Viaggio nel cinema (e TV) americano/1

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Quando si ha una passione quasi viscerale per il cinema e le serie tv, per forza di cose si guarda agli Stati Uniti con un occhio di ammirazione. Si cerca, tra la maglie della narrazione filmica, qualcosa che ci racconti com’è vivere negli States, qualcosa in più oltre alla finzione filmica, si cerca quello che c’è di vero. E allora, almeno per me, gli Stati Uniti diventano una specie di paese di adozione, una terra promessa. E allora, alla prima estate da lavoratore (stipendiato) i pochi risparmi sono andati tutti alla Klm e alla Hertz e sul passaporto ho finalmente il timbro USA.

Un’emozione incredibile. Poche volte ero emozionato come quando, ancora con zaino, zainetto e quant’altro sono uscito per la prima volta in strada dalla fermata della metro. Di notte, alle 10 pm ora locale, quindi alle 4 di mattina in Italia. Ero alla 4th street, nel pieno centro del Downtown di Manhattan. Ho visto la pattuglia della polizia che tante volte ho visto in CSI: NY o in NYPD. Ho visto i taxi, gli yellow cab, presenti da sempre in ogni apparizione cine-televisiva di New York come uno dei simboli della città. Ho visto, che svettava dai condomini, il Chrysler Building. Ha cominciato a girarmi la testa. Le emozioni mi hanno sopraffatto. Ero a New York. Scopro in un istante che tutto quello che ho visto in tv e al cinema esiste davvero, e continua ad esistere anche mentre io non lo sto guardando in film o episodi. Posso dire che è tutto vero, posso toccare con mano. Ero sopraffatto dalla bellezza e dall’immensità della città. Ma trascinato dagli amici, mi sono dovuto riprendere e incamminare verso l’appartamento affittato dall’Italia. Con grande gioia scopriamo che quel bellissimo appartamento non esiste. Ce l’hanno messa grandemente e senza lubrificante in quel posto. Per fortuna nostra, un angelo di nome Vanessa, padrona di un simpaticissimo cane chiamato Mario, ci viene in soccorso prestandoci il suo ipad grazie al quale troviamo numeri su numeri di ostelli tutti pieni. Passa il tempo, ma alla fine ce la facciamo, troviamo delle stanze libere e lì ci fiondiamo. Check-in e a letto senza neanche smontare i bagagli, consapevoli che alle 5/6 di mattina il jet lag ci sveglierà. Come volevasi dimostrare alle 7 siamo pronti lavati e mangiati, per lanciarci in New York.

Prima tappa: Downtown. Usciamo dalla metro, giriamo l’angolo e ci troviamo di fronte al vuoto. Ground Zero, ex World Trade Center. Lo spazio vuoto nel mezzo di una selva di grattacieli, pieno di gru, è enorme. La mia testa corre subito alle immagini reali, viste in diretta tv nel 2001, che mi/ci tennero incollati allo schermo e mi fecero arrivare in ritardo al primo allenamento della nuova stagione. Ancora adesso, mi vengono i brividi e mi sento sgomento di fronte a quelle immagini. Poi subentra la fiction e ri-vedo Oliver Stone e il suo World Trade Center, con una squadra di pompieri sotto le macerie, all’oscuro di essere sotto le macerie di un intero grattacielo. O alle favolose scene, tagliate all’uscita nei cinema per non urtare la sensibilità degli spettatori, di uno Spider-Man che tessa una gigantesca tela di ragno tra le due torri per intrappolare un elicottero. Tutto in un controluce lievemente al tramonto che arricchisce di poetica il “dissacrare” un luogo simbolo di New York. Da Ground zero il giro nel pieno Downtown è d’obbligo e arriviamo fino al molo per la statua della libertà. Troppa gente, coda infinita. Rinunciamo. Va bene tutto, ma quando è troppo è troppo. Certo un po’ spiace non aver toccato con mano un simbolo e la mente corre a Hitchcock e il suoi Sabotatori con la grande fuga finale che termina proprio lì, in cima alla statua della libertà. Ci torneremo. Siamo giusto in fondo all’isola e “torniamo indietro” risalendo lungo il fiume che separa Manhattan da Brooklyn vero il ponte di Brooklyn. E passiamo esattamente, ma dico esattamente, sotto le finestre dell’API di Rubicon. Vediamo esattamente le stesse cose che Will, Tanya e Miles vedono dalle loro finestre. La prospettiva cambia un po’: loro sono al secondo piano, noi a livello strada: ma il ponte, i velieri e il Pier 17 sono proprio lì, davanti a noi. Rientriamo verso il centro seguendo Fulton Street coi suoi magazzini e pescherie di padri e figli, e attraversiamo Chinatown e una Little Italy tutta tricolore e ristoranti, con un inglese parlato con una leggera inflessione italiana e pasta ovunque. Da lì entriamo in SoHo e Noho (South Houston Street e North Houston Street) quartieri di boutique radical chic e aristi ad ogni angolo. Si respira un’aria diversa, molto più rilassata rispetto alla frenesia che dilaga in tutto il resto della città. Le auto sono molto meno, i palazzi più bassi e non mancano piccoli alberelli qua e là lungo in marciapiedi. Houston Street separa SoHo e NoHo, e proprio su Houston Street entriamo in Katz’s Deli. Uno dei locali più famosi di tutta NY, dove se ordini la specialità della casa, il pastrami, ti arrivano due fettine di pane di campagna con in mezzo circa 6-700 grammi di roast beef bollito. È impossibile da mangiare tutto. È semplicemente troppo. E il pastrami è diventato leggenda, e leggendario è chi è riuscito a mangiarne 9… La leggenda del pastrami ha attirato tanti, e tutte le pareti sono ricoperte di foto dei padroni con ospiti illustri. E sono davvero tanti: da Johnny Depp a Bill Clinton. E proprio quel giorno era probabile che Barack Obama si presentasse all’entrata. Se poi è arrivato, non lo sappiamo, ma quello che sappiamo, e che subito vi viene in mente, che lì da Katz’s Deli, Meg Ryan finse un orgasmo di fronte ad un attonito Billy Crystal, creando imbarazzo in tutto il locale.

