Primavera araba e porta di casa nostra…

Si resta sconcertati, e l’abbiamo già scritto più volte, di fronte agli accadimenti che han portato al crollo del regime della Repubblica Araba d’Egitto gestita a lungo dagli ufficiali che con Nasser avevano deposto re Faruq. Lo sconcerto nasce per via del fatto che tutto si svolge in circa un anno: dall’inizio delle prime proteste, alla deposizione di Mubarak ed ora a quella di Morsi primo presidente democraticamente eletto dell’Egitto dall’epoca della caduta della monarchia per il putsch dei militari capeggiati da Nasser. Come mai in questa parte del mondo arabo si sono verificati eventi così drammatici ed in così poco tempo? La storia ci aveva abituato ad un mondo, quello arabo-musulmano, scandito da istanti lenti. Invece, un’accelerazione infinita ha provocato il crollo d’un regime divenuto autocratico e fortemente accentrato nelle mani di una classe politica indubbiamente corrotta. Un’accento notevole è stata posta sulla repressione della Fratellanza Musulmana, ma questa si è verificata sia sotto Nasser che sotto Sadat e sotto lo stesso Mubarak: perché questa vera persecuzione? Ma ovviamente perché l’Egitto di fatto non è fondamentalista! L’ex-R.A.U. rappresenta un partner proiettato, a suo tempo, nella realtà dei blocchi della ex-Guerra Fredda (era più vicina all’URSS che non agli Usa) ed assurto a potenza pacificatrice dell’area mediorientale, vicina quindi agli USA, con il trattato Sadat-Begin e, ancor di più, con l’opposizione a Saddam Hussein nella Prima Guerra del Golfo. Si tratta di un Paese dunque che ha una sua immagine di porta aperta verso l’Occidente per quanto riguarda il Medio Oriente, ma è una porta sulla quale nessuno vuol scommettere. Giustamente vien fatto rilevare che si sta profilando una primavera araba vicino alla porta di casa nostra, ma è altrettanto vero che un’ondata di fondamentalismo assai pericoloso, perché vorrebbe paludarsi della bandiera della democrazia, sta sconvolgendo tutto il Nord Africa, in Tunisia, Algeria, Libia, Egitto e, più giù, nel Sudan e fino alla Nigeria con forme di opposizione non sempre politica ma anche fondata sul rifiuto dell’Occidente o della Religione Cristiana che si vorrebbe addirittura estirpare (ed è il caso della Nigeria). In Algeria e Tunisia dicono “…ci avete abbandonati…” ma chiaramente l’Occidente ha paura di contaminarsi di nuovo col terrorismo musulmano che ha colpito duramente una decade fa e questo perché esiste ormai una presenza araba in tutti i paesi europei e, come ho avuto modo di scrivere altrove, la paura del terrorismo alimenta la “globalizzazione dell’indifferenza” lamentata dal Santo Padre a Lampedusa. Dubito che uno stato islamico possa essere democratico: si tratta quasi di una contraddizione in termini! Dubito che senza una politica comune si possa sviluppare una strategia efficace atta a rendere possibile una stabilizzazione. E’ difficile fare una buona politica di sostegno che non si basi sull’interventismo, che alla fine finirebbe con l’essere militare soprattutto. Sicuramente, una politica di cooperazione con i governi del Nord Africa finalizzata a sostenere e sviluppare le economie di quei paesi potrebbe creare un duplice effetto positivo: business per chi lo propone e sviluppo ed occupazione per il Paese che lo riceve. Il problema, tuttavia, sta soprattutto nel fatto che non si può continuare a spostare la propria economia all’estero perché ciò si riflette sulla economia nazionale portando, come già è avvenuto in Italia, ad una pericolosa terziarizzazione dell’economia stessa che, nell’attuale crisi, porta a governare assai difficilmente lo sviluppo nazionale. Storicamente il Nord Africa ed il Vicino Oriente sono stati fino al secolo scorso unificati, da una parte, dall’Impero Ottomano che aveva dato una parvenza di controllo alle molteplici sfaccettature dell’universo arabo e musulmano, mentre dall’altra sono stati sotto il giogo francese. Dal primo la liberazione avvenne attraverso gli eventi che vanno dal 1911, guerra italo-turca, al 1918 con la caduta di Damasco dinanzi all’esercito anglo-arabo di Lawrence d’Arabia e la conseguente dissoluzione dell’Impero della Sublime Porta. Dal secondo, la rivolta di Algeri, l’OAS e il conseguente sfaldamento dei domini francesi, un po’ ovunque, portarono ad un’affrancazione nella quale alla fine non si è avuto lo sviluppo di un governo democratico fondato sulla piena sovranità nazionale. Da questo deriva che i paesi usciti dal colonialismo non riescono a trovare una loro dimensione democratica e prova ne è stata la Libia ove, alla lunga, neanche nell’autoritarismo di espressione islamica si è riusciti a trovare una stabilità. Tornando infine al fronte USA/UE mi sembra che i primi tentennino troppo sull’impiego dell’arma ONU mentre la seconda manca di quella coesione necessaria a sviluppare un’azione comune. D’altra parte la Francia e la Germania sono affamate di mercati ma vorrebbero gestirli da sole e l’UK è ancora e sempre di più agganciata ad un mito, assai poco europeo, di potenza mondiale con un Impero, il Commonwealth, dove ancora detta legge…

PersonaggiostoricodiRoma2

 

About storia

Ingegnere meccanico, dottore di ricerca in energetica, professore a contratto alla Facoltà di Ingegneria e alla I Facoltà di Architettura "L. Quaroni" dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", si occupa di studi di impatto ambientale, paesaggistici e urbanistici. Si interessa di letteratura, storia, disegno e fotografia.
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