Nunchaku al cinema 7: primi Ottanta

I primi anni Ottanta vedono il fiorire del cinema marziale in ogni dove: il furore della Cina esplode in ogni forma espressiva e in ogni genere cinematografico. I nunchaku, quasi un simbolo di Bruce Lee, seguono l’onda.

Nel 1983 abbiamo una deliziosa commedia americana interpretata dal compianto John Candy. Il titolo, “Going Berserk”, si rifà a quell’esplosione di rabbia che rappresenta lo scontro finale nei film d’azione e il big final fight in quelli marziali.
Nel film il protagonista racconta di aver avuto velleità attoriali e, con un gruppo di amici, ha partecipato ad una infima produzione marziale. La presa in giro è deliziosa e, soprattutto, si avvale di comparse di tutto rispetto: John Candy così si ritrova a sbeffeggiare il cinema di Hong Kong al fianco di mostri sacri come James Lew e George Cheung! La scena di nunchaku, interpretata da Joe Flaherty truccato come un vecchio maestro cinese, è scontata: l’attore fa roteare l’arma per poi darsela in faccia…

Nel 1984 il fanta-horror “Fuga nell’incubo” (Dreamscape) presenta una scena da sturbo: il super-cattivo della storia – che entra negli incubi delle vittime per ucciderle – in tenuta ninja tira fuori dal nulla dei nunchaku fosforescenti che, fatti roteare, creano sfiziosi giochi di luce. Le tecniche usate sono di una semplicità estrema, roba che si insegna il primo giorno di corso, ma l’effetto scenico è innegabile.

Sempre nel 1984 il film-spazzatura di Hong Kong “Super Ninja” – arrivato in Italia addirittura in versione digitale, mentre tanti grandi film vengono dimenticati! – vede uno dei cattivi tirar fuori i nunchaku contro il protagonista, l’ottimo atleta Alexander Lou, il quale glieli toglie di mano… per non farci un fico secco, visto che probabilmente non sa usarli! È una scena di pochi secondi ma dimostra che l’arma è quasi imprescindibile in un film marziale.

Chiudiamo il giro tornando nel fanta-horror: il 1988 è l’anno di “Nightmare 4: il non risveglio” (The Dream Master). La protagonista, interpretata da Lisa Wilcox, si esercita nelle arti marziali per affrontare il perfido Freddy Krueger, e in una scena curiosa si esercita con il nunchaku. Dico “curiosa” perché la bionda attrice proprio non è capace di usare l’arma: quando viene ripresa di volto, muove malissimo i nunchaku, quando viene ripresa di spalle è un drago… perché in realtà è una palese controfigura :-P

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Warrior

Passione e grande spettacolo per una trama, però, eterea e inconcludente. Arrivato ad un pelo dall’essere un ottimo film, “Warrior” (2011) scritto e diretto da Gavin O’Connor è un buon film da prendere così come viene, con simpatiche scene di mma e un attore titanico ma con un grande rimpianto: poteva essere molto di più.

Qualcuno ha scritto che questo è il primo film a mostrare su grande schermo combattimenti di mixed martial arts: niente di più lontano dal vero. Quand’anche ignorassimo i cage fight movies anni Novanta (non si chiamava mma ma era la stessa identica cosa), quand’anche ignorassimo il bellissimo “Redbelt” (2008) di David Mamet o il giovanilistico duo “Never Back Down” (2008 e 2011), rimarrebbero i film massicciamente imperniati sull’mma – con comparsate di veri atleti – di e con Hector Echavarria, di cui più volte abbiamo parlato in questo blog.
Sicuramente il regista non voleva fare un film diretto ai fan marziali (malgrado l’mma negli Stati Uniti stia raggiungendo livelli da fanatismo, tanto da finire addirittura nei Simpson!) ma le storie fuori dal ring proprio non convincono, mentre le scene di combattimento sono girate in modo da far risultare la violenza, non la spettacolarità marziale.

