Parla Wu Ming 1, nuovo traduttore di Stephen King, il Re, per la raccolta di quattro romanzi brevi in uscita il prossimo mese e intitolata Full dark, no stars. Ringrazio WM1 per avermi concesso la riproduzione del testo, per il quale vi rimando anche all’anteprima della quarta di copertina qui, sul sito di Giap.
“Sono reduce da un lungo tafferuglio, una lenta scaramuccia, una colluttazione durata sei mesi. Ho affrontato quattro novelle di Stephen King (in realtà tre romanzi brevi e un racconto lungo), cercando di rendere al meglio in italiano uno degli autori più “intraducibili” della letteratura nordamericana contemporanea. L’antologia si intitola Full Dark, No Stars e non è ancora uscita nemmeno negli USA. In questi mesi sono stato tra i pochi al mondo ad avere tra le mani la bozza rilegata. Prima ancora era una risma di fogli A4, con tanto di annotazioni autografe dell’autore e, su ciascun foglio, la scritta verticale grigia “RALPH M. VICINANZA” (l’agente di King scomparso da pochi giorni a causa di un aneurisma cerebrale, RIP).
In Italia il libro uscirà tra un mese con il titolo Notte buia, niente stelle, e già su questo ci sarebbe un aneddoto curioso, un “appunto di traduzione”, ma ne parleremo a novembre.
La traduzione, come rimarca Umberto Eco nel suo Dire quasi la stessa cosa (2003), è sempre negoziazione: «per ottenere qualcosa, si rinuncia a qualcosa d’altro – e alla fine le parti in gioco dovrebbero uscirne con un senso di ragionevole e reciproca soddisfazione alla luce dell’aureo principio per cui non si può avere tutto.» Tali “parti in gioco” sono numerose: il testo-fonte; la cultura in cui il testo è nato; il testo di arrivo; la cultura in cui verrà recepito; le consuetudini e norme redazionali della casa editrice; le aspettative dei lettori.
E qui c’è un nodo da sciogliere o da tagliare: per tanti anni, in Italia King ha avuto principalmente una voce, quella di Tullio Dobner.
Mi concedo un breve inciso. Si tende a scordarlo, ma un traduttore è un autore, perché deve re-inventare l’opera, ricostruirla dentro un nuovo sistema di simboli e riferimenti. Tradurre è un lavoro creativo, talvolta addirittura un evento fondante. Traducendo la Bibbia, Lutero forza la lingua, crea neologismi, inaugura registri; in pratica fonda il tedesco moderno. Ciascun traduttore, nel negoziare con le parti di cui sopra, compie scelte del tutto singolari: timbri, coloriture, connotazioni, spostamenti d’accento etc. Anche agendo col massimo rispetto per la “voce” dell’autore tradotto, ciascun traduttore valorizzerà risonanze diverse, perché ogni testo è polifonico, ogni testo è un’orchestrazione, e ogni traduttore ha un orecchio diverso.
Il mio orecchio è diverso da quello di Dobner. Eppure nella mia traduzione c’è anche Dobner, perché ho dovutonegoziare anche con lui, con le sue traduzioni. Spesso è accaduto in prima battuta, altre volte per l’indispensabile tramite degli editor di Sperling & Kupfer. Se un autore ha avuto per trent’anni quasi sempre la stessa “voce”, non si può non tenerne conto. Soprattutto se tutti i libri di quell’autore sono collegati tra loro da mille riferimenti, eclatanti o tra le righe. In un racconto dell’antologia c’è un riferimento esplicito al ciclo dellaTorre nera, viene pronunciata una certa frase, e ovviamente l’ho riproposta verbatim nella traduzione di Dobner. Idem per certe scelte sui toponimi di Derry, città in cui si svolgono alcune tra le più importanti storie kinghiane, e che viene menzionata in svariati altri libri.
Avrei tante cose da raccontare, appunti da socializzare, curiosità sul lavoro svolto, ma non è ancora il momento. Stiamo ancora correggendo le bozze. E poi ci sono degli spoiler. Ne riparliamo a fine novembre. Ma non vi lascio a becco asciutto. Ecco, in anteprima nazionale assoluta, la “quarta” del libro.
Buona attesa, e un sentito GRAZIE a FloraSol Accursio, Sara Cavana, Gianni Biondillo, Lara Manni. Non sono certo gli unici che devo ringraziare, ma ho i miei motivi per cominciare da loro.
O la va o la spacca.
O la va o la spacca.
O la va o la spacca.”