Un sogno in blu

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Un’improvvisa raffica di vento fece sbattere con violenza la persiana mal chiusa della camera.
Enrichetta si svegliò. Imprigionata dalla ragnatela del sogno bruscamente interrotto, non capiva dove si trovava. Stava sognando di dormire in una camera sconosciuta, arredata nei toni del blu. Tende blu zaffiro, copriletto blu cobalto, lenzuola acquamarina, abat-jour dal paralume di vetro celeste, che pretendeva di essere di Murano. Ricordava di aver sognato di svegliarsi perché uno sconosciuto, che indossava un pigiama di seta blu Cina, le aveva intimato di alzarsi, accompagnando l’invito con un movimento della mano con cui impugnava una pistola. A quel punto del sogno, il rumore della persiana sbattuta contro il muro, la svegliò sul serio, con ancora addosso l’angoscia. Per scacciare quella sensazione di morte incombente, pensò di bere qualcosa. Accesa la luce, sentì la nuca aggricciarsi, quando vide che l’abat-jour aveva il paralume di vetro celeste, il quale conferiva alla stanza una luminescenza da acquario. Abbassò lo sguardo sulle lenzuola: erano color acquamarina, il copriletto blu cobalto. Le tende, mosse dal vento che entrava dalla porta-finestra aperta, erano blu zaffiro. Voltò lentamente la testa nella direzione in cui si trovava l’uomo del sogno. Era ancora lì, seduto in poltrona, il pigiama aveva una macchia sul petto. Sul viso stranamente contratto, spiccavano gli occhi, che la fissavano con un’espressione stupita. Enrichetta si alzò dal letto. Mentre raccoglieva il suo tailleur dalla sedia, spostò inavvertitamente con un calcio la pistola che, dai piedi dell’uomo, finì sotto la poltrona. Si rivestì con calma, uscì dalla camera passando dalla porta-finestra. Attraversò il giardino.
Si diresse alla sua macchina, parcheggiata vicino al cancello d’ingresso dell’hotel, prestando attenzione a non scivolare sulla ghiaia, sui sandali tacco dodici. Rientrò in città con la testa piena di domande.
Non riusciva a ricordare perchè si trovasse in quella zona, era sicura che il giorno prima non aveva intenzione di recarsi né a Bergamo, né ai Laghi. Fu alla luce lampeggiante dei semafori di Viale Zara che notò delle macchie sulla manica della giacca: sembrava sangue. Il lampeggiare dei semafori conferiva curiosi riflessi alle macchioline punteggiate. Arrivata nei pressi del semaforo di Piazzale Loreto, aveva preso la sua decisione. Giurò a se stessa di non mangiare più la cassoeula con i verzini a cena. Lo diceva sempre la nonna Virginia, che poi si fanno brutti sogni.

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One Response to Un sogno in blu

  1. Luciana says:

    Per completezza d’informazione:
    Anche questo racconto è illustrato da un olio su tela di Piero Ligas sugli Archetipi Relazionali.
    E, se volete ascoltare questo racconto, che è stato letto in radio qualche tempo fa, cliccate qui: http://www.lifegate.it/scripts/pop_wmaPlayer.cfm?PageID=27903

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