Ripeto, “Warrior” è un buon film à la Rocky (sogno di riscatto – allenamento – amore – match finale), ma proprio per questo risulta tutto già visto, tutto scontatissimo, tutto ovvio e tutto banale. Al regista-sceneggiatore sarebbero bastate poche pennellate per fare qualcosa di diverso e invece propina la solita roba.
Dobbiamo credere che un professore di liceo, per mantenere l’alto stile di vita che non può mantenersi, torni ad infilare i guantoni dopo non si sa quanti anni e -ascoltando Beethoven – sfidi i più grandi campioni del mondo. Ragazzi, se era un filmetto marziale lo si accettava, ma da un film che si atteggia a blockbuster non me la bevo proprio!
C’è rivalita tra fratelli fondata sul nulla – beghe giovanili per cui al massimo non ci si fanno gli auguri di Natale – ed entrambi odiano il padre per qualcosa di assai vago che non giustifica assolutamente la loro cattiveria nei suoi confronti. Forse uno sceneggiatore migliore avrebbe trovato motivazioni un po’ più valide.

Al di là della trama pencolante, va segnalata l’interpretazione larger than life di Nick Nolte, l’unico vero attore del film. Bravissimo in un ruolo difficile (in quanto mal scritto): quella cara vecchia pellaccia di Nick ancora una volta gliel’ammolla di brutto ;-)
Le scene di mma sono tutte girate in modo preciso, come a dire “io non sono mica un filmaccio marziale, io sono roba seria e quindi evito accuratamente di fare bei combattimenti: ritraggo la realtà e la realtà è che è tutto incasinato sul ring”.

In chiusura, “Warrior” è un buon film che sicuramente consiglio, ma di sicuro se volete gustarvi film sulle mixed martia arts molto più belli – anche se più “ruspanti” e con meno risorse – recuperate quelli su citati ;-)

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Nunchaku al cinema 6: Enter Kosugi

Siamo negli anni Ottanta, la decade più negata della storia perché niente di così turpe è mai stato creato come in questi 10 anni! (Guardate come si vestono gli attori di questo periodo e capirete…)
Una piccola casa sconosciuta nel 1981 fa il colpaccio della vita: sente che nell’aria si parla di ninja (il romanzo “Ninja” di Eric Van Lustbader sta spopolando da un anno in tutto il mondo) e vuole tentare: nelle Filippine raggranella un gruppetto di attori poco costosi e tira su “L’invincibile Ninja” (Enter the Ninja): potrà oggi sembrarvi un filmetto da ridere, ma all’epoca cambiò il corso della cinematografia mondiale!

Non è questa la sede per scendere in merito a quanto veramente questo film abbia dato al genere marziale e quanto abbia influenzato il cinema a venire. Basti dire che mentre veniva proiettato in America, un produttore di Hong Kong in viaggio – Joseph Lai – entrò in un cinema per curiosità. «Ma piace ’sta roba?» si chiese «Noi a Hong Kong sappiamo farla meglio!» Tornò in patria, mise insieme un po’ di gente che passava lì per caso e diede vita al fenomeno dei ninja (trash) movies, che invasero il mondo (di spazzatura) e che con tutti i loro difetti fecero esplodere quella ninja mania che – mutatis mutandis – dura ancora oggi.

Tornando al tema del giorno, i titoli di testa si aprono con uno sconosciuto giapponese che esegue dei kata con vari tipi di arma: poteva mancare il nunchaku?
Quel signore all’epoca sconosciuto era il grande Sho Kosugi, l’unico vero ninja cinematografico – nel senso che è stato l’unico ad avere vere coscenze marziali – nonché mito assluto di tutti gli anni Ottanta. (Si spera che oggi suo figlio Kane, che vuole diventare attore, non faccia le pessime scelte del padre, che alla fin fine si è rovinato con filmacci di qualità davvero pessima.)

Kosugi non ha bisogno di controfigure (spesso è lui la controfigura!) e sa usare tanti tipi di armi con grande perizia: il nunchaku non gli piace, però, visto che nella sua carriera fa giusto un paio di comparsate.

Nell’episodio pilota del mitico telefilm “Master” (o Master Ninja o The Master) uno splendido Kosugi si batte contro il maestro ninja Lee Van Cleef (!!!!) e ad un certo punto fa una svirgolata di nunchaku. Poca roba, se li fa subito strappar via, ma intanto ci ha regalato un sogno ;-)

Vi lascio con i bellissimi titoli di testa de “L’invincibile ninja”, che si aprono proprio con la svirgolata di nunchaku: http://www.youtube.com/watch?v=bSziXmNKJMg

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Nunchaku al cinema 5: due salsicce!

