I primi anni Ottanta vedono il fiorire del cinema marziale in ogni dove: il furore della Cina esplode in ogni forma espressiva e in ogni genere cinematografico. I nunchaku, quasi un simbolo di Bruce Lee, seguono l’onda.
Nel 1983 abbiamo una deliziosa commedia americana interpretata dal compianto John Candy. Il titolo, “Going Berserk”, si rifà a quell’esplosione di rabbia che rappresenta lo scontro finale nei film d’azione e il big final fight in quelli marziali.
Nel film il protagonista racconta di aver avuto velleità attoriali e, con un gruppo di amici, ha partecipato ad una infima produzione marziale. La presa in giro è deliziosa e, soprattutto, si avvale di comparse di tutto rispetto: John Candy così si ritrova a sbeffeggiare il cinema di Hong Kong al fianco di mostri sacri come James Lew e George Cheung! La scena di nunchaku, interpretata da Joe Flaherty truccato come un vecchio maestro cinese, è scontata: l’attore fa roteare l’arma per poi darsela in faccia…
Nel 1984 il fanta-horror “Fuga nell’incubo” (Dreamscape) presenta una scena da sturbo: il super-cattivo della storia – che entra negli incubi delle vittime per ucciderle – in tenuta ninja tira fuori dal nulla dei nunchaku fosforescenti che, fatti roteare, creano sfiziosi giochi di luce. Le tecniche usate sono di una semplicità estrema, roba che si insegna il primo giorno di corso, ma l’effetto scenico è innegabile.
Sempre nel 1984 il film-spazzatura di Hong Kong “Super Ninja” – arrivato in Italia addirittura in versione digitale, mentre tanti grandi film vengono dimenticati! – vede uno dei cattivi tirar fuori i nunchaku contro il protagonista, l’ottimo atleta Alexander Lou, il quale glieli toglie di mano… per non farci un fico secco, visto che probabilmente non sa usarli! È una scena di pochi secondi ma dimostra che l’arma è quasi imprescindibile in un film marziale.
Chiudiamo il giro tornando nel fanta-horror: il 1988 è l’anno di “Nightmare 4: il non risveglio” (The Dream Master). La protagonista, interpretata da Lisa Wilcox, si esercita nelle arti marziali per affrontare il perfido Freddy Krueger, e in una scena curiosa si esercita con il nunchaku. Dico “curiosa” perché la bionda attrice proprio non è capace di usare l’arma: quando viene ripresa di volto, muove malissimo i nunchaku, quando viene ripresa di spalle è un drago… perché in realtà è una palese controfigura ![]()


Ripeto, “Warrior” è un buon film à la Rocky (sogno di riscatto – allenamento – amore – match finale), ma proprio per questo risulta tutto già visto, tutto scontatissimo, tutto ovvio e tutto banale. Al regista-sceneggiatore sarebbero bastate poche pennellate per fare qualcosa di diverso e invece propina la solita roba.
Al di là della trama pencolante, va segnalata l’interpretazione larger than life di Nick Nolte, l’unico vero attore del film. Bravissimo in un ruolo difficile (in quanto mal scritto): quella cara vecchia pellaccia di Nick ancora una volta gliel’ammolla di brutto
Siamo negli anni Ottanta, la decade più negata della storia perché niente di così turpe è mai stato creato come in questi 10 anni! (Guardate come si vestono gli attori di questo periodo e capirete…)
Tornando al tema del giorno, i titoli di testa si aprono con uno sconosciuto giapponese che esegue dei kata con vari tipi di arma: poteva mancare il nunchaku?
Nell’episodio pilota del mitico telefilm “Master” (o Master Ninja o The Master) uno splendido Kosugi si batte contro il maestro ninja Lee Van Cleef (!!!!) e ad un certo punto fa una svirgolata di nunchaku. Poca roba, se li fa subito strappar via, ma intanto ci ha regalato un sogno
È proprio vero quando si dice che alcune idee girano nell’aria finché non si materializzano contemporaneamente in punti diversi. (Spesso si tratta più semplicemente di plagio, ma vogliamo essere buoni
Come si vede dalla foto, usare due lunghe salsicce legate da uno spago a mo’ di nunchaku può forse oggi sembrare non così divertente o nuovo: ma nel 1976, quando il Maestro Lee era ancora un dio in terra (benché morto!) e il suo uso serio dei nunchaku era Bibbia, sfottere così platealmente un “oggetto sacro” era come infrangere un tabù. E la satira (teoricamente) a questo dovrebbe servire, ad infrangere i tabù. Michael Hui infranse uno dei tabù più inviolabili dell’epoca e il risultato fu una scena epocale che rimane tutt’oggi negli annali del cinema di Hong Kong.
