I Golden Globe, scontato dirlo, sono la vera anticamera degli Oscar. Prima che l’Academy pubblichi le sue nomination (attese, attesissime per giovedì 15 gennaio) e decreti i suoi vincitori (22 febbraio), proviamo a capire se i premi conferiti domenica sera dalla Hollywood Foreign Press Association hanno sparigliato le carte nella corsa all’ambita statuetta.
Miglior film di genere drama
Boyhood
Foxcatcher
La teoria del tutto
The Imitation Game
Selma
Un riconoscimento doveroso al più grande film dell’anno, progetto titanico girato in dodici anni consecutivi con gli stessi attori e la stessa troupe. Richard Linklater e la sua famiglia (è il caso di dirlo) di collaboratori raccolgono i frutti di quest’impresa memorabile: “Boyhood” trionfa ai Globe e si candida direttamente come vincitore assoluto alla notte degli Oscar. I suoi contender, infatti, escono piuttosto malconci da queste premiazioni: basti dire che “Foxcatcher”, “The Imitation Game” e “Selma” sono rimasti a digiuno di premi “di peso”. Insidie maggiori potrebbero arrivare dal fronte commedie, dato che “Grand Budapest Hotel” e soprattutto “Birdman” hanno avuto grandi soddisfazioni dai verdetti della HFPA. Ma è assai raro che un film comico riesca a tagliare il traguardo più ambito agli Oscar.
Miglior film di genere musical o comedy
Birdman
Grand Budapest Hotel
Into the Woods
Pride
St. Vincent
Wes Anderson è un autore di culto, ma certo poco amato dalla HFPA: basti dire che, prima di quest’anno, non aveva mai ottenuto nemmeno una nomination. Ancora maggiore, dunque, è stata la sorpresa quando il suo “Grand Budapest Hotel” ha battuto il favorito “Birdman” nella corsa per la miglior commedia. Un riconoscimento prestigioso e inaspettato, che assicura alla pellicola un posto al sole agli imminenti Oscar: ipotizziamo un premio alla sceneggiatura originale? “Birdman” rimane comunque un rivale temibile, mentre gli altri titoli della cinquina sembrano destinati a rimanere a bocca asciutta la notte del 22 febbraio.
Miglior attore di genere drama
Steve Carell, Foxcatcher
Benedict Cumberbatch, The Imitation Game
Jake Gyllenhaal, Nightcrawler – Lo sciacallo
David Oyelowo, Selma
Eddie Redmayne, La teoria del tutto
Forse la più grande sorpresa della serata. Ci si aspettava un testa a testa tra Steve Carell e Benedict Cumberbatch, ma alla fine a spuntarla è stato il britannico Eddie Redmayne per la sua interpretazione del giovane Stephen Hawking ne “La teoria del tutto”. Un ottimo traguardo per l’attore, al suo primo vero ruolo da protagonista. Assai improbabile però che possa ripetere l’exploit anche agli Oscar: se la dovrà vedere con l’agguerrito Michale Keaton di “Birdman”, che presumibilmente prenderà il posto di David Oyelowo o di Jake Gyllenhaal nella cinquina.
Miglior attrice in film di genere drama
Jennifer Aniston, Cake
Felicity Jones, La teoria del tutto
Julianne Moore, Still Alice
Rosamund Pike, Gone Girl – L’amore bugiardo
Reese Witherspoon, Wild
Appare sempre più evidente che quest’anno l’Academy incoronerà finalmente Julianne Moore first lady del cinema americano, tributando il dovuto omaggio alla sua carriera sofisticata e mai banale. Il Golden Globe appena guadagnato ne è una preziosa conferma. Forse quello della professoressa malata di Alzheimer in “Still Alice” non sarà il suo ruolo più significativo, ma la Moore conferma comunque le sue doti di attrice coraggiosa, intensa, sfaccettata. E la concorrenza, pur rispettabile, non dovrebbe metterla in allarme.