È proprio vero quando si dice che alcune idee girano nell’aria finché non si materializzano contemporaneamente in punti diversi. (Spesso si tratta più semplicemente di plagio, ma vogliamo essere buoni ;-)
Il 17 dicembre 1976 usciva nelle sale statunitensi il film “La Pantera Rosa sfida l’ispettore Clouseau” – di cui abbiamo già parlato – con la celebre scena di nunchaku “umoristici”: il 16 dicembre 1976 usciva nei cinema di Hong Kong un capolavoro talmente indiscusso che in Italia si sta bene attenti a non distribuire: “The Private Eyes”, scritto, diretto e interpretato dal genio comico di Michael Hui.
Non reputo possibile che con un solo giorno di scarto il film americano possa aver rubacchiato dall’asiatico (come fin troppo spesso avviene): non ha comunque importanza, visto che le scene di nunchaku umoristiche sono diverse. Sono accomunate solo dall’idea di trasformare un’arma “seria” e terribile in qualcosa di… terribilmente divertente.

Come si vede dalla foto, usare due lunghe salsicce legate da uno spago a mo’ di nunchaku può forse oggi sembrare non così divertente o nuovo: ma nel 1976, quando il Maestro Lee era ancora un dio in terra (benché morto!) e il suo uso serio dei nunchaku era Bibbia, sfottere così platealmente un “oggetto sacro” era come infrangere un tabù. E la satira (teoricamente) a questo dovrebbe servire, ad infrangere i tabù. Michael Hui infranse uno dei tabù più inviolabili dell’epoca e il risultato fu una scena epocale che rimane tutt’oggi negli annali del cinema di Hong Kong.
Non ci credete?

Nel 1998 il decano Sammo Hung esportò nella televisione statunitense il format di Hong Kong con il telefilm “Martial Law” (tradotto in Italia in modo indecoroso e ignominioso con “Più forte, ragazzi”). Durante la serie combatte nei posti più incredibili e improbabili, ma quando nell’ottavo episodio si trova in una cucina… il grande Sammo (che da solo ha creato gran parte del cinema di Hong Kong) non può far altro che citare Michael Hui, prendere due salsicce ed usarle a mo’ di nunchaku!

Vorrei far ben capire il valore di questa citazione: è la montagna che cita il topolino! È come se girassero “Transporter 4” e citassero “Johnny English”!
Questo perché Hui ebbe una grande intuizione sia visiva che concettuale – la smitizzazione di un oggetto serio, come già faceva Chan quando nei suoi gongfupian usava oggetti tipici della cultura cinese in modi umoristici.

Non mi resta che lasciarvi con la scena dal film di Hui: attenzione all’accompagnamento musicale, che già di per sé è una miniera di citazioni! ^_^
http://www.youtube.com/watch?v=ZpLmOFT0Od8

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Nunchaku al cinema 4 – Il fantasma di Lee

Siamo nel 1977 (anche se alcune fonti riportano 1975) e la situazione per il cinema di Hong Kong è tragica: da una parte gli unici quattro film con Bruce Lee si vendono a secchiate e dall’altra… be’, dall’altra Bruce è morto! Come si fa a sfruttare un filone quando l’anima del filone non c’è più? La risposta è tanto semplice quanto incredibile: si prendono dei sosia!
Specifichiamo, però: malgrado in Italia tanta, troppa gente era convinta che fossero davvero film con Bruce Lee («tanto i cinesi so’ tutti uguali!»), in patria non cercavano di fare i furbi. Gli spettatori di Hong Kong (e spero di gran parte del resto del mondo) sapevano benissimo che si cercava di “resuscitare”, omaggiandolo, il loro idolo.

All’interno del filone “sosia di Bruce Lee” si fecero notare molti ottimi atleti-attori, il migliore dei quali rimane Ho Chung Tao, meglio noto come Bruce Li. Nel 1977 venne chiamato per un’operazione particolare: Yung chun ta hsiung, il cui titolo italiano è “Good Bye Bruce Lee!” (Attenti alla grafia, perché c’è un altro titolo simile.)
Il fatto è che nel ’73 il buon Bruce è morto lasciando incompiuto il suo ambizioso progetto Game of Death: ha girato alcune scene, preso appunti, scritto parte della sceneggiatura e fatto disegni… ma è tutto inutilizzabile per qualcosa di finito. Che fare con questo tesoro in un periodo in cui basta citare il nome del Maestro per vendere? Anche qui la risposta è semplice: rimaneggiare.
Attenzione: siamo ancora lontani da quel cestino della spazzatura chiamato “L’ultimo combattimento di Chen”, operazione truffaldina e disonesta fatta con lo zampino degli americani. “Good Bye Bruce Lee!” è un film onestissimo e, sebbene di pessima fattura, comunque un prodotto gradevole.

