Gregorio Magini: Cometa

Magini

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Raffaele e Fabio.
Il primo è un ragazzo di buona famiglia il cui unico obbiettivo è, forse, sopravvivere alla noia (1); il secondo è il classico nerd con il pallino dei fumetti, dei videogame e, più avanti negli anni, della programmazione.
Uno è un orfano, cresciuto negli agi grazie alle dubbie “cure” di un nonno arricchito; l’altro è uno come tutti, figlio di una famiglia di classe media.
Il primo conduce un’esistenza dissipata, passando da una donna all’altra senza particolare emozione né interesse; il secondo vive ritirato in se stesso, è chiuso, schivo, timido; se e quando ha delle relazioni, non è per sua volontà.
Eppure queste due esistenze sono destinate ad incrociarsi, per caso (secondo le regole di un mondo realisticamente privo di qualsivoglia teleologia): insieme, i due ragazzi si dedicheranno alla creazione di un fumoso progetto artistico, e poi alla produzione di “Comeetr”, un nuovo, misterioso social network, e la loro collaborazione finirà per cambiare definitivamente il corso degli eventi.
Definitivamente?
Forse.
O forse no, e magari tutto tornerà ad essere come è sempre stato, almeno per il momento…

In Cometa, di Gregorio Magini, molti temi essenziali del romanzo contemporaneo si agitano (verrebbe quasi da dire a disagio, ma in senso molto positivo) sotto la superficie familiare e rassicurante di una narrazione a più voci; per questo, quanto segue non sarà una vera e propria recensione, ma un invito alla lettura e all’interpretazione.
Cominciamo dalla narrazione: apparentemente si tratta di un bildungsroman a due voci; le due parti, quella di Raffaele e quella di Fabio, tendono però, come in ogni montaggio alternato che si rispetti, ad un punto comune, quello della convergenza o dell’incontro e, più oltre, a quello tratteggiato dall’epilogo: un futuro che è al contempo compimento e smentita del destino di entrambi.
Ed è un’anticipazione fondata su un doppio canone, che sfiora e sfora i limiti del discorso scientifico e umanistico, nel vano (ancora una volta vano) tentativo di superare l’impasse del postmoderno.
In questo senso mi pare che da una parte si possa tranquillamente abbandonare l’etichetta del romanzo di formazione, e che dall’altra si possa parlare, più che di fantascienza (ché il termine ormai, soprattutto in certi ambienti, vale per tutto e per niente) o di ricorso al fantastico, di una forma di realismo allargato ed anticipatore.
Da un lato c’è, dunque, questa proiezione, questa anticipazione di un un futuro svuotato, in cui curiosità e incredulità cadono sotto i colpi dell’insensatezza(2) e forse anche dell’errore(3); dall’altro c’è tutta un’archeologia, che investe, con mossa ironicamente deterministica(4) l’intero arco (quasi trent’anni) di vita dei due personaggi, ricostruendone l’evoluzione storica, politica(5) e culturale dagli anni ’80 fino ad oggi (o a domani?), tra tocchi di modernariato ed effetti nostalgia debitamente depotenziati e disinnescati, visioni tecnologiche, impressioni in prima persona, strizzate d’occhio alle teorie del complotto, e piccole (grandi?) citazioni(6).
C’è poi l’intreccio vero e proprio, fatto di avvenimenti e di fatti piccoli e grandi, intimi, personali o sociali e politici, alti e bassi, accattivanti e noiosi, che rendono il romanzo godibilissimo.
E infine c’è lo stile: l’autore si affida ad una lingua piana e lineare, a dispetto delle (quasi) invisibili modulazioni interne e alle palpabili differenze che distinguono il discorso di un personaggio da quello dell’altro.
Sempre in campo stilistico, sono da segnalare alcune riuscitissime, deliranti (e non necessariamente per motivi “chimici”),  sequenze nelle quali la lingua s’impenna e l’autore, con furiose accelerazioni e accumulazioni (di discendenza celiniana?), getta letteralmente il lettore in un turbinio di impressioni e stimoli (7) che nella loro incontenibile caoticità sono quanto di più vicino a una rivelazione il romanzo abbia da offrire.
D’altra parte, Cometa funziona alla grande, anche senza rivelazioni, o proprio perché non ha niente da rivelare, se non che al momento non ci sono rivelazioni da fare, e questo va detto,  e nel dirlo ci si accolla volentieri anche il rischio di essere presi a ginocchiate da Raffaele….

