Dragonero: quando il fantasy incontra il fumetto popolare

C’è una interessante novità in arrivo nel panorama del fumetto italiano. Per la prima volta Sergio Bonelli Editore, editore di Tex e Dylan Dog, scommette sul fantasy epico di ispirazione medievale con Dragonero, serie mensile ideata e sceneggiata da Luca Enoch, già autore di Lilith – un personaggio che personalmente amo moltissimo – e da Stefano Vietti, uno degli sceneggiatori più prolifici di Nathan Never.

«Il fantasy, negli ultimi anni, è passato dall’essere un genere di nicchia, condiviso da pochi e fedeli appassionati, a diventare centro di un vasto interesse popolare, con successi globali sia dal punto di vista editoriale che cinematografico e televisivo» scrive Davide Bonelli nell’introduzione al primo albo, in edicola dall’11 giugno. Non potrei essere più d’accordo con questa affermazione: ne è prova anche la decisione di Rai 4 di trasmettere le prime puntate di Game of thrones in prima serata, nonostante le tematiche forti e il crudo realismo della serie che ha magnificamente adattato per la tv le Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin.

Dragonero, Sergio Bonelli Editore

Per chi se lo stesse chiedendo, chiarisco subito che qui non si tratta di “Tex e il Signore degli anelli”. Non amo particolarmente la caratterizzazione “mascellosa” del protagonista, ma devo ammettere che non è sovrapponibile a nessuno degli altri eroi della casa editrice, anche se ho intravisto analogie con Nathan Never e l’indimenticabile Ken Parker. Ian Aranill è detto Dragonero per aver sconfitto un potente drago da cui ha ereditato dei poteri che si svilupperanno nel corso del tempo. Ho avuto la fortuna di leggere il numero 1 in anteprima e – vi assicuro – è un vero pageturner pieno di azione, dialoghi incalzanti e gradevoli citazioni di manga, letteratura e cinema del fantastico. Impossibile non pensare alle analogie tra l’Altofuoco di Game of thrones e il fango Pirico, o alla principessa Mononoke quando fa la sua apparizione un’elfa Oscura in sella a una gigantesca belva dal manto bianco.

Pur coinvolgendo le classiche razze del fantasy tolkeniano (elfi, orchi e draghi in primis), Dragonero ha una forte personalità e una mitologia che fin dalle prime tavole amalgama suggestioni orientali con l’immaginario gotico mitteleuropeo, da cui emerge la sinistra figura dell’alchimista, sconfinando persino nello steampunk, come suggeriscono alcuni accessori in dotazione ai protagonisti. Luca Enoch e Stefano Vietti imprimono un tratteggio elegante ed eroico ai personaggi femminili, tra le quali spiccano l’elfa Sera  – le cui percezioni la rendono una sorta di medium  – e la seducente e pericolosa Xara. Affascinante la caratterizzazione della spada leggendaria di Ian, la Tagliatrice crudele, una Excalibur pulsante di energia oscura, lavata nel sangue di un drago.

Ottimo il lavoro di Giuseppe Matteoni, copertinista della serie e disegnatore del primo volume della saga, nonché del romanzo a fumetti con cui il personaggio di Dragonero ha esordito nel 2007 nella collana Romanzi a fumetti. Il suo segno pulito e l’attenzione ai particolari, anche nei fondali, rendono vivo e pulsante il regno di Erondar, le sue capitali e le sue foreste.

Da quello che ho letto nell’introduzione, Dragonero sarà un progetto cross-mediale, con un gioco di ruolo in uscita a novembre, un blog e la mappa digitale scaricabile dall’AppStore. Sono una divoratrice di fumetti e di albi “bonelliani”, mi aspetto tanto da questa serie e continuerò a seguirla. In conclusione… che dire? Che il sangue di drago sia con voi!

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4 Responses to Dragonero: quando il fantasy incontra il fumetto popolare

  1. Andy says:

    Solito fumetto bonelli palloso, legato ai soliti codici e schemi preimpostati e con protagonisti orribilmente stereotipati…con l’abbondanza di fumetti “d’autore” italiani e stranieri che ci sono oggi nelle librerie certamente non perdero’ piu’ tempo con queste storielle banali…
    La bonelli continui pure a riscaldare la solita miniestra tanto i loro lettori hanno lo spirtio critico pari a zero…va bene a loro, ok; ma io mollo tranquillamente.
    Enoch innovativo? Forse ai tempi di SprayLiz, poi da Gea in poi è stato un peggiorarsi continuo… io ho letto qualcosa di lilith ed veramente un fumetto noioso e scontato!
    Poi che sia innovativo rispetto agli altri autori bonelli siamo d’accordo ma li’ gioca facile vista la proverbiale apaticità dei vari artisti della scuderia.
    L’unico che ammiro veramente alla bonelli è Bacilieri.
    Saluti

  2. Elena says:

    è invece sempre la solita zuppa
    sempre il solito protagonista macho
    sempre i soliti comprimari e “spalle” stereotipate
    sempre i soliti cliché copiati a destra e a manca, con un citazionismo mai modernista ma solo derivativa
    la bonelli con la sua ostinazione a ripetere e clonare modelli di 50 anni fa (quando va bene) si sta autodistruggendo
    e si che avrebbe la forza distributiva e un parco disegnatori tale da imporre innovazione.
    tristezze.

    • theurban says:

      che Luca Enoch non sia innovativo non mi era mai capitato di sentirlo.. questa serie promette bene.. ho letto il romanzo a fumetti, e il numero zero.. non mi hanno dato per niente l’impressione che dici te. Nonostante sia d’accordo su quello che dici sulla Bonelli. Ad ogni modo Luca Enoch si è già espresso molto bene e con innovazione come ha dimostrato con Gea, Lilith e il mitico Sprayliz.. per non parlare dei disegnatori che ci saranno in questa serie.. mi dispiace ma non sono d’accordo con te! Il mondo che è stato creato è davvero ben fatto e curato nei minimi dettagli!

      • Elena says:

        è sicuramente il più innovativo tra gli autori Bonelli, ma tieni presente che gli altri sono decenni che fanno sparare tex ai banditi e dire giuda ballerino a dylan dog. ormai, anche con Enoch, la Bonelli è vittima dei suoi schemi vetero, e il crollo delle vendite ne è prova.
        il fumetto seriale giapponese ha cambiato tutto, anche i titoli più infantili hanno strutture complesse, sono cose con cui dovevano fare i conti vent’anni fa e invece sono ancora lì ad annaspare. Spiace perché il potenziale ci sarebbe tutto.

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