito di aver rotto ogni legame che lo legava al passato e di aver registrato, anno dopo anno, i segni dei mutamenti antropologici in atto in Italia.

–         il romanzo d’inchiesta alla Saviano si può considerare l’ultima frontiera del romanzo poliziesco/noir o ha altra natura?

 

Susanna Daniele

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