Nella storia di “Niente, tranne la pioggia”, come dicevo nel post precedente, la musica ha la sua importanza.
Oggi vi parlo di “Amico fragile”, del grande Fabrizio De André, canzone pubblicata nel 1975 in Volume 8, ottavo album della carriera del poeta genovese.
Lo stesso Faber disse « La canzone più importante che abbia mai scritto è forse “Amico fragile”, sicuramente quella che più mi appartiene. È un pezzo della mia vita: ho raccontato un artista che sa di essere utile agli altri, eppure fallisce il suo compito quando la gente non si rende più conto di avere bisogno degli artisti. »
La canzone è citata nel romanzo a proposito di Wil, uno dei personaggi principali. L’amicizia è il sentimento fondamentale per capire questo personaggio.
Cantata da tanti artisti, tra i quali Vasco Rossi, una versione memorabile è quella eseguita da Fabrizio nel mitico tour del 1979 con la PFM, storico gruppo del “prog” italiano. Con gli arrangiamenti PFM le canzoni di De André vissero una nuova vita. In particolare in “Amico fragile” è incredibile l’assolo di chitarra di Franco Mussida (chitarrista della PFM), lancinante, disperato, struggente, volento e tenero al tempo stesso. Un assolo degno di David Gilmour. Di questa versione non esiste un filmato purtroppo, ma a questo link potete sentirla bene.
Come video vi propongo una esecuzione successiva di De Andrè, a Roma, durante il suo ultimo tour prima della scomparsa, nel 1998.
Il testo della canzone è questo
Evaporato in una nuvola rossa
in una delle molte feritoie della notte
con un bisogno d’attenzione e d’amore
troppo, “Se mi vuoi bene piangi “
per essere corrisposti,
valeva la pena divertirvi le serate estive
con un semplicissimo “Mi ricordo”:
per osservarvi affittare un chilo d’erba
ai contadini in pensione e alle loro donne
e regalare a piene mani oceani
ed altre ed altre onde ai marinai in servizio,
fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli
senza rimpiangere la mia credulità:
perché già dalla prima trincea
ero più curioso di voi,
ero molto più curioso di voi.
E poi sorpreso dai vostri “Come sta”
meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci,
tipo “Come ti senti amico, amico fragile,
se vuoi potrò occuparmi un’ora al mese di te”
“Lo sa che io ho perduto due figli”
“Signora lei è una donna piuttosto distratta.”
E ancora ucciso dalla vostra cortesia
nell’ora in cui un mio sogno
ballerina di seconda fila,
agitava per chissà quale avvenire
il suo presente di seni enormi
e il suo cesareo fresco,
pensavo è bello che dove finiscono le mie dita
debba in qualche modo incominciare una chitarra.
E poi seduto in mezzo ai vostri arrivederci,
mi sentivo meno stanco di voi
ero molto meno stanco di voi.
Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta
fino a farle spalancarsi la bocca.
Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli
di parlare ancora male e ad alta voce di me.
Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo
con una scatola di legno che dicesse perderemo.
Potevo chiedere come si chiama il vostro cane
Il mio è un po’ di tempo che si chiama Libero.
Potevo assumere un cannibale al giorno
per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle.
Potevo attraversare litri e litri di corallo
per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci.
E mai che mi sia venuto in mente,
di essere più ubriaco di voi
di essere molto più ubriaco di voi.