Nunchaku al cinema 12: Yukari Oshima

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È difficile parlare della Diva incontrastata delle cinema marziale al femminile solamente per l’aspetto dei nunchaku, poco presenti nella sua produzione: vorrà dire che dell’artista marziale se ne riparlerà più avanti, in solitaria.
Yukari Oshima – che per un breve periodo si è fatta chiamare anche Cynthia Luster – è della scuola di Sonny Chiba e quindi è tosta come legno e fa male come acciaio (o viceversa!). Dopo alcune piccole parti, nel 1987 due film contemporanei la lanciano nel Gotha dei più grandi attori marziali di sempre: “A Book of Heroes” e “Iron Angels”. (Quest’ultimo pare sia uscito in Italia come “Gli angeli della morte”, ma è da prendere con le molle: titoli italiani e cinesi del periodo sono in preda al panico più totale.)
Ma prima di tutto, la Oshima aveva debuttato in un ruolo microscopico in una serie giapponese per l’infanzia… con tanto di nunchaku!

Bioman” (Chodenshi Baioman, 1984) appartiene a quel genere di minchiate tipo Power Rangers che all’epoca fioccavano come pustole sull’appestato cinema per l’infanzia. Tantissime serie arrivarono anche in Italia, ma è difficile stabilire se anche questa l’ha fatto. Fra i ridicoli cattivoni di gomma vestiti c’era Farrah’s Cat, la “gatta” (cioè la cattiva) della super-cattiva Farrah: ed era una giovanissima Yukari Oshima con tanto di tutina.
Nella sua primissima apparizione sfoggia tanto di nunchaku, sebbene il loro uso è abbastanza approssimativo.

Per ritrovarla con simi-nunchaku, dobbiamo aspettare “The Outlaw Brothers” (1990) dove usa una striscia di stoffa a mo’ di nunchaku, in una scena che merita di essere gustata per intero: http://www.youtube.com/watch?v=DzCM6zSngkQ

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Coweb: la furia della Mongolia

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Lu Xia Jiang è una nuova ruspante promessa del cinema marziale di Hong Kong, e con un volto e un’espressione che ricordano la titanica Yukari Oshima (con le dovute proporzioni), c’è da ben sperare nel futuro.
Nata nel 1986 a Tongliao (Mongolia cinese), la Jiang si fa notare per il gran numero di traguardi agonistici raggiunti: fra le altre cose, è stata campionessa nazionale di Wushu nello stile Shaolin-quan, prima che un infortunio le precluda la possibilità di entrare nella Nazione di Wushu. Entra nel mondo digitale quando diventa allenatrice capo del programma “Practical Ladies Self-Defense” su CCTV.com. Esperta di molti stili marziali, comincia a pubblicare su un suo blog dei video che la ritraggono in azione, firmandosi Kitty Darling (o, secondo altre fonti, Mao Er Bao Bei): nel 2007 questi video superano i 4 milioni di visite e i media cominciano ad interessarsi alla ragazza.

«Una volta una compagna di scuola propose il mio nome per fare la controfigura di Jing Jing Guo per uno spot televisivo – racconta la ragazza in un’intervista a Wu-jing.org. – C’era da cadere da dieci metri su dei cartoni: pensai che potevo guadagnarci qualche soldo e accettai.» Il regista di quello spot è il grande Xin Xin Xiong, amico e attore feticcio di Tsui Hark. «Mi chiese se sapevo cadere da grandi altezze: gli risposi che non l’avevo mai fatto ma che ero disposta a provarci.» Il regista mette alla prova la ragazza sempre di più, finché alla fine capisce di avere per le mani una nuova leva. Un film, soprattutto a Hong Kong, non si nega a nessuno: nel 2009 nasce così “Coweb” (Zhang wu shuang), legato al mondo digitale anche per sfruttare la fama che lì gode la giovane protagonista.

