Il Diacono: intervista a Andrea G. Colombo

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Autentico “Master of horror” nostrano, Andrea G. Colombo, autore de «Il Diacono» (Gargoyle 2010), non ha certo bisogno di presentazioni. Lo conosciamo per aver creato il primo sito web italiano dedicato alla cultura horror, Horror.it, per la curatela di alcune antologie di narrativa horror come Spettri Metropolitani (Addictions, 1999) e Jubilaeum (Punto zero, 2000), e per l’edizione italiana del romanzo breve Bubba Ho Tep di Joe R. Lansdale, per la Addictions. Lo conosciamo per aver progettato, realizzato e curato i contenuti del mensile di cinema e letteratura Horror mania, a cui nel 2005 ha affiancato Thriller mania. Autore di racconti inquietanti e dal ritmo serrato come Asfalto, apparso su Anime nere reloaded (Mondadori), La forcella del diavolo, pubblicato su Bad Prisma (Mondadori) e la novella Boxed, pubblicata nell’antologia Il mio vizio è una stanza chiusa (Mondadori) e già opzionata per il cinema da un produttore romano, Andrea esce ora in libreria con «Il Diacono», un romanzo che ha scatenato l’entusiasmo della Rete, riscuotendo successi anche sulla carta stampata (ne parlano anche sulle riviste femminili, complice, forse, anche il fascino da maudit di Andrea), realizzando ciò che in Italia appare una missione impossibile: creare un prodotto di narrativa autenticamente horror, tutto italiano, e far sì che se ne parli. Da molto coltivavo il desiderio di incontrarlo, per fargli qualche domanda.

Ciao Andrea, benvenuto su Scritture Barbariche. La prima domanda a bruciapelo: Il male è il grande protagonista del tuo ultimo romanzo. Vuoi spiegarci il motivo di questa scelta?

Nel monologo finale de “L’avvocato del Diavolo”, Al Pacino – che interpreta Satana – dice una grande verità: “Chi, sano di mente, potrà mai negare che il XX secolo è stato interamente mio? Tutto quanto, Kevin, ogni cosa, tutto mio! Sono all’apice. E’ il mio tempo questo.” Hai voglia a dire il contrario… Il Male – quello con la lettera maiuscola – domina incontrastato. Basta guardarsi attorno per rendersene conto. Lo possiamo vedere, sentire, toccare, respirare ogni giorno. Come avrei potuto voltarmi dall’altra parte e non scriverne?

Sono d’accordo. Tra l’altro, quel film l’avrò visto dieci volte! Ma chi è, quindi, il Diacono?

E’ un uomo privo di memoria e identità, accolto da un ordine monastico antico e controverso. E’ il più potente esorcista mai apparso su questa Terra dai tempi di Gesù Cristo, e non è un caso. I demoni tremano in sua presenza, ma a ogni esorcismo il suo equilibrio mentale vacilla. La sua forza è anche la sua fragilità.
E’ un eroe e un antieroe al tempo stesso, un’insanabile dicotomia, luce e oscurità, un personaggio le cui pulsioni e contraddizioni sono elevate alla massima potenza, esasperate, potenzialmente letali. Ha un compito improbo da portare a termine. Una questione di vita o di morte.
E’ una metafora.
Ma soprattutto, è una forza della natura.
Ti piacerebbe, credo…

Mi piace. E parecchio. Parliamo della storia, costruita attraverso l’intrecciarsi di diverse vicende, narrate anche tramite flashback. Come ti sei approcciato a questo tipo di narrazione? Quando hai iniziato a scrivere, avevi già tutta la storia delineata nella mente?

