Di: Elena Zabo
“Andremo da Dio, lo saluteremo e se si dimostra ospitale resteremo con lui altrimenti risaliremo a cavallo e verremo via”
In questo proverbio mongolo c’è l’essenza di questa popolazione e della sua terra. Un orizzonte sconfinato, a volte piatto come solo la steppa sa esserlo, a tratti erto di montagne dalle cime innevate e dai laghi immensi.
Tutto è enorme in Mongolia e ogni cosa è estrema; il caldo per il breve periodo che dura (Luglio e Agosto) ad eccezione del Gobi ed il freddo intenso, pungente e immediato come solo un vento della Siberia può essere. Un viaggio in Mongolia è un tuffo in una realtà credo unica al mondo, una realtà dove l’uomo nasce, cresce, vive e muore in completa simbiosi con la natura e con gli animali.
Durante uno dei miei viaggi in Mongolia ebbi la fortuna (tra le tante) d’imbattermi in una scena che pareva tratta da un film uscito qualche anno dopo. In una zona verde a ridosso delle Kongorin Ells c’erano due pali impiantati nel terreno e tra i due pali c’era una corda tesa a cui, sempre con una corda, era legato un cavallo, solo. Improvvisamente arrivarono una decina di nomadi a cavallo a loro volta ogni cavaliere teneva la corda di un cavallo non montato da cavaliere; si radurarono, parlarono tra loro e, ad un certo punto, iniziarono a girare attorno al cavallo legato alla corda tesa tra i due pali. Mentre gli giravano attorno un cavaliere suonava uno strumento musicale e gli altri cantavano una musica dolcissima, morbida, suadente. Una scena incredibile, mai vista in tutti i miei viaggi e in tutte le mie peregrinazioni tra i nomadi del mondo. Chiesi subito ad un amico mongolo cosa stava succedendo. La risposta fu unica: stanno convincendo il cavallo legato a farsi montare. Ancora oggi penso di aver sognato una risposta simile, ma ero sveglia, molto sveglia e circondata dei turisti del gruppo che accompagnavo che facevano domande: non era un sogno.
Al termine del canto, provarono a staccare il cavallo per capire se era stato convinto ma, ahimè non lo era ancora. Altra pausa, altro giro di canti e musica. Ci vollero quasi due ore ma alla fine la bestia fu domata dalla gentilezza della musica.
Sogno o realtà?
Un viaggio in Mongolia è fatto di emozioni, di piccole cose che a volte ci sembrano insignificanti; gesti, di vita quotidiana, all’interno di una gher (tipo di tenda nomade) dove l’ospitalità rappresenta la cifra dominante. Accompagnavo una spedizione di 18 giorni in tenda da Ulan Batoor (UB per gli amici) agli Altai, poche persone molto motivate e durante una tappa fummo invitati a visitare una gher dei nomadi che ci vivevano. Avevo istruito tutti sulla necessità di non calpestare la soglia dell’entrata della gher per non portare sfortuna alla famiglia (frate Bartolomeo nel 1254 aveva rischiato la morte per questo gesto), entrammo e ci offrirono subito formaggi di capra, bevande a base di latte di yak e tante altre cose buonissime preparate dalla padrona di casa. Naturalmente tutta la famiglia mongola si era radunata e noi eravamo seduti tutti all’interno della gher dove, con l’aiuto di Boya, capivamo e ci facevamo capire. Quando venne il momento di salutare avevo preparato qualcosa da offrire: un po’ di tabacco per gli uomini, dolcetti per i bimbi e qualche soldo, solo 2000 tugrut per le donne, glieli porsi davanti a tutti ringraziandoli.
La padrona di casa prese i doni e disse: “grazie per il tabacco e per i dolcetti ma dei soldi prendo solo 500 tugrut perché gli altri 1500 serviranno a voi che siete lontani da casa” Ancora oggi non ho parole per commentare. Visitate la Mongolia e non pagherete abbastanza per simili emozioni!
La viaggiatrice
Ma non mi sono presentata ancora. Mi chiamo Elena Zabo, ho una discreta età e conoscenza del mondo nomade e dei deserti del mondo in particolare. Dove sono stata fino ad ora? Nel Sahara per la maggior parte dell’anno e nel mondo durante gli altri mesi. E questo negli ultimi 20 anni.
Io sono partita il 10 Luglio, con un gruppo, per la Mongolia ma il 6 agosto riparto per una destinazione unica, particolare dove il deserto del Badan Jaran in Cina con dune da 500 mt sovrastanti laghetti incotaminati e la mitica città di Khara Khoto la faranno da padroni.
Ma questa è un’altra storia.
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La sua esperienza, sul territorio cinese mi sarebbe molto di aiuto.
Devo assolutamente farne una anch’io; ma non per poterla raccontare, dev’essere una cosa solo mia.
Spero che mi possa aiutare.
Un caro saluto
Andrea