La trama vede Bruce Li come atleta. Piace a dei produttori che gli propongono un film (anche se non specificato, il film in questione è proprio Game of Death!), durante la lavorazione del quale la mafia cinese e criminali vari daranno al protagonista modo di mettere in pratica le conoscenze marziali di cui gode.
La scena che a noi più interessa è quella dove il buon Li esegue un “assolo di nunchaku” proprio come fa Lee nel suo Game of Death. Be’, non è che lo faccia uguale, né con la stessa bravura, ma di sicuro – non vi scandalizzate! – con più inventiva e fantasia del Maestro ;-)

Come si può vedere, malgrado i nunchaku siano bianchi e non gialli, la scena ricalca fedelmente il girato inedito (all’epoca) di Bruce.
Quasi quattro anni dopo la stessa operazione di rimaneggiamento venne trattata in modo pessimo dalla Golden Harvest, proprietaria dei film di Lee che certo non aveva gradito che la odiata concorrente Shaw Bras avesse praticamente spiattellato il contenuto di Game of Death: un sosia non dichiarato, sagome di cartone, foto attaccate agli specchi e altri mezzucci dozzinali furono impiegati per far finta che Lee fosse il vero protagonista dell’orribile “L’ultimo combattimento di Chen” di Robert Clouse.
Si salva solo una scelta del film: chiamare alle coreografie il geniale Sammo Hung. Visto che lui nel ’73 si fa prendere a sberle da Lee nell’incipit de “I 3 dell’Operazione Drago”, quale migliore omaggio per Sammo farsi prendere sberle da Robert Wall, che nel precedente film faceva Oharra?

Come si può vedere in questa immagine, Sammo non era nuovo alle citazioni Leeane. Nel 1978 scrive, dirige e interpreta un capolavoro assoluto e senza tempo: Enter the Fat Dragon, titolo-parodia di Lee in cui rielabora comicamente tutti i temi trattati dal Maestro nei suoi film. (E non manca un delizioso siparietto sulla produzione di un film con sosia di Lee!)
Sammo è un campagnolo che va in città e si imbatte nella solita malavita, da sbaragliare a colpi di kung fu. Parodie, situazioni comiche, geniali trovate di sceneggiatura fanno sì che questo film… rimarrà per sempre inedito in Italia!
Non manca una formidabile scena di nunchaku: ancora una volta tocca riconoscere che gli “allievi” di Bruce sono molto più bravi di lui :-P

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New Police Story stasera in TV

Continua l’incredibile e meraviglioso ciclo “Estremo Oriente” per cui RAI4 – un applauso, prego – presenta in chiaro e in prima serata (come non accadeva da almeno vent’anni – film d’azione e di arti marziali di altissima qualità provenienti dall’Asia.
Oggi, alle 21.10, è la volta di un durissimo noir marziale:”New Police Story“.

Diretto nel 2006 dal bravo Benny Chan, il film è una tappa fondamentale nel ciclo dell’ispettore Chan che l’attore Jackie Chan sta portando avanti dal 1985 ad oggi: ridotte al minimo le rocambolesche scene d’azione e rese più essenziali le coreografie marziali, Chan mostra un personaggio cupo e travagliato, distrutto dai sensi di colpa per non aver potuto evitare la morte della propria squadra, e insomma una versione molto più noir del solitamente “allegrotto” ispettore Chan che in altri film siamo stati abituati a vedere.

Daniel Wu, villain d’eccezione, rappresenta qui la nuova criminalità di oggi: non più sbandati o teppaglia, ma annoiati e frustrati figli di ricconi che non sanno far altro nella vita che delinquere per puro divertimento. Decisamente sono più “umani” i criminali per necessità…
Combattimenti pochi ma ottimi per un film che in realtà punta tutto sul poliziesco triste, in previsione di arrivare a Shinjuku Incident, splendido noir intensissimo, privo di marzialità, che in Italia è stato stupidamente battezzato “La vendetta del Dragone” (pur non essendoci né vendette né dragoni!).