Sapevo da dove partire e fin dove volevo arrivare. Più qualche snodo cruciale in mezzo, passaggi obbligati. Il resto si è scritto da solo. Questa banda di pazzi sociopatici – i miei protagonisti – mi ha messo davvero in crisi: due anni fa ho speso un paio di mesi a scrivere un “trattamento” di quasi ottanta pagine. Poi attacco col primo capitolo e DA SUBITO ho preso un’altra direzione. Mi è venuta in mente l’idea della catastrofe iniziale. Non c’è più stato verso di tornare sui miei passi e non avevo più tempo per ricominciare a scrivere un secondo trattamento, così ho iniziato a rincorrere gli eventi, consumando una moleskine dietro l’altra per prendere appunti mentre mi venivano le idee, ascoltando musica, isolandomi da tutto e da tutti.
Ho vissuto per un anno e mezzo con i monaci che giravano in testa come una subroutine, un programma che andava avanti da solo, giorno e notte, mentre lavoravo, mangiavo, parlavo, facevo qualsiasi cosa, loro erano lì. Sempre. Ogni tanto il programma s’inceppava, e quelli erano i giorni peggiori. Quelli davvero bui. Poi succedeva qualcosa e a furia di girare, nei momenti più impensati, saltava fuori la soluzione al problema che mi tormentava.
Ricordo ancora quando risolsi l’enorme problema della fine, capitolo count-down dove doveva quadrare tutto, ma dove tutto doveva scorrere via, liscio e rapido come una cavalcata giù per un dirupo. Avevo un milione di cose da dire, però… Ebbene, come ogni sera ero al PC, ed ero stanco da morire, così verso mezzanotte dopo una serata davvero inconcludente e frustrante, chiudo Word e mi metto ad ascoltare la solita musicaccia che ascolto quando scrivo (con le cuffie e a un volume insostenibile). Trovo un brano nuovo. Spengo il PC e la lampada a stelo, e nel buio più assoluto faccio per uscire dal mio studio. Il programma MONACI ovviamente girava ancora in testa. Ho fatto esattamente UN PASSO, verso il soggiorno, uno solo, e mi sono bloccato.
Al buio.
Il film che avevo in testa ha iniziato a girare e senza quasi alcuno sforzo mi viene un’idea… quell’idea mi risolve un problema e riesco a incastrare due dei mille dettagli che dovevo riuscire a far combaciare. Dopo una serata inutile, ecco lì la soluzione. La provo e riprovo, al ritmo di musica, e non c’è verso: reggono alla grande! Soddisfatto, torno alla scrivania, prendo una moleskine e butto giù degli appunti. Mi alzo, spengo la luce faccio ancora UN PASSO e ricomincia il film… E altre cose che si incastrano. Sono andato avanti così – te lo giuro – fino alle 2 di notte, avanti e indietro dalla mia scrivania, con lo stesso brano musicale sparato nelle orecchie a volume irritante (guai a cambiare a quel punto!), in uno stato di eccitazione estenuante. Dopo mesi che mi lambiccavo il cervello su come risolvere il finale, tutto stava andando al suo posto, un tassello dopo l’altro, in due ore di folle creatività.
Inutile dire che quella notte, alla fine, ho dormito e riposato come non mi succedeva da mesi.

Da esperto e fondatore del primo portale italiano dedicato al genere Horror (Horror.it) vuoi regalarci qualche riflessione sulle condizioni della letteratura di genere in Italia?

Se ne sta parlando tanto in questo periodo e mi fanno spesso questa domanda. Questo può solo significare che si avvertono nell’aria due profumi: quello frizzante delle energie positive, fresche come l’aria di una mattina di primavera, e il puzzo di chiuso di uno sgabuzzino delle scope, uno di quelli che puoi trovare nel corridoio di una scuola male in arnese, zeppo di stracci usati e acqua lurida. Lo sgabuzzino chiuso è il luogo dove al momento l’horror italiano è relegato. Le persone che si stanno adoperando a forzare la serratura della porta e a far entrare ventate di aria fresca, sono gli operatori del settore, come te e molti altri.
Quelli che cercano dei tenere la porta chiusa sono i bidelli, che se ne restano là fuori con le spalle appoggiate alla porta, a braccia incrociate nei loro camici blu, indolenti e pigri. Dobbiamo spingerla tutti insieme questa benedetta porta, perché ho come l’impressione che oltre a essere tanti, i bidelli là fuori, avrebbero pure bisogno di una dieta perché sono maledettamente pesanti…

Impossibile non condividere questa tua visione! E ti ci vedo anche, ascia in mano, ad andarli a cercare, i “bidelli”, dietro la porta, e magari mostrare un simpatico ghigno alla Nicholson in «Shining». Visto che il nuovo anno è alle porte: qualcosa che vorresti lasciare nell’anno vecchio e un progetto che vorresti vedere realizzato in quello nuovo.

Nell’anno vecchio vorrei lasciare i bidelli di cui sopra. Però so che tornano sempre (non “a volte”, ma sempre). In questo 2011 invece, vorrei portare avanti i due progetti che ho in testa, due romanzi, che al momento sono ancora pietre grezze e che sto levigando, levigando, levigando…

Grazie, Andrea, per aver accettato questa intervista! Non mi resta che rimanere in attesa che vedano la luce questi nuovi progetti. Per chi volesse saperne di più su «Il Diacono»: http://ildiacono.horror.it/

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3 Responses to Il Diacono: intervista a Andrea G. Colombo

  1. Glauco says:

    Premetto che l’intervista me la leggerò con calma stasera… ma Gargoyle, assieme a XII, è una delle case editrici, in questo momento, che apprezzo di più. Propone sempre titoli sfiziosi e diversi dalle solite pubblicazioni. Il Diacono è nella mia lista dei desideri… quando scoprirò dove ho nascosto il talismano che dilata il tempo, finalmente riuscirò a mettermi in pari con le letture!! :D

    Complimenti ad Andrea.

  2. Barbara says:

    Glauco, anch’io sono una fan sia di Edizioni XII che di Gargoyle! Per quanto riguarda il libro di Andrea, non posso che consigliarti di scavalcare la coda di lettura e tuffarti nelle maligne atmosfere del Diacono!

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