Douglas Coupland: Dio odia il Giappone

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Tokyo, anni ’90. Hiro Tanaka è il prototipo del post-adolescente sconclusionato e confuso; un mezzo loser; un personaggio tipico di un Giappone che pare una sorta di inferno pop post-apocalittico e in via di ridefinizione. Lavora e non lavora, con le ragazze (almeno quelle che “contano”) è un fallimento completo, non è religioso né crede nella politica, e tutto sommato pare gli manchino gli strumenti culturali per capire la crisi in atto. Sperimenta, insomma, la mancanza di valori tipica dei protagonisti di Generazione X che, ritirati in un deserto postindustriale (con tanto di pericolosi souvenir dell’era atomica), rispondevano alla perdita di senso e alla conseguente incapacità di agire rifugiandosi nel “racconto”. La cesura, lo squilibrio, l’evento traumatico che viene a interrompere la sua eterna routine, è la misteriosa partenza di Naomi (sorella dell’amico Tetsu e ragazza della quale Hiro è non troppo segretamente innamorato), vittima dell’attentato del 1995 alla metropolitana di Tokyo. Paradossalmente, proprio Naomi, che ha perso un polmone per intossicazione da gas sarin, pare essere l’unica in grado di ridisegnarsi; l’unica superstite scampata alla diffusa crisi identitaria (si veda al capitolo “Caro clone”. Falsa-autobiografia nella falsa-autobiografia? Meta-autofiction? Di sicuro il segno tangibile di una spersonalizzazione in atto…) che, in un ampio effetto frattale, coinvolge il protagonista, il Paese (il mondo?) e l’intero romanzo -esilarante falsa-autobiografia di un giapponese incasinatissimo che se ne va in gita in Canada, scritta da un canadese incasinatissimo e geniale che in “gita” in Giappone c’è stato sul serio, e per diversi anni- in un gioco di rimandi che sposta la vicenda, di per se’ piuttosto scarna ma non priva della consueta esuberanza stilistica (si vedano gli inserti illustrati da Michael Howatson, residui della versione originale giapponese, uscita sia su carta che su smartphone), sul solito (e solido) terreno narrativo couplandiano: quello dello spaesamento e del declino, legato non tanto a un tracollo economico e politico, ma al collasso di un intero sistema di valori, una vera e propria apocalisse culturale colta nel momento stesso del suo svolgersi.

Il romanzo Dio odia il Giappone, di Douglas Coupland, è proposto ai lettori italiani da ISBN editore, nella meravigliosa (e unica, perché l’autore ha impedito la traduzione in inglese per non snaturare il linguaggio dell’originale) traduzione di Anna Mioni.

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