Miglior attore in un film di genere musical o comedy
Ralph Feinnes, Grand Budapest Hotel
Michael Keaton, Birdman
Bill Murray, St. Vincent
Joaqun Phoenix, Vizio di forma
Christoph Waltz, Big Eyes
Che rentrée, Michael Keaton! Campione di blockbuster a cavallo degli anni Ottanta e Novanta, negli ultimi due lustri si è limitato a prestare la voce a qualche cartoon di successo o a comparire in trascurabili commediole per famiglie. Quest’anno Iñárritu lo ha ripescato dall’oblio per regalargli l’occasione della vita: il ruolo di un ex divo del cinema, ormai bollito, che cerca di reinventarsi. L’arte che imita la vita e viceversa. Il premio ottenuto e la mite concorrenza di Eddie Redmayne, vincitore della categoria musical o comedy, gli dovrebbero garantire l’Oscar come migliore attore.
Miglior attrice in un film di genere musical o comedy
Amy Adams, Big Eyes
Emily Blunt, Into the Woods
Helen Mirren, Amore, cucina e curry
Julianne Moore, Maps to the Stars
Quvenzhané Wallis, Annie – La felicità è contagiosa
Responso decisamente inaspettato. Qualcuno avrebbe sperato in un doppio premio a Julianne Moore, presenza mostruosamente totalizzante in “Maps to the Stars”. Molti davano invece per favorita la spigliata Emily Blunt con il fiabesco musical “Into the Woods”. Invece a portare a casa il premio è stata Amy Adams, attrice di razza, con una delle performance peggiori della sua carriera: nel mediocre “Big Eyes” dà vita a una Margaret Keane piatta, lagnosa e monocorde. Uno spreco, soprattutto se si pensa invece al talento cangiante che aveva dimostrato appena dodici mesi fa in “American Hustle”. Non è da escludere la nomination agli Oscar, in ogni caso.
Miglior attore non protagonista
Robert Duvall, The Judge
Ethan Hawke, Boyhood
Edward Norton, Birdman
Mark Ruffalo, Foxcatcher
J.K. Simmons, Whiplash
Veterano del piccolo e grande schermo, apprezzato caratterista di lungo corso, J.K. Simmons è riuscito finalmente a farsi prendere sul serio grazie alla sua performance in “Whiplash”, inedito in Italia. La notte del 22 febbraio è plausibile che la cinquina per il migliore attore non protagonista rimanga invariata rispetto ai Globe, quindi Simmons potrebbe spuntarla un’altra volta. Attenzione però al camaleontico Mark Ruffalo, che gli sta alle calcagna.
Miglior attrice non protagonista
Patricia Arquette, Boyhood
Jessica Chastain, A Most Violent Year
Keira Knightley, The Imitation Game
Emma Stone, Birdman
Meryl Streep, Into The Woods
Una mezza sorpresa, graditissima. Sorretta dal consistente pressing pubblicitario messo in atto dagli influenti fratelli Weinstein, la favorita al premio sembrava essere Keira Knightley per “The Imitation Game”. Pur capace di garbo e temperamento, la sua prova però, bisogna ammetterlo, non rimane impressa nella memoria. Al contrario, Patricia Arquette si spende anima e corpo nel ritratto della madre single combattiva e vulnerabile di “Boyhood”. Una complessità e una maturità di interpretazione che anche l’Academy potrebbe riconoscerle, sebbene Knightley e Stone siano comunque ancora in gioco.
Miglior regista
Wes Anderson, Grand Budapest Hotel
Ava DuVernay, Selma
David Fincher, Gone Girl – L’amore bugiardo
Alejandro González Iñárritu, Birdman
Richard Linklater, Boyhood
Riconoscimento d’ufficio: premio alla miglior regia al regista del miglior film. I Globe e soprattutto gli Oscar sono soliti applicare questa regola, salvo rarissime, nobili eccezioni. Con “Boyhood” in pole position per la notte del 22 febbraio, il copione dovrebbe ripetersi senza sorprese né colpi di scena. Certo la pulizia di Fincher e l’estro visionario di Anderson non meritano di passare inosservati.