Non mi resta che plaudire ancora all’iniziativa di RAI4, sperare che continui in eterno e salutare con il trailer dell’ottimo “New Police Story“: http://www.youtube.com/watch?v=04aaKOuyqB8

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Nunchaku al cinema 3: ora si ride!

Dopo apparizioni “serie” – come l’immagine qui sopra, presa dal film inedito “The Return of the Street Fighter” (1974) con il mito Sonny Chiba, dove però l’arma è giusto citata – il 1976 è l’anno in cui i nunchaku si trasformano in momento comico: è l’anno della Pantera Rosa.

Il 17 dicembre di quest’anno arriva nei cinema USA “La Pantera Rosa sfida l’ispettore Clouseau” (The Pink Panther Strikes Again) di Blake Edwards. Il nostro eroe interpretato da Peter Sellers ha un maggiordomo di nome Cato Fong, una chiara citazione del celebre Kato del telefilm Il Calabrone Verde. Questi (interpretato sin dal ’64 dall’anglo-coreano Burt Kwouk) gli tende regolarmente degli agguati per saggiarne le doti da guerriero, e il tutto finisce sempre con la totale distruzione della casa.

Nel film citato, Clouseau tira fuori un bel paio di nunchaku e comincia a farli volteggiare con una padronanze che non ci si aspetterebbe da un attore non-marziale.
Niente di eccezionale, intendiamoci, ma per essere un attore “normale”, tanto di cappello.

La scena è breve ma lo stesso segna un’epoca: da quel momento, il nunchaku non sarà solo un’arma fenomenale, ma anche una divertente trovata di scene spassosissime.
Ecco il filmato dell’intero scontro fra Clouseau e Cato: http://www.youtube.com/watch?v=OC5Ldo1DjGk&feature=related

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Di nuovo Ip Man stasera in TV

Torna Ip Man, stasera in TV (RAI4, ore 21.10), torna il mito e il cinema marziale di alta qualità.
Purtroppo non torna il sogno: “Ip Man 2” (2010) non supera la bellezza del primo film, né in realtà la eguaglia, ma merita assolutamente d’esser visto.

Dopo essere scappato dalla Cina in guerra, il nostro maestro di Wing Chun si trasferisce ad Hong Kong per aprire una propria scuola marziale: non ha pensato però che la città ne è stracolma, e che c’è una “mafia marziale” a cui sottostare.
Oltre che lo scontro fra scuole rivali – che al cinema si è visto fino alla nausea – c’è quello con l’Occidente. Un corrotto funzionario di polizia organizza un torneo di boxe con il campione Twister, che – fra boccacce e smorfie – riuscirà ad offendere sia i cinesi come popolo che come lottatori. La vendetta morale sarà durissima.
Ricordo che il pugile Twister è interpretato dal britannico Darren Shahlavi, che già sullo schermo ha combattuto contro Steven Seagal in “Born to Raise Hell” e contro Michael Jai White in “Tactical Force”.

Dalla postazione di coreografo dei combattimenti, il titanico Sammo Hung scende in campo anche come co-protagonista della storia, nel ruolo del maestro Hong. Vederlo di nuovo combattere contro Donnie Yen è un’emozione grandissima, ma lo stesso i due li preferivo di gran lunga in “SPL” (2005).

Arti marziali di gran qualità e un film fatto bene (anche se non un capolavoro): questa è la ricetta che la coraggiosa e lodevole RAI4 sta preparando, ogni martedì in prima serata. Non ci resta che battere le mani! ;-)

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K.G. – Karate Girl

È passato un altro anno, e c’è un altro film con la strepitosa Rina Takeda… e noi ce lo guardiamo!
K.G. – Karate Girl” (2011) è un film pessimo sotto quasi tutti i punti di vista: sceneggiatura ridicola, attori ridicolmente inetti, regia farraginosa… Perché vederlo? Perché per pochissimi minuti si possono vedere degli ottimi combattimenti di karate kyokushin, e non è assolutamente cosa da poco!