Vorrei far ben capire il valore di questa citazione: è la montagna che cita il topolino! È come se girassero “Transporter 4” e citassero “Johnny English”!
Siamo nel 1977 (anche se alcune fonti riportano 1975) e la situazione per il cinema di Hong Kong è tragica: da una parte gli unici quattro film con Bruce Lee si vendono a secchiate e dall’altra… be’, dall’altra Bruce è morto! Come si fa a sfruttare un filone quando l’anima del filone non c’è più? La risposta è tanto semplice quanto incredibile: si prendono dei sosia!
Come si può vedere, malgrado i nunchaku siano bianchi e non gialli, la scena ricalca fedelmente il girato inedito (all’epoca) di Bruce.
Come si può vedere in questa immagine, Sammo non era nuovo alle citazioni Leeane. Nel 1978 scrive, dirige e interpreta un capolavoro assoluto e senza tempo: Enter the Fat Dragon, titolo-parodia di Lee in cui rielabora comicamente tutti i temi trattati dal Maestro nei suoi film. (E non manca un delizioso siparietto sulla produzione di un film con sosia di Lee!)
Continua l’incredibile e meraviglioso ciclo “Estremo Oriente” per cui RAI4 – un applauso, prego – presenta in chiaro e in prima serata (come non accadeva da almeno vent’anni – film d’azione e di arti marziali di altissima qualità provenienti dall’Asia.
Daniel Wu, villain d’eccezione, rappresenta qui la nuova criminalità di oggi: non più sbandati o teppaglia, ma annoiati e frustrati figli di ricconi che non sanno far altro nella vita che delinquere per puro divertimento. Decisamente sono più “umani” i criminali per necessità…
Dopo apparizioni “serie” – come l’immagine qui sopra, presa dal film inedito “The Return of the Street Fighter” (1974) con il mito Sonny Chiba, dove però l’arma è giusto citata – il 1976 è l’anno in cui i nunchaku si trasformano in momento comico: è l’anno della Pantera Rosa.
Nel film citato, Clouseau tira fuori un bel paio di nunchaku e comincia a farli volteggiare con una padronanze che non ci si aspetterebbe da un attore non-marziale.
Torna Ip Man, stasera in TV (RAI4, ore 21.10), torna il mito e il cinema marziale di alta qualità.
Dalla postazione di coreografo dei combattimenti, il titanico Sammo Hung scende in campo anche come co-protagonista della storia, nel ruolo del maestro Hong. Vederlo di nuovo combattere contro Donnie Yen è un’emozione grandissima, ma lo stesso i due li preferivo di gran lunga in “SPL” (2005).
Arti marziali di gran qualità e un film fatto bene (anche se non un capolavoro): questa è la ricetta che la coraggiosa e lodevole RAI4 sta preparando, ogni martedì in prima serata. Non ci resta che battere le mani!
È passato un altro anno, e c’è un altro film con la strepitosa Rina Takeda… e noi ce lo guardiamo!
E infatti “K.G. – Karate Girl” è il nome di ‘sto filmaccio che in teoria dovrebbe confermare la Takeda ma che invece la seppellisce: è talmente brutto che quei pochissimi minuti di combattimenti non bastano a sollevarlo – e poi stavolta di karate c’è davvero pochissimo…
Insomma, una minchiata di film… ma Rina Takeda che combatte è uno spettacolo troppo bello per lasciarselo sfuggire
Seconda puntata dello speciale sulla mia arma preferita e di come è stata rappresentata al cinema.
Ci basta fare un piccolo salto al 1974: la mania di Bruce Lee ha invaso il mercato e Hong Kong o Taiwan non se la lasciavano certo scappare. Nel mare di film prodotti al volo e troppo spesso in modo dozzinale, troviamo “Chi dan hao han”, piccolo film taiwanese il cui protagonista Li Kun-chin viene truccato come Lee, e addirittura gli fanno indossare senza motivo il vestito bianco funebre che Bruce mostra durante l’apertura di “Dalla Cina con furore”.
In un film che sfacciatamente ripercorre i temi del maestro appena scomparso, non potevano mancare i nunchaku: contro dei cattivoni Chin-kun tira fuori dei rossissimi nunchaku e li usa sorprendentemente bene. Li fa roteare dappertutto… anche sotto l’inguine, dando vita ad una scena involontariamente umoristica!
Nel frattempo, tutti ormai conoscono e adorano Yang Tse, granitico culturista che dopo l’esplosivo successo del suo personaggio Bolo in Enter the Dragon, decise di prenderlo come nome d’arte: cioè Bolo Yeung.