Abiurare la magia, il testamento finale, ultimo di Prospero. La scelta nell’ora della rinuncia.Non c’è altro abitante sull’isola dei linguaggi di terra e inganni di spirito che coinvolga di più il lettore scaraventandolo nei vortici sanguigni di Calibano. Nelle esecuzioni ferali dell’anima informe di Ariel. Non molti giorni fa, mi è capitato di assistere a una messinscena, l’ennesima che calcasse il taglio unico di Prospero per eliminare i sensi e gli ingorghi simbolici di un copione tra i più impervi. E sono finita in un clan di circensi felliniani e attori pirandelliani senza capo, né coda. L’ennesimo sfregio e facilità di abuso su un testo quasi sacro in teatro.
Eccoli in serie i tagli liberi e spregiudicati proprio dentro la magia. Le ferite ignare dei sipari sugli occhi da spalancare secondo i rintocchi di un maestro delle doppiezze sempre più reali e fantastiche, nitide e ottenebrate dell’uomo-attore-regista.
Riscrivo allora quell’abiura, la ricordo come tattica di mago appunto e vendetta esaurita nel canto solitario. Forse la rivoluzione araba dilagante attenderebbe quel segno, quel gesto di consegna prima che altri fondamentalismi avvampino. Ma si tratta di altre volontà, sovrannaturali e prossime al mondo in ascolto complice e indifferente insieme.
«Ora i miei incantesimi
Si sono tutti spenti
La forza che possiedo
È solo mia, ed è poca.
[…]
Non fatemi rimanere
Col vostro potere
In quest’isola nuda,
Ma scioglietemi da ogni legame
Con mani generose.
[…]
Ora mi mancano
Spiriti da comandare,
Arte per incantare
E la mia fine
È la disperazione.
A meno che
Non sia salvato dalla preghiera
Che va tanto a fondo
Da vincere la pietà
E liberare dal peccato.
Come voi per ogni colpa
Implorate il perdono,
Così la vostra indulgenza
Metta me in libertà».
Da La tempesta, W. Shakespeare
Giulia…questo blog è davvero speciale! ….
Grazie di cuore Daniele! Mi fa tanto piacere!