Va ricordato che non esiste film che mostri il karate vero: da Cina, Hong Kong e via dicendo arrivano solo varie forme di kung fu (anche quando millantano personaggi karateka), mentre il Giappone storicamente non è molto interessato a film che mostrino la sua arte marziale autoctona. Tutto cambia nel 2007 quando un film riscuote successo in tutto il mondo (tranne in Italia): “Kuro-Obi – Black Belt” ha il coraggio di mostrare vere tecniche di karate e combattimenti senza cavi eseguiti con quest’arte. Parte la mania e il protagonista del film – Tatsuya Naka, un dio in terra, un karateka di una bravura che spaventa, e non a caso nella realtà addestra i militari giapponesi! – viene chiamato a battezzare altri film che mostrino vero karate. “High Kick Girl” conferma Tatsuya come attore di mitologica bravura nel karate, e lancia Rina Takeda come karate girl

E infatti “K.G. – Karate Girl” è il nome di ‘sto filmaccio che in teoria dovrebbe confermare la Takeda ma che invece la seppellisce: è talmente brutto che quei pochissimi minuti di combattimenti non bastano a sollevarlo – e poi stavolta di karate c’è davvero pochissimo…
Bisogna poi dire che la qualità da “Kuro-Obi” del 2007 è calata tantissimo: da film cinematografici siamo finiti a filmini da amateur, girati con mezzi rudimentali. Va bene il basso budget, ma questa roba pare girata con la webcam…

La trama del film è inutile raccontarla: maestro cattivo, maestro buono, allieva brava, allieva cattiva, vendetta, amici come prima. Solita roba.
I combattimenti sono di qualità davvero inferiore ad “High Kick Girl”, oltre che più brevi – introdotti da lunghissime ed estenuanti sequenze drammaticamente inutili.

Insomma, una minchiata di film… ma Rina Takeda che combatte è uno spettacolo troppo bello per lasciarselo sfuggire ;-)

Ecco il trailer, con gli unici secondi di film che meritino davvero d’esser visti: http://www.youtube.com/watch?v=hNpjuyUvbYo

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Nunchaku al cinema 2

Seconda puntata dello speciale sulla mia arma preferita e di come è stata rappresentata al cinema.

L’ultima volta abbiamo lasciato Bruce Lee in ben due lavori del 1973, Enter the Dragon e l’incompiuto Game of Death, entrambi con scene di nunchaku: appena accennato nel primo, molto più sviluppato nel secondo. (Anche perché lì Bruce doveva vedersela con l’amico-allievo Dan Inosanto, esperto di escrima filippina che di nunchaku ne sa assai.)
Ecco un bellissimo filmato d’annata dove Dan mostra alcune tecniche base di nunchaku eseguite con le movenze tipiche delle arti marziali filippine:
http://www.youtube.com/watch?v=IoNY85MiSyY

Ci basta fare un piccolo salto al 1974: la mania di Bruce Lee ha invaso il mercato e Hong Kong o Taiwan non se la lasciavano certo scappare. Nel mare di film prodotti al volo e troppo spesso in modo dozzinale, troviamo “Chi dan hao han”, piccolo film taiwanese il cui protagonista Li Kun-chin viene truccato come Lee, e addirittura gli fanno indossare senza motivo il vestito bianco funebre che Bruce mostra durante l’apertura di “Dalla Cina con furore”.

In un film che sfacciatamente ripercorre i temi del maestro appena scomparso, non potevano mancare i nunchaku: contro dei cattivoni Chin-kun tira fuori dei rossissimi nunchaku e li usa sorprendentemente bene. Li fa roteare dappertutto… anche sotto l’inguine, dando vita ad una scena involontariamente umoristica!
Dove trovare questo film? In realtà il film “puro” è parecchio raro, ma ci viene in aiuto il fatto che nel 1996 gli USA si rendono conto che Jet Li è un nuovo action hero fenomenale, e così iniziano le operazioni farlocche. Mentre negli anni Settanta si copiava Lee, negli anni Novanta si copia Li!

Ecco quindi che nasce il ridicolo “Fist of Legend 2: Iron Bodyguards” in cui si prende il vecchio film taiwanese citato e vi si inseriscono sequenze girate all’uopo con un sosia di Li: Jet Le! (Anche piuttosto bravino, sebbene non somigli affatto a Li.)

Nel frattempo, tutti ormai conoscono e adorano Yang Tse, granitico culturista che dopo l’esplosivo successo del suo personaggio Bolo in Enter the Dragon, decise di prenderlo come nome d’arte: cioè Bolo Yeung.
Nel vecchio film taiwanese, Bolo riesce a strappare i nunchaku a Kung-chin… prova ad usare l’arma ma è veramente negato! Meglio ripiegare sulla sicurezza data dai suoi muscoloni ;-)

Alla prossima puntata.

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