Xin Xin Xiong cuce addosso alla ragazza un film fatto su misura: forse rozzo, forse di grana troppo grossa, di sicuro non un film che si ricorderà, ma comunque dell’ottimo intrattenimento marziale.
L’uso costante, ossessivo e invasivo del wirework – i cavi che fanno volare gli attori, usanza quasi obbligatoria ad Hong Kong – non permettono di capire le reali qualità atletiche di Lu Xia Jiang, ma pare ben chiaro che ci troviamo di fronte alla classica dicotomia: una vera atleta che però non riesce a rendere al meglio la sua bravura su schermo.
Xin Xin Xiong è un geniale coreografo, ma qui sinceramente esagera troppo con gli “svolazzi”, sebbene sia la sua firma: è che con gli stunt sensazionali provenienti dalla Thailandia, attori che volano con i fili spezzano la “magia” delle scene d’azione.

Nella foto qui sopra vedete (da destra) il coreografo-regista Xin Xin Xiong, la protagonista Lu Xia Jiang e un villain di altissimo livello: Kane Kosugi, figlio di cotanto padre Sho.
Il sangue non è acqua, e Kane è cresciuto a pane e ninjutsu sin dalla culla: però non sembra avere le stesse occasioni del padre e, sebbene esordisca negli anni Ottanta, ancora non ha ricoperto altro che ruoli molto secondari. Lo scontro finale è ovviamente da leccarsi i baffi.

Concludendo, “Coweb” è un film grezzo e con molte pecche. Non sarà ricordato fra i capolavori del genere, ma avrà sempre l’invidiabile merito di aver lanciato Lu Xia Liang, attrice che – ne sono più che convinto – incontreremo ancora e ancora.
Ecco il trailer: http://www.youtube.com/watch?v=e_8ahC_D7LU

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Nunchaku al cinema 11: donne 1

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Ancora non è il momento di approdare agli anni Novanta, perché la golden age del nunchaku al cinema è ancora da vagliare bene.
Per esempio rischiavamo di dimenticare la bellissima Cynthia Khan (Yang Li-tsing) che usa due chiavi inglese a mo’ di nunchaku nello splendido “In the Line of Duty 4” (1989), che vantava un Donnie Yen in ascesa come coprotagonista. Un classico poliziesco moderno di Hong Kong con tanti combattimenti, umorismo e stunt acrobatici. Il secondo episodio della serie, meglio conosciuto come semplicemente “Yes, Madam”, segna l’enorme successo asiatico di Michelle Yeoh e Cynthia Rothrock: una volta scelta la giovane ballerina Yang Li-tsing come protagonista della serie, per il nome d’arte si è pensato di fondere i nomi delle due celebri attrici: Cynthia Khan! (All’epoca Michelle Yeoh aveva provato a rilanciarsi Michelle Khan)

Sempre nel 1989 la altrettanto bella Moon Lee fa sognare i fan del nunchaku in una scena epica del film “Iron Angels 3” di Stanley Tong. Una poliziotta in un’operazione sotto copertura che dovrà vedersela con eserciti di cattivoni.
Originaria di Hong Kong, Moon Lee viene spesso abbinata al genere Girls With Guns ma era impareggiabile in quello semplicemente marziale. Dopo essere stata un’icona dei film d’azione, negli anni Novanta ha fondato una propria scuola di danza e, riscosso molto successo, vi si è dedicata abbandonando il cinema.

Facciamo un bel salto volante all’indietro e torniamo al 1974, quando il deflagrante successo dei film di Sonny Chiba della serie Street Fighter fanno nascere “Sister Street Fighter” che, al contrario di tutti gli altri titoli, arriva anche in Italia: “I due che spezzarono il racket”.
Dal ’74 al ’76, con Sonny Chiba come “padrino” soltanto nel primo titolo, vengono alla luce un totale di quattro film sulla violentissima sreet fighter al femminile interpretata dalla stupenda e bravissima Etsuko Shihomi.