Lasciate le delizie di Kat’z Deli saliamo su una metropolitana e scendiamo a Grand Central Station, centro nevralgico dei trasporti di New York, con il suo orologio da 20 milioni di dollari. Ripreso in tantissimi film la si è notata ultimamente nel rifacimento di Io sono leggenda. Bellissima sequenza quando Will Smith è intrappolato e svenuto proprio davanti al colonnato principale e da dentro la stazione sono in attesa del tramonto le creature della notte. Una sottilissima lama di sole li separa, ma si sta lentamente assottigliando… Accanto alla stazione c’è la New York Public Library. Autentico tempio per gli studiosi di tutto il mondo, è diventata un rifugio per la sopravvivenza dell’uomo (che l’uomo per sopravvivere abbia bisogno di cultura?) nell’apocalittico The Day After Tomorrow, dove un gruppo di ragazzi capeggiati da Jake Gyllenhaal si rifugia nella biblioteca per scampare a onde anomale e gelo intenso. Ma la Library era già apparsa da protagonista ne Il mago di Oz quando uno dei leoni della biblioteca si anima e si unisce a Dorothy e Toto nel loro viaggio. La New York Public Library ha il suo ingresso principale sulla 5a Avenue, chiamata anche Madison Avenue. Esatto, prorpio quella Madison Avenue dove Don Draper e i pubblicitari di Mad Men hanno fatto la fortuna della pubblicità 60 anni fa, e, al giorno d’oggi, ci hanno regalato la miglior serie drammatica nella storia della tv, che non a caso a vinto tre Golden Globe su tre. Camminare lì, dove Don Draper va a lavoro tutti i giorni, è qualcosa di assolutamente magnifico. Ma questo primo giorno non è ancora finito, perché dopo una rapida cena, la sera ci ha portati lungo Broadway, a Times Square e in cima all’Empire State Building. Tre luoghi simbolo della grande mela, con King Kong che si arrampica sull’Empire, o le tante coppie di innamorati che si danno appuntamento a mezzanotte sulla cima. Che si trovano, si abbracciano e, ci piace immaginare, non si lascino più. Non c’era nessuno che mi aspettava, ma poco male. Da lassù ho visto uno dei più bei panorami del mondo e il più bel panorama cittadino. E non ho faticato affatto a capire perché Woddy Allen si sia follemente innamorato della città, tanto da farle una dichiarazione d’amore in 35 millimetri, intitolata semplicemente Manhattan.

Continua nella seconda parte

Michele Comba

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One Response to Viaggio nel cinema (e TV) americano/1

  1. Edo says:

    Complimenti! a new york ci ho vissuto qualche mese e il tuo pezzo mi ha fatto tornare per 5 minuti proprio là, grazie

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