I drammi del tempo, si dice troppo spesso concentrando in un unico stereotipo il ritratto della tentazione epidemica femminile. Femmine come delizie che popolano i governi, femmine come canne che anziché piegarsi al vento lo rivoltano in tempesta, femmine come intercettazioni che dimostrano il gioco delle parti. Qualche sera fa ho assistito a una messinscena dell’Otello dove si è volutamente dispersa qualsiasi contestualizzazione shakespeariana per far aderire il volto di Desdemona a un pavimento di tango. Riquadri scenici alla Vettriano, tavolini da milonga e fisarmoniche pronte a suggellare le dilatazioni più drammatiche. Un’esplicita dichiarazione che proverebbe a unire la morte del personaggio all’ossessione filmica di Bertolucci.
Nessun contatto, in realtà, tra le due versioni se non lo sgretolarsi di tutte quelle coperture, a parte e facciate da cui riesumare un briciolo di integrità morale appare una fatica impensabile e risolta con la violenza che uccide. La stanza di Brando e Schneider coltiva l’insistenza, il calco fisico che consuma, quanto la carne tonante di Otello si fa a pezzi in un soffio di maldicenze ben presenti alle nostre tragedie domestiche. E in quel sospetto elisabettiano passato di mano in mano i padroni che uccidono oggi in casa non affidano ad alcun Iago la responsabilità di una trama nascosta. Oggi più che mai è tanto suggestivo, quanto ferocemente inconsistente sopprimere il flagello di Desdemona in una danza. Poetico il suo arrestarsi nelle volute sensuali, ma improbabile da ammettersi se il confronto è con le altre di cui Desdemona stessa sembra portare il peso e rischiare a Shakespeare l’accusa di aver scritto un tragedia inferiore ad Amleto.
Le altre che non servono alla letteratura, ma al teatro per rendere la consistenza universale della realtà: le quattro pareti allora cadono inesorabilmente di fronte alla lista di vittime senza Iago, ma con Otello feroce di palmo e carnefice che imbratta le città con l’odio represso, che sfonda cassonetti in cui getta corpi femminili già martoriati. Perché non tentare questa strada? Perché non lasciare a Desdemona, per una volta, almeno l’ultima vera rabbia del male più vergognoso?
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Sapere grande il tuo, ma qui senti ancor prima di sapere. Grazie, a costo di essere ripetitiva. Grazie!
Grazie a te, come sempre e di cuore…