Come si può vedere nella sequenza fotografica in alto, nei titoli del primo film della serie la donna usa un nunchaku, mentre nel secondo… giustamente due! L’iconografia relativa all’attrice giapponese spesso e volentieri la vede impugnare la fenomenale arma, in cui era incredibilmente brava (molto di più di tanti altri colleghi maschi che in realtà ne avevano giusto una veloce infarinatura).
Originaria di Okayama, la Shihomi faceva parte del “Japan Action Club” di Sonny Chiba e grazie a questo ha potuto interpretare alcuni film culto fra gli anni Settanta e Ottanta, prima di ritirarsi a vita privata una volta convolata a nozze.

Ci sarebbe da parlare della titanica Yukari Oshima… ma queta è un’altra storia…

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Bangkok Knockout

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Immaginate il meglio dell’azione Made in Thailandia, immaginate un esercito dei migliori stuntman marziali che si massacrano in video, immaginate acrobazie al limite delle possibilità umane: non c’è bisogno di immaginare tutto questo, perché esiste già e si chiama “Bangkok Knockout” (โคตรสู้ โคตรโส, Koht Soo Koht Soh, 2010).
Potreste rispondermi che immaginate anche un film con una storia e una sceneggiatura, ma non siate ingordi: qui c’è solo azione! 😉
Il genio incontrastato delle arti marziali cinematografiche thailandesi, Panna Rittikrai, produce e dirige un film che in pratica è un lungo “saggio di fine anno” per i migliori allievi della sua scuola di stuntman.

Il film si apre con dei provini per un ruolo di stuntman ad Hollywood: già solo la parola fa brillare gli occhi dei giovanotti di Bangkok. A presiedere il tutto c’è Patrick Tang detto Kazu, fenomenale stuntman con sangue francese nelle vene che è stato bravissimo coprotagonista di “Raging Phoenix” al fianco della brava JeeJa Yanin. Il provino dura 10 secondi, mettendo in atto un “gioco” rubato di netto dalla scuola di Jackie Chan per stuntman – e visibile nel documentario “Jackie Chan: All My Stunts”.

Ma quello era solo una facciata: il gruppo di stuntman (proveniente da una stessa palestra) si ritrova in realtà in ostaggio nelle mani di un bieco americano (il farang, lo straniero cattivo che sfrutta i thai) il quale ha organizzato un giro di scommesse illegali. I giovani saranno costretti a vari scontri senza esclusione di colpi, sul cui risultato gli amici del farang scommetteranno grosse cifre.
Su questa trama esile come un filo di seta, si sviluppa un film che altro non è se non un’inarrestabile susseguirsi di stunt fenomenali, fino ad arrivare al titanico scontro finale “tutti contro tutti” e al successivo scontro con il super-cattivo: Panna Rittikrai in persona!

Si può definire “Bangkok Knockout” della vera e propria “pornografia marziale”? Penso proprio di sì: anche “Born to Fight” era servito a Rittikrai per mostrare i propri allievi e per lanciare il suo pupillo David Chiang (oscurato in seguito da Tony Jaa), ma almeno un minimo di storia si era cercato di inventarla!
Questo film invece è da vedere per le singole parti, non per l’insieme: per i più incredibili stunt della storia del cinema e per le tecniche di arti marziali più miste (stupendi mix di capoeira, kung fu e muay thai!)

Da segnalare gli stunt finali eseguiti su un tir in corsa e soprattutto le (immotivate) citazioni dal film “Death Race” (2008), con tanto di auto ricreata e di… Frankenstein!

