Le sette parole (non) più sporche della televisione

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In America ci sono sette parole che in TV non si possono dire. Sette parole offensive che per legge non possono essere pronunciate nei canali broadcast (quelli visibili senza abbonamento come NBC, CBS, etc.). Sette parole censurate nel momento in cui un comico le pronunciò.
Nel 1972 George Carlin, uno dei più grandi comici americani assieme a Lenny Bruce e Richard Pryor, nel suo spettacolo “Class Clown” dedicò una parte del monologo a sette parole che in televisione non si potevano dire, non per legge ma per autocensura. Nel 1973 una radio trasmise questo spezzone senza censurare le parole.
Questo portò alla più famosa opera di meta-censura della TV americana. Dopo la trasmissione, la FCC (la commissione di controllo dei media americani) aprì una causa contro l’emittente radiofonica per l’uso di parole oscene, portando infine ad una sentenza della Corte Suprema che – de facto – regolamentò la censura di parole oscene in televisione (nella fascia oraria dalle 18 alle 22).

La lista che ne seguì, seppur mai confermato ufficialmente, si basò soprattutto sul monologo di Carlin. Da una satira sulla censura culturale si arrivò quindi alla censura per legge.

Sette parole. Impronunciabili. Destinate a modellare il modo di fare televisione. Ma quali sono queste cattivissime parole?
Eccole: Shit, Piss, Fuck, Cunt, Cocksucker, Motherfucker e Tits.

Queste parole hanno segnato la televisione oltre la loro effettiva portata. Hanno portato i produttori a non cercare nella schiettezza dei dialoghi la forza delle serie prodotte, hanno plasmato trent’anni di televisione formato famiglia e hanno fatto la fortuna dei canali via cavo che, essendo a pagamento e quindi non sotto la legislazione della FCC, hanno potuto esplorare territori inesplorati creando televisione più cruda e realistica.
La scorsa settimana però una nuova sentenza ha ribaltato questo schema, legittimando i canali broadcast ad usare parole e situazioni più spinte, annullando di fatto la differenza con i canali via cavo in fatto di possibilità creative.

La domanda che sorge a questo punto è in che modo potrà cambiare il panorama televisivo? Le serie che già conosciamo diventeranno più crude avvicinandosi ai fenomeni Mad Men e True Blood? Ci saranno nuovi progetti con sceneggiature azzardate e piccanti? La risposta, purtroppo per gli amanti dell’iper-realismo, è molto probabilmente negativa.
Con tutta probabilità non cambierà molto nell’immediato perché è la pubblicità che paga le serie più amate e la pubblicità vuole raggiungere il maggior numero di persone. Perché quindi alienarsi il pubblico con trasmissioni infarcite di parolacce e scene spinte?

Ma nel futuro le cose cambieranno di sicuro, la maggior libertà creativa si adeguerà alle necessità pubblicitarie e viceversa, avvicinandosi alla libertà dei canali via cavo. Questa storica decisione forse non influenzerà le prossime stagioni televisive ma la sua portata (anche a livello internazionale) è enorme.

Jacob “pixel” Zucchi

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