Banksy, il terrorista dell’arte: intervista a Sabina De Gregori

Nessuno lo ha mai visto in faccia, Banksy. Nessuno sa come si chiami in realtà, nemmeno il suo gallerista, anche se in merito si sprecano le ipotesi. Sabina De Gregori, giovane critica d’arte, è l’autrice di questo splendido volume edito da Castelvecchi su colui che viene definito “terrorista dell’arte”. È l’artista dell’impermanenza per eccellenza, in quanto le sue opere appaiono su scenari urbani come muri, ponti, vagoni abbandonati, per rischiare di scomparire, ricoperte dalle opere di altri artisti della “street art”, dai proprietari delle case o dalle forze dell’ordine.

Le quotazioni delle sue opere non sembrano conoscere freni, al punto che lui stesso ha commentato, sul suo sito: «E voi stupidi continuate a comprare questa merda?». Un libro appassionante, a metà tra il catalogo d’arte e il resoconto di un’indagine. Ho incontrato Sabina per una chiacchierata.

Ciao Sabina, benvenuta. La prima domanda che vorrei farti è: cosa ti ha spinta a scrivere di Banksy, il writer più famoso di tutti i tempi?

In primo luogo è un artista che mi piace. Ho poi riflettuto su come alcune immagini da lui create siano entrate a far parte dell’immaginario collettivo. Molte persone conoscono la bambina con il palloncino a forma di cuore o l’immagine dei due poliziotti inglesi che si baciano e non sanno il nome dell’autore. I bookshop dei musei e le bancarelle pullulano di merchandising con i suoi lavori ma – almeno in Italia – Banksy non è ancora riconosciuto dalla gran parte delle persone. Ero interessata a capire come e perché la street art stia entrando nel circuito dell’arte più istituzionale.

Come ti sei documentata?

Sono andata a Bristol – sua città natale – e a Londra per vedere i suoi lavori sia sulla strada che in galleria che nel museo. Come molti sanno Banksy è tutt’oggi anonimo quindi mi sono divertita cercando indizi sul tessuto urbano e dal suo gallerista inglese Acoris Andipa, ho poi studiato tutto il materiale raccolto su di lui.

Cosa ti ha colpito di più di questo “terrorista dell’arte”?

Sicuramente la sua “furbizia” nel creare il proprio personaggio, che evidentemente è stata un’idea vincente. Giocare sull’anonimato ha fatto sì che l’attenzione dei media, dello star system e del mondo dell’arte restasse alta e sempre vigile. Le cose che più mi hanno divertito sono state le sue incursioni nei musei e negli zoo di molte città del mondo, in cui si è intrufolato travestito appendendo i suoi quadri in mezzo ai capolavori di tutti i tempi.

Puoi svelarci la tua teoria su chi si nasconda realmente dietro a questa firma?

E’ difficile formulare una teoria corretta e veritiera. Sicuramente Claudia Joseph, giornalista del Daily Mail è stata brava a restituire – dopo lunghe ricerche – la teoria oggi più accreditata. Banksy – il cui vero nome sarebbe Robin Gunningham – è nato nel 1974 circa nei dintorni di Bristol e si è trasferito nei primi anni del 2000 a Londra, iniziando la sua scalata alla notorietà invadendo la città con i suoi stencil, per lo più topi. Se volete sapere di più…leggete il libro!

E ora una domanda provocatoria: pensi che si possa davvero sfidare il sistema vendendo poi le proprie opere a milioni di euro? O che la genialità consista proprio nel vendere a prezzi inimmaginabili opere nate nella stragrande maggioranza dei casi per i muri, dunque per una visione gratuita?

Questa è la vera domanda su cui si stanno interrogando in molti e su cui io stessa ho cercato di riflettere a fondo e nel modo più serio possibile nel libro. I prezzi delle sue opere sono cominciati a salire quando star del calibro di Brad Pitt e Angelina Jolie hanno dichiarato che Banksy era il loro artista preferito..questo un po’ dimostra come sia piuttosto facile con una comunicazione mirata e puntuale “viziare” il mercato. La questione è certamente aperta, come lo sono le posizioni degli altri artisti di strada, molti dei quali considerano Banksy un traditore, che dalla strada è passato “dall’altra parte”, divenendo commerciale e venendo a patti con il mondo istituzionale. Sono certa che la discussione è ancora aperta, vedremo!

Ultima domanda, ringraziandoti per il tempo che mi hai dedicato. Qual è l’opera di Bansky che personalmente preferisci e perché?

La mia preferita è quella che ho scelto per la copertina, la cameriera che solleva un lembo di tenda e guarda negli occhi il passante. La trovo molto attuale e mi sembra che rappresenti bene i nostri tempi: nascondere la polvere sotto il tappeto, sapendo di essere osservati e ricambiare lo sguardo.

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2 Responses to Banksy, il terrorista dell’arte: intervista a Sabina De Gregori

  1. Glauco says:

    Seguo da tempo Bansky. Nel lettore di Feed ho due o tre blog che vanno a caccia dei suoi lavori… ^_^ Non conoscevo questo libro! Mooolto interessante.

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