Ecco il trailer: http://www.youtube.com/watch?v=xjuxIbxV8Mk

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Nunchaku al cinema 10: rimasugli

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Prima di tuffarci nei roboanti anni Novanta, ci sono alcune citazioni di nunchaku da presentare.
Come si vede dalla foto qui sopra, il primo titolo è un grande classico: “L’ira del Drago colpisce anche l’Occidente” (Yan bao fu / Bruce Le’s Greatest Revenge, 1978). Qui il bravo Bruce Le (al secolo, Liang Chien-lung) dà ancora una volta vita ad un clone di Bruce: va comunque sottolineato che in patria sapevano bene che erano dei sosia… non si può dire lo stesso in Italia!
In questo divertente film, che rimaneggia tutti i temi cari a Bruce, il protagonista si ritrova per brevissime scene ad usare i nunchaku, arma che chiaramente non ama e che molla subito. D’altronde, contro il granitico Bolo Yeung nulla può neanche il nunchaku 😀

Rimaniamo nel 1978 con “Heroes of the East” (Zhong hua zhang fu), delizioso capolavoro di Liu Chia-liang con protagonista il fratello adottivo Gordon Liu. Questi sposa una giovane giapponese e subito il conflitto con la cultura cinese è devastante. Alla fine, per un malinteso, i parenti della donna si presentano a casa del cinese per salvare l’onore delle arti marziali del Sol Levante, in una rutilante serie di combattimenti.
Fra i combattenti giapponesei ce n’è uno che con la destra fa volteggiare i nunchaku e con la sinistra usa i tonfa: ingordo! Gordon Liu dovrà sistemarlo a suon di nunchaku a tre sezioni (arma che vedrà uno speciale a parte).

Nel 1985 è la volta dello scintillante capolavoro “L’ultimo drago” (The Last Dragon) di Michael Schultz, parodia del blackspoitation e fra i film marziali più divertenti di sempre, oltre che autentico cult insuperato.
Uno degli allievi del protagonista è un giovane sinoamericano di nome Johnny Yu (interpretato dal giovane e sconosciuto Glen Eaton, che prometteva bene ma è scomparso dal mondo del cinema). Nel grande combattimento finale Yu tira fuori anche dei nunchaku in una breve scena.

Altre citazioni ci saranno, ma per ora diciamo che abbiamo esaurito anche gli anni Ottanta: ora tocca ai Novanta, con tante sorprese.

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Fight in the Market

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Ho fatto una piccola Top Five di scene di combattimento filmiche che si svolgono in un supermarket (o drugstore o come li chiamano gli americani). È una location molto amata da tutto il cinema d’azione, perché permette di far cadere tanta roba in terra, di far atterrare gli stuntman sul morbido (tipo rotoloni scottex!) e di fare tanta caciara che in video rende bene.

Nel video “Fight in the Market” (il cui link trovate qui sotto, a fine testo) troverete, in ordine cronologico e NON di apprezzamento:

1) Steven Seagal in “Duro da uccidere” (Hard to Kill, 1990)
Ancora ad inizi carriera e con la speranza di diventare qualcosa di diverso da ciò che in realtà è diventato, il caro vecchio Seagal fa sfoggio di quelle che saranno le uniche mosse che a quanto pare conosce, ripetute fino allo sfinimento nei suoi successivi film.

2) Jackie Chan in “Terremoto nel Bronx” (Rumble in the Bronx, 1995)
Dopo averci provato con “Chi tocca il giallo muore” e “The Protector”, finalmente Jackie riesce a conquistare gli USA con questo film che è praticamente un bignami del suo stile. Nel ruolo della proprietaria del supermarket c’è la bellissima e compianta Anita Mui.

3) Phillip Rhee in “Legge marziale” (Best of the Best 4: Without Warning, 1998)
Vi prego di apprezzare questa sequenza, perché il film è una chicca rarissima: è presa dalla VHS originale, una delle rare tracce lasciate da questo film nel suo passaggio-lampo in Italia. Visto che è il quarto episodio della serie Best of the Best, ne parlerò nel ciclo che qui sto curando.

4) Tony Jaa in “La mia super guardia del corpo” (The Bodyguard, 2004)
Strepitosa comparsata del grande Tony in questa divertente commedia del suo “maestro” Panna Rittikrai. Il protagonista, Petchtai Wongkamlao, è un comico molto apprezzato in Thailandia, oltre che spalla di Tony nei suoi primi due film.

