Insalata di riso, carpaccio di tonno, tomini piccanti, peperoni scottati alle acciughe. E un rimpianto: aver congelato due anni di vita per la persona sbagliata. Cristallizzandola in mesi di dedizione totale. Bloccandola, come una gastronomia di provincia, quello spazio affollato di famiglie inalterato negli anni. Passeggini, cani al guinzaglio: cornici borghesi che parlano di vita vissuta lasciando presagire lo spiraglio di quello che sarà il loro futuro. Meglio se a occhi chiusi, l’importante è ignorare cosa si nasconde sotto le lenzuola o dietro la porta.
Lingua in salmì, orata in carpione. ”Sai, sono un uomo”, e io una donna, anacronisticamente fedele per i maledetti anni in cui viviamo. Già, la fedeltà: quel concetto astratto che distingue la bestia dall’uomo, relegando il secondo ad uno stato evolutivo superiore. Non gradito, evidentemente a chi, predilige un’allegra poligamia.
Prosciutto crudo, di Praga, alsaziano, spalla, coppa e bugie. “Mi sei mancata”, “non ho smesso di pensarti”.
Mentre ti rotolavi con l’altra? Cuore aperto, sezionato da un macabro chirurgo e farcito di pattumiera putrescente. Accade così quando si confessa uno sfizio. Peraltro reiterato nel corso dei mesi. “E’ una pazza, non devi crederle.” Già, la pazza è lei. Per contro, chi ha buttato nel tritarifiuti noi, è perfettamente normale. Una vecchia dall’odore di armadio tarmato, una madre puttana che si fa fare tutto.
Frattaglie, fegatelli e interiora. Odore acre. Così pungente da far salire un conato di vomito.
Finalmente cassa. Il conto è alto da pagare. Si ricomincia da qui senza sapere dove si andrà…