Ma n’do vai (se un gasatore non ce l’hai)

“Tesoro, ho un regalo per te. Lo so, non è ancora Natale ma così cominciamo ad acclimatarci.”

Tu sei sulla porta. Distrutta da una trasferta di lavoro in cui il letto ti ha visto per quattro ore. Hai un unico desiderio. Trovare un idromassaggio pronto magicamente incastonato al posto della doccia. E poi vagheggi il materasso, l’unica propaggine con cui desideri unirti. Lui ti fissa, con quello sguardo in bilico tra il vitreo e il bovino. Se avesse una coda comincerebbe a sbatterla da una parte all’altra. Poi, con la grazia di un ippopotamo in una stanza di uova di Fabergè, ti trascina per un braccio. Questa volta sei tu ad osservarlo. Pantaloni di felpa con presa d’aria nel backstage e un buco con la calza intorno.

La barba è di quattro giorni, Forse cinque. Le lenti degli occhiali trasformate in un campionario da laboratorio di impronte digitali. Mi sfilo le scarpe per una forma di pudore verso la moquette, ma mi accorgo che sul percorso sono disseminate nell’ordine. Guado una collinetta formata da un paio di jeans e scavalco una montagnetta formata da due camicie. Arrivo in cucina, ed è qui che lui mi benda gli occhi con le mani.
“Vedrai come ci cambierà la vita. Ogni giorno frizzante, a tua discrezione.”

Ragioni per esclusione. Il panettone ha una durata contingente al numero delle fette. Da escludersi a priori. Fai mente locale. Altre ipotesi? Se si trattasse di un libro non avrebbe utilizzato il termine frizzante. D’altronde da un uomo non ci si può aspettare la proprietà linguistica di una studentessa della Crusca. Pensi a quello che vorresti. Ti concentri. Ancora di più, fino a far convergere le energie del cosmo intero su quel puntino luminoso che è la cosa che desidereresti di più. Distrutta nello spirito e travolta dalla fatica di questa spremitura di meningi, realizzi che il pacchetto, intravisto attraverso le serrande delle dita di lui, non può contenere un oggetto incommensurabilmente piccolo. Arrampicandoti sugli specchi non smetti di illuderti e pensi a un sadico gioco di scatole cinesi. Ma allora perchè sulla carta del pacco, chiusa da uno spago per arrosto, riluce un’etichetta con su scritto Ferramenta Salgari, dal 1931 sulla punta del coltello? Realizzi. La nebbia che confondeva i tuoi retropensieri si dirada all’improvviso. Lui ti vuole stupire. Spingersi oltre i castelli di carta dell’inconscio. Depistarti e spiazzarti per farti trovare, all’interno della scatola di cartone certamente piena di polistirolo, quello che vorresti. La paresi che ha, al posto del sorriso, ne è conferma.

“Da oggi la nostra vita cambierà.”
Cerco di slegare lo spago. Voglio conservarlo come memento di questo momento epocale. Svesto la scatola facendo attenzione a non sgualcire la carta. Intravedo una scritta: “Chiare, frizzanti, dolci, acque.”

Non capisco. Procedo nella rimozione dell’involucro. Presa dalla foga strappo l’ultimo lembo di carta e libero l’ostaggio dal pacchetto. Dalla foschia a pericolosi banchi di nebbia in val padana.

“Ma cos’è? Una macchina per il caffè?”

“Acqua”, risponde lui.

Non ti sei avvicinata per niente. Vivisezioni l’oggetto misterioso certa che al suo interno troverai il segreto che desideri.

“Uno spremiagrumi a pulsante.”

“Acqua”, ribatte li.

Sono confusa.

“Abbiamo capito che sono in alto mare ma, appunto per questo, non potresti darmi un indizio?”

Per l’ennesima volta un desolante “Acqua” si libra tra televisore e madia. Cominci a spazientirti e procedi nella scomposizione dell’oggetto misterioso. Esame autoptico rilava nell’ordine: due bottiglie scambiate per errore in finto vetro soffiato di Murano e in realtà in vera plastica di Taiwan. Un filtro per il calcare, una brocca antigraffio e una bombola di anidride carbonica. Nessun vezzoso pacchetto azzurro nemmeno nel più recondito interstizio. Capisci e smetti di cercare. Il regalo è quel componibile di plastica che hai smontato tra le mani.

“Acqua frizzante, ogni giorno della nostra vita,” tiene a precisare. “Nella gioia e nel dolore, finchè bombola non ci separi,” aggiungi tu sottovoce. Lui non ti sente. E’ già alle prese con il filtro che posiziona all’interno della brocca. Si pizzica l’anulare. Invoca un santo. Lo interpreti come un segno del destino. In quella stanza mentre i primi fiocchi cominciano a danzare nei vetri della finestra, in compenso sei l’unica a pensarlo. Lui è lì, testa china, barba sfatta e pantalone con presa d’aria a smanettare su uno degli oggetti più bizzarri dell’era contemporanea. Assolutamente anacronistico e decontestualizzato rispetto al film che ti eri scritta. Eppure, solo ora, guardando oltre quella brocca antigraffio il cui filtro ti ricorda le sfere contenente neve finta della tua infanzia, capisci che è arrivato Natale e che, “in effetti, probabilmente, malgrado le apparenze,  lui ti piace. Da morire.” Forse, quasi di più di quella fetta di pandoro che stai per affondare nel barattolo da cinque chili di Nutella.

http://www.youtube.com/watch?v=TQ6yvQeyUFo

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5 Responses to “Ma n’do vai (se un gasatore non ce l’hai)”

  1. Marco says:

    Bello e tragicamente fantozziano per noi poveri uomini

  2. Anna Maria says:

    LOL! veramente eri avantissimo… ma è successo davvero?? :-D

    • bea says:

      Conoscendo l’interlocutore e chi scrive, cosa ne dici? ;) Adesso aspetto come minimo una fornitura di vari aromatizzanti da Sodastream L’hai provato il tea al limone? E’ così buono che sa di Coca Cola… ;)

  3. Giulia says:

    ….un po’ di ottimismo!!! Non sempre e’ cosi’!!!

  4. beabuozzi says:

    Hai ragione, Giulia, ci sono le eccezioni che confermano la regola. ;)

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