5) Steve Austin in “Tactical Force” (2011)
Inedito in Italia, è un piccolo film d’azione del tutto dimenticabile se non fosse per la presenza del bravo ex wrestler Steve Austin e del granitico e larger than life Micheal Jai White. L’inserimento di questa scena è, diciamo, un omaggio al wrestling 😉

Ecco infine il link: http://vimeo.com/34560748

Enjoy 🙂

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Nunchaku al cinema 9: TMNT

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Il nunchaku è l’arma di Michelangelo, una di quelle Tartarughe Ninja (Teenage Mutant Ninja Turtles, per amici TMNT) il cui successo desta ancora infinito stupore in me. Ho cercato, nel corso degli anni, di vedere la marea di roba che è stata prodotta su questi strani personaggi, ma il fastidio è davvero tanto: perché dare loro armi che NON usano, perché chiamarli ninja che NON sono, perché scimmiottare arti marziali che NON usano?
Lo so, lo so, è un prodotto americano e gli americani non possono mostrare violenza nei prodotti per l’infanzia (bojata assurda, ma tant’è).

I personaggi delle Tartarughe Ninja hanno conosciuto una storia complessa che vi invito a leggere sulla ricca pagina Wikipedia dedicata all’argomento. Quello che mi preme notare è che nascono quasi per gioco nel 1984 dalla penna degli statunitensi Kevin Eastman e Peter Laird: il successo è immediato ed esplosivo grazie a serie animati, giocattoli, film, storie a fumetti e via dicendo.
La metà degli anni Ottanta – è risaputo – è la culla della cinematografia marziale mondiale, e quindi anche del nunchaku. Negli USA i ninja erano un prodotto di strettissima attualità e di grande moda, e mentre le Tartarughe prendevano forma il mercato home video iniziò ad essere invaso da chili e chili di spazzatura di Hong Kong a base di ninja variopinti. Tutto il “brodo primordiale” dove sono cresciute le Tartarughe Mutanti, però, scompare con una velocità impressionante: come mai le TMNT rimangono?

Personalmente credo che abbiano trovato la formula giusta per sopravvivere: tradire il loro spirito iniziale e diventare personaggi buffi e comici per bambini. Sin dall’inizio degli anni Ottanta anche in Italia erano accese le polemiche sulla violenza che i film marziali comunicavano ai ragazzini (principali fruitori): la paura che degli assurdi ed improbabili salti volanti potessero traviare le loro giovani menti, non faceva dormire i genitori.
Alla fine ogni prodotto “violento” (per quanto possa chiamarsi violenza il ninjutsu al cinema, più simile alla magia che alla marzialità!) è stato cassato da ogni media, ogni film è scomparso, ogni fumetto divenuto una rarità, ogni pupazzetto fatto sparire. (Nel 1983 comprai il primo pupazzetto ninja arrivato in Italia, mai più rivisto altrove! All’incirca nello stesso periodo i mitici Masters of the Universe della Mattel tirarono fuori Ninjor: entrambi questi personaggi avevano katana e nunchaku, e li tengo ancora come i cimeli più preziosi che possiedo! 😉 )

Le TMNT al loro primo apparire usano le temibili armi ninja per tagliare la pizza e per grattarsi la schiena; le arti marziali servono loro per ballare in discoteca e gli unici attacchi violenti sono quelli costituiti dalle loro insulse e ridicole battute. I genitori sono contenti perché al posto di una finta violenza ora i loro bambini possono assorbire una reale idiozia e plasmare la loro mente seguendo i più beceri stereotipi americani. Contenti loro…
Il nunchaku nelle mani di Michelangelo è una presa in giro fastidiosa e irritante, che serve solo per fare le illustrazioni e le copertine: ecco, mi sono tolto ’sto sassolino dalla scarpa 😉

