mercoledì 27 ottobre 2010

Toccare il cielo con un dito

On September - 28 - 2010

Non per niente siamo il paese al mondo con la prossemica più sviluppata. Spesso evitiamo di incorrere in gaffes frenati da un’innata diplomazia e preferiamo chiedere conforto ad una barzelletta per frenare l’imbarazzo davanti al cospetto di un g8.

Il vocabolario italiano comprende così, un’appendice di meta-messaggi che servono, spesso, per l’interpretazione reale di ciò che su sta dicendo. Pensiamo al gesto dell’ombrello: la tradizione sarà britannica ma l’utilizzo che ne viene fatto nel paese della pasta, mafia e mandolino è inequivocabile. Stessa cosa dicasi per le corna di cui il matrimonio all’italiana ne è fiero paradigma. Strofinarsi le mani è indice di ghiottoneria e non serve essere dei profiler per capire il messaggio sotteso dietro il dito medio di undici metri innalzato nel cuore di Milano.

La domanda che molti si stanno facendo è, invece: chi la manda a dire a chi? L’artista alla finanza creativa oppure i brooker agli ingenui risparmiatori? O più semplicemente: non sarà lo stesso Cattelan a spedire a quel Paese il popolo bue che perde tempo dietro alle sue provocazioni? Vai a sapere. Certo è che venerdì scorso, a piazza Affari, c’era già una folla con il naso rivolto all’insù verso quel dito medio che svetta sullo sfondo della vecchia Borsa. Bello o brutto? Offensivo o ironico? Da sbaraccare tra 10 giorni come prevede la delibera di giunta, oppure da lasciare dove sta, per innamorarsene giorno per giorno?

Anche il sindaco Letizia Moratti sembra più aperta che mai a una soluzione. «Pur di accontentare Cattelan abbiamo modificato il progetto per tre volte, quindi l’artista (che ringrazio per i fiori) sarà contento. Prolungare l’esposizione? Per me va bene». Il suo predecessore Paolo Pillitteri era assessore alla Cultura quando, nell’autunno del 1970, gli artisti del Nouveau Realisme sconvolsero Milano con performance e installazioni tra cui l’impacchettamento della statua di Vittorio Emanuele da parte di Christo, o l’esplosione di un gigantesco fallo dorato da parte di Tinguely. «Erano altri tempi, per cui scandalizzarsi oggi mi sembra ridicolo. Alla Borsa sono imbarazzati? Figurarsi, loro possono tutt’al più addolorarsi se i titoli scendono, ma imbarazzarsi. Eppoi, diamine, la Borsa non è mica un santuario, si occupa solo dei soldi altrui. Se fossi ancora il sindaco lascerei lì la scultura, affidando il giudizio ai posteri».

A posteri l’ardua sentenza. O forse, più semplicemente, al loro Dow Jones.

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