Cari riflessivi compagni di viaggio … È ottobre, siamo pienamente immersi nella frenesia della routine quotidiana, il cartellino lavorativo che non perdona, la tintoria che chiude prima di uscire dal posto di lavoro, le scadenze delle bollette da pagare, le consegne da rispettare per non rischiare un licenziamento, specie di questi tempi, le corse per fare la spesa prima che il supermercato chiuda … numeri, numeri, minuti, secondi, giorni, caos.
Basta! Il mondo corre, ma io rallento, le metropoli accelerano come schegge impazzite verso una destinazione a loro sconosciuta e che forse nemmeno esiste, io sto qui, calma, rilassata, e assaporo il momento presente.
Un nuvoloso sabato di ottobre apre le porte della sua giornata alla quinta edizione dello YogaFestival. Inaspettatamente lo Superstudio Più di via Tortona a Milano che ospita il festival è pieno di gente! Siamo in tanti a voler riconquistare il nostro spazio, perlomeno quello interiore! Ci sono anche le folle di curiosi, ma forse le prime cose belle non nascono da una piccola scintilla di curiosità?
Ore 15.50. Entro nella Sala Yantra per sperimentare la pratica Satyananda, ovvero una serie di posture atte a liberare l’Energia, detta Shakti in sanscrito, secondo questo particolare metodo yoga, detto Satyananda.
Cominciamo. Siamo tutti uno vicino all’altro, vicinissimo, ci separano a malapena una decina di centimetri l’uno dall’altro. Siamo tutti qui riuniti sotto un’umile tendone bianco per lo stesso fine, siamo tutti in ascolto del Maestro, siamo tutti uguali. E siamo tanti. Più o meno, un centinaio di persone.
Tre respiri per salutare con l’Om cosmico, ad occhi chiusi. Ogni sequenza dinamica è conclusa da quattro-cinque respiri nella posizione di Shavasana, la posizione del cadavere, la posizione del rilassamento: supini a terra, con gli occhi chiusi, tutti i muscoli del corpo rilassati, i palmi delle mani rivolti verso l’alto, le punte dei piedi leggermente rivolte verso l’esterno. E respiriamo, secondo il nostro ritmo naturale. Ad ogni respiro i muscoli del corpo si rilassano sempre più come se volessero sprofondare nella Terra. Ci rilassiamo, e ci lasciamo andare.
Man mano che il tempo scorre, le pratiche dinamiche diventano sempre più difficili. Dalla difficoltà muscolare, quale che sia forza, equilibrio, capacità di rimanere in apnea, si passa alla difficoltà di concentrazione. Per esempio, l’esercizio del tirare un secchio immaginario pieno d’acqua può sembrare per niente impegnativo. Ma se si contraggono i muscoli dalla spalla alle punta delle dita come se il secchio contenesse 25 litri d’acqua, lo sforzo si sente fisicamente! Bisogna immaginarlo, bisogna immaginare che in quel preciso istante la nostra idea diventi realtà. I muscoli non possono sapere cosa sia vero e cosa no, loro ubbidiscono a un impulso che arriva dal cervello, basta che il cervello in quel momento dia tale impulso per realizzare quello che immagina che i muscoli compiono una fatica reale per sollevare questo secchio di 25 litri pieno fino all’orlo.
La lezione finisce con il saluto iniziale: tre respiri recitando l’Om cosmico.
Ore 17.50. Sala Mandala, al centro del Superstudio Più: si sperimenta l’Ananda Yoga, il fine ultimo è quello di ritrovare la felicità dentro se stessi. Molti curiosi si avvicinano e assistono a tutta la lezione. Il Maestro inizia con un canto, accompagnato dalle corde di una timida chitarra. Si crea un clima di gioia, di serenità, di Ananda. Seguono varie pratiche, anche durante questa lezione gli esercizi dinamici sono seguiti da istanti di respiro pranici: fisicamente immobili, rilassati, con gli occhi chiusi, mentalmente attivi, completamente concentrati.
La pratica procede con posizioni di apertura: i piedi saldamente ancorati a terra, il busto e il viso rivolti verso il cielo, il tutto tenendo la schiena dritta.
Gli esercizi diventano sempre più impegnativi: è necessario mantenere l’equilibrio, tutti i muscoli sono contratti, la posizione completa richiede di respirare col naso in maniera tranquilla, e di concentrarsi. Man mano che i minuti passano la concentrazione risulta quasi tangibile, prende forma, è un ente reale. Senza di essa non sarebbe possibile effettuare la posizione del triangolo con la schiena dritta e soprattutto mantenerla.
Il Maestro ricorda le parole di Paramahansa Yogananda. Più il mondo chiama verso l’esterno, più è necessario andare verso l’interno, verso se stessi, per trovare la felicità. Se non si parte da se stessi, è impensabile andare a cercare nel mondo la felicità come moderni cercatori d’oro.
Forse in questi tempi moderni è proprio vero, forse bisogna prendersi una pausa dalle frenesie e dai ritmi imposti della quotidianità, forse bisogna ripartire daccapo, da se stessi.
“Vivete soltanto nel presente, non nel futuro. Fate del vostro meglio oggi; non aspettate il domani”. Così scriveva il Maestro Paramahansa Yogananda sulle pagine del Self-Realization Magazine.