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Nunchaku al cinema 8: animazione

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Chi non conosce Ken il Guerriero? Visto che il personaggio (almeno quello animato) è basato fortemente sulle movenze di Bruce Lee, era obbligatorio fargli usare anche il nunhaku. Il 15 novembre 1984 va in onda il sesto episodio, “Berretti Rossi”, che si chiude con un combattimento fra Ken e il Maggiore: ovviamente il nostro Ken usa il nunchaku. (Pare che sia l’unica volta che lo usa, ma non potrei giurarlo.)
Merita assolutamente una visione questo match: http://www.youtube.com/watch?v=yaikbjmMMoc

Uno dei miei personali ricordi d’infanzia più intensi è quello di Ataru Moroboshi che cita Enter the Dragon: sto parlando dell’84° episodio (61° in giapponese) dell’animeLamù, la ragazza dello spazio”, tormento dell’infanzia di molti. Con il titolo “Lotta mascherata” quello andato in onda originariamente il 9 marzo 1983 è uno dei migliori episodi: con la scusa di una festa in costume, i personaggi della serie si lanceranno in mille citazioni.
Come dicevo, Ataru indossa la tutina gialla di Bruce in Enter the Dragon, ricostruendo anche la “salita della pagoda” (anche se con un solo nemico invece di tre). Al momento di scegliere un’arma, proprio come il primo piano del film Game of Death sceglie i nunchaku.

Sfociamo negli anni Novanta: nel 1991 nasce infatti la versione anime del personaggio Kekkô Kamen, inventato da Gô Nagai nel 1974. È una eroina mascherata… poco! Ciò va in giro totalmente (sì, proprio totalmente!) nuda con solo una mascherina sulla faccia. L’unica sua arma è un nunchaku… ma di solito i nemici si distraggono con altre “armi”…
Eccone un trailer molto castigato: http://www.youtube.com/watch?v=aOwKFaDUSKM

Per finire, nel 1999 inizia l’infinita saga dell’animeNaruto”, uno dei cui personaggi si chiama Gai Maito ed usa il nunchaku come arma.
Ecco un brevissimo filmato con il personaggio all’azione: http://www.youtube.com/watch?v=7pjssFl6yx4

Vi saluto con un’immagine “nunchakosa” di Ichigo Kurosaki dall’anime “Bleach” (2004):

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Jerry Trimble in galera

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È il momento di fare un tuffo nei sognanti anni Novanta, così pieni di marzialità a basso costo e di bravi atleti in pessimi film 🙂
Live by the Fist” (1992) lo si trova comodamente su Amazon, ma attenzione: in lingua spagnola questo film è stato distribuito con il titolo “Kickboxer King”, che è anche un film (sempre del 1992) di Godfrey Ho di tutt’altro genere.

Trasferiamoci nella prigione Bolera nelle Filippine, terra esotica e crudele, dove arriva il marinaio americano John ingiustamente accusato d’omicidio. Ebbene sì: ci troviamo di fronte al più becero dei prison movies marziali: siamo in piena Van Damme-mania e dopo “Colpi proibiti” in carcere la gente si affronta a suon di kickboxing!
L’innocente John si trova costantemente nei guai e prende tutti a calci in faccia, senza fare distinzione di razza e religione. Il saggio compagno di cella – un insospettato George Takei – sistemerà le cose e a John non rimarrà altro che dare un altro po’ di calci in faccia, e tutti vissero felici e contenti.