Il romanzo Cometa, di Gregorio Magini (classe 1980, già fondatore del progetto Scrittura Industriale Collettiva e autore del romanzo La famiglia di pietra, Round Robin 2010) 3), è proposto ai lettori italiani da Neo edizioni.

(1)Come Vaneigem, Raffaele rifiuta di scambiare la “garanzia di non morire di fame con il rischio di morire di noia”, o almeno così pare. In ottica post-situazionista pare poi di poter leggere i suoi “3 comandamenti dell’ebrezza”: “I) Non lavorare. II) Non aspettare. III) Non invecchiare”. ( Magini, G., Cometa, Neo Edizioni, Castel di Sangro 2018, p. 30)
(2) La fine della storia (tema classico del postmoderno che pare emergere anche in un dialogo tra Fabio e Carla, una delle molte donne che attraversano questo romanzo; Cfr. Ivi, p. 226) significa anche il blocco di ogni possibilità di porsi in maniera significativa, di produrre o di trovare un sifnigicato;  qui, invece, sia Fabio che Raffaele, a dispetto del loro cinismo, sembrano alla disperata ricerca di un senso, costantemente a caccia di una rivelazione che è sempre fuori portata, sempre lontana dal darsi. Ed è una ricerca alla quale ognuno si accosta a modo suo (Fabio attraverso la ricerca del codice pulito, incorrotto e forse incorruttibile; Raffaele attraverso il sesso occasionale, le droghe ecc.). “Se a qualcuno fosse saltato in testa di chieder loro qual era l’insegnamento riservatogli dalla vita”, si legge poi, “Raffaele avrebbe risposto che tutti i guai non avevano scalfito d’un millimetro la sua fame di fica, dunque non aveva imparato niente, mentre Fabio avrebbe borbottato: è la vita che non impara, dopodiché si sarebbe chiuso nel silenzio. Quindi la morale è che non c’è nessuna morale? Avrebbe potuto insistere quel qualcuno. A quel punto ci sarebbe stata una reazione forte, Fabio l’avrebbe tenuto fermo e Raffaele l’avrebbe preso a ginocchiate nella pancia.” (Ivi, p. 234)
(3) “Molti si illusero che la somma di tutte le costellazioni componesse la figura serena”… (Ivi, p. 234)
(4)L’autore regala infatti al lettore, attraverso i falsi ricordi dei due personaggi bambini, non tanto una giustificazione, quanto un’anticipazione simbolica dei caratteri dei due adulti.
(5)Doveroso citare, qui, la ricostruzione degli eventi del G8 di Genova, essenziali sia nello sviluppo dell’ormai presente futuro del contesto, che per la formazione del Raffaele “adulto”.
(6) Per qualche ragione, alcuni passi del libro richiamano alla mente Challenger di Lopez (Lopez, G., Challenger, Eris Edizioni, Torino 2017, traduzione di Francesca Bianchi, Illustrazioni di Sonny Partipilo) e Nel Mondo a venire di Lerner ( Lerner, B., Nel mondo a venire, Sellerio, Palermo 2016, traduzione di Martina Testa) e, in un certo senso, anche il discutissimo Realismo capitalista di Fisher (Fisher, M., Realismo capitalista). Ma, certo, nell’economia generale del testo, anche ULTIMA IV, Commander Keen e The secret of Monkey island hanno la loro importanza.
(7) Cfr., per esempio. pp. 74-78 o197-203, sequenze, queste, in cui l’autore dimostra tutta la sua bravura, la sua capacità stilistica.

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