Miglior sceneggiatura
Wes Anderson, Grand Budapest Hotel
Gillian Flynn, Gone Girl – L’amore bugiardo
Alejandro González Iñárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris, Armando Bo, Birdman
Richard Linklater, Boyhood
Graham Moore, The Imitation Game
Avendo perso il titolo di miglior commedia e di miglior regista, “Birdman” viene risarcito con il premio alla sceneggiatura: niente di grave, solo il consueto gioco di equa redistribuzione dei “pesi”. Spiace un po’ per gli altri contendenti, tutti ugualmente meritevoli ad eccezione dello scolastico Graham Moore. Agli Oscar sarà di nuovo scontro diretto tra Iñárritu e Anderson, mentre Gillian Flynn dovrebbe gareggiare incontrastata nella categoria sceneggiatura non originale, inesistente ai Globe.
Miglior film straniero
Ida (Polonia)
Force Majeure (Svezia)
Gett: The Trial of Viviane Amsalem (Israel)
Leviathan (Russia)
Tangerine Mandarin (Estonia)
Inserito trionfalmente in quasi tutte le top ten di fine anno delle maggiori testate americane, il polacco “Ida” sembrava non avere contendenti. A sorpresa, il russo “Leviathan” gli ha soffiato il premio al rush finale. In mancanza di un asso pigliatutto come il Sorrentino dello scorso anno, per il 22 febbraio si profila un testa a testa al fulmicotone, con il conturbante “Force Majeure” a giocare il ruolo di terzo incomodo.
Miglior film d’animazione
Big Hero 6
Dragon Trainer 2
Il libro della vita
The Boxtrolls – Le scatole magiche
The Lego Movie
Verdetto incredibile e incomprensibile. Baciato da un ottimo successo di botteghino e incensato dalla critica per l’ironia sagace e il ritmo scoppiettante, “The Lego Movie” era destinato alla vittoria. La compagnia poco minacciosa degli altri film in cinquina sembrava confermarlo. Invece la HFPA ha deciso di incoronare il poco riuscito “Dragon Trainer 2”, accolto da recensioni assai fredde e deludente alla prova degli incassi. È difficile immaginare che l’Academy possa commettere lo stesso errore: per gli Oscar, la battaglia è ancora aperta.
Miglior canzone originale
Lana Del Rey, “Big Eyes” (Big Eyes)
John Legend, Common, “Glory” (Selma)
Lenny Kaye, Patti Smith, “Mercy Is” (Noah)
Lorde, “Yellow Flicker Beat” (The Hunger Games: il canto della rivolta – Parte I)
Sia, “Opportunity” (Annie – La felicità è contagiosa)
L’anno scorso fu la volta degli U2. L’anno precedente di Adele. Prima ancora di Madonna, Diane Warren, Bruce Springsteen, Eddie Vedder (senza Pearl Jam), Prince… È tradizione ormai consolidata che il Globe alla miglior canzone vada assegnato a una rock/pop star affermata: quest’anno, infatti, la cinquina era composta esclusivamente da icone musicali. L’onore è toccato a John Legend e a Common. Ma più che al loro pezzo “Glory”, il riconoscimento sembra essere un premio di consolazione al nominatissimo e trascuratissimo “Selma”, che si pensava potesse essere la grande rivelazione dell’anno e ora parte azzoppato per la corsa agli Oscar.
Miglior colonna sonora originale
Alexandre Desplat, The Imitation Game
Johann Johannsson, La teoria del tutto
Trent Reznor, Atticus Ross, Gone Girl – L’amore bugiardo
Antonio Sanchez, Birdman
Hans Zimmer, Interstellar
Johann Johannsson è un professionista di solido mestiere e, per di più, in rapida ascesa. Nessuna sorpresa quindi che le composizioni del romantico “La teoria del tutto” abbiano battuto il lavoro di veterani come Hans Zimmer e Alexandre Desplat. Agli Oscar però potrebbero preferirgli comunque colleghi più affermati (anche commercialmente) come Trent Reznor e Atticus Ross, autori dell’efficace commento musicale di “Gone Girl”.
Qui potete trovare i commenti ai premi televisivi.
Stefano Guerini Rocco