Come si può capire non è certo la trama la forza del film, e onestamente neanche i combattimenti, raffazzonati e confusionari. Il filippino Cirio H. Santiago come regista ha sfornato un’ottantina di film, uno più trash dell’altro, ma questo sembra decisamente fra i peggiori a livello stilistico.
Però quando si vede un ottimo atleta come Jerry Trimble dare calci volanti a destra e a manca, tutto passa e tutto viene perdonato! 😉

Biondo ragazzone del Kentucky, Trimble è arrivato al cinema al momento giusto, quando cioè servivano attori “à la Van Damme”: muscolosi ma non troppo, agili a saltare e bravi nel taekwondo (che al cinema lo si può sempre spacciare per kickboxing).
Con il successivo “Terminator Woman” (1993) – diretto da Michel “Tong Po” Qissi – e “Giustizia a mani nude” (One Man Army, 1994), entrambi ruspanti ma marzialmente godibili, sembrava che ormai Trimble avesse intrapreso la Via del Calcio in Faccia. Invece, come quasi tutti i suoi colleghi, ha appeso i piedi al chiodo molto presto.
Oggi lo si ritrova in piccolissimi ruoli in film qualitativamente superiori.

Live by the Fist” riesce ad essere il peggior martial prison movie di sempre, ma non è detto che qualcun altro un giorno non appaia a contendergli la palma!
Dalla piccola àncora nera tatuata sul braccio – manco fosse Popeye! – alle aggressioni con scatole di cartone – che devono fare un male… – tutto il film è all’insegna del ridicolo e dell’approssimazione. Ma noi fan marziali passiamo sopra a tutto, se ci fanno vedere un paio di belle tecniche di gambe al rallentatore ^_^

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Nunchaku al cinema 7: primi Ottanta

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I primi anni Ottanta vedono il fiorire del cinema marziale in ogni dove: il furore della Cina esplode in ogni forma espressiva e in ogni genere cinematografico. I nunchaku, quasi un simbolo di Bruce Lee, seguono l’onda.

Nel 1983 abbiamo una deliziosa commedia americana interpretata dal compianto John Candy. Il titolo, “Going Berserk”, si rifà a quell’esplosione di rabbia che rappresenta lo scontro finale nei film d’azione e il big final fight in quelli marziali.
Nel film il protagonista racconta di aver avuto velleità attoriali e, con un gruppo di amici, ha partecipato ad una infima produzione marziale. La presa in giro è deliziosa e, soprattutto, si avvale di comparse di tutto rispetto: John Candy così si ritrova a sbeffeggiare il cinema di Hong Kong al fianco di mostri sacri come James Lew e George Cheung! La scena di nunchaku, interpretata da Joe Flaherty truccato come un vecchio maestro cinese, è scontata: l’attore fa roteare l’arma per poi darsela in faccia…

Nel 1984 il fanta-horror “Fuga nell’incubo” (Dreamscape) presenta una scena da sturbo: il super-cattivo della storia – che entra negli incubi delle vittime per ucciderle – in tenuta ninja tira fuori dal nulla dei nunchaku fosforescenti che, fatti roteare, creano sfiziosi giochi di luce. Le tecniche usate sono di una semplicità estrema, roba che si insegna il primo giorno di corso, ma l’effetto scenico è innegabile.

Sempre nel 1984 il film-spazzatura di Hong Kong “Super Ninja” – arrivato in Italia addirittura in versione digitale, mentre tanti grandi film vengono dimenticati! – vede uno dei cattivi tirar fuori i nunchaku contro il protagonista, l’ottimo atleta Alexander Lou, il quale glieli toglie di mano… per non farci un fico secco, visto che probabilmente non sa usarli! È una scena di pochi secondi ma dimostra che l’arma è quasi imprescindibile in un film marziale.

Chiudiamo il giro tornando nel fanta-horror: il 1988 è l’anno di “Nightmare 4: il non risveglio” (The Dream Master). La protagonista, interpretata da Lisa Wilcox, si esercita nelle arti marziali per affrontare il perfido Freddy Krueger, e in una scena curiosa si esercita con il nunchaku. Dico “curiosa” perché la bionda attrice proprio non è capace di usare l’arma: quando viene ripresa di volto, muove malissimo i nunchaku, quando viene ripresa di spalle è un drago… perché in realtà è una palese controfigura 😛

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