Da tempo mi convinco che bisognerebbe darsi tregua da sondaggi e decifrazioni del male, eppure non resisto all’idea di poterne commentare le fattezze. Di avventarmi su quel che meglio identifica il dolore del potere e la sua corruzione. Dicono appunto le cifre che proprio di corrompere non c’è il minimo accenno a smettere, la nostra dipendenza attiva e passiva da quel che confonde con piacere e irriverenza, con reato e gusto illegale fa di ogni apparente giustificazione il mezzo per regolare le vite. Ai colloqui si affrontano interlocutori garbatamente ignari di espressioni fotocopia e che, senza minimamente accennare ai diritti di compenso, scontano l’avventatezza di un potere che li assolda e li esalta come aquile reali. Al supermercato si spinge per il diritto della cassa, al semaforo non esistono sguardi di reciprocità e una stampella non basta a riesumarli. A letto non bastano le ore per smarcarsi dalle vacuità che procurano ansie e deliri. A terra ci si arriva dopo aver riletto tutta la città.
Di questo passo, qualsiasi altro sondaggio sull’indecenza delle cattive leggi o la loro sovrapposizione alle nostre battaglie si tradurranno in una scena mal riuscita. Non molte settimane fa ormai mi sono trovata tra le righe di Heiner Müller, drammaturgo della DDR che, dopo aver assistito all’ennesimo disfarsi di uno stato, dichiarò: «Scrivendo prosa si è soli, non ci si può nascondere… La mia preferenza per il teatro nasce dalla presenza delle maschere: posso affermare una cosa e il suo contrario».
Il teatro non può certo nascondere il duello se continua a muoversi in solitudine, se non rinuncia a infiltrarsi dentro le ipocrite dichiarazioni di chi si ritiene unico e insostituibile. Il teatro è sempre lì, sfida e sposta maschere, accoglie i cori e declina il bisogno collettivo di una ribalta con un a parte che non ha sponde. È forse vero allora che «tutto il mondo diventa un’unica città, una città mediata?» Dobbiamo attendere e scegliere parole, guardare oltre il vento e saltare la riga che non annuncia nessun avanzamento. Scegliere un ignaro senza beffe.
«Tra città e città
Dopo il muro l’abisso
Vento sulle spalle la mano
Estranea sulla carne solitaria
L’angelo lo sento ancora
Ma non ha più altra faccia che
La tua che non conosco.»
Heiner Müller, da L’invenzione del silenzio Poesie, testi, materiali dopo l’Ottantanove