In un week end di sole tra la primavera e l’estate, in un tavolino all’aperto, Harry parla con una ragazza. Lui non crede al lieto fine, lei è un’inguaribile romantica, nonostante la vita abbia fatto di tutto per smantellare dalle fondamenta le sue convinzioni.
Harry e la ragazza non si vedono da circa tre anni, eppure non si direbbe. La città la misurano palmo a palmo, costellandola di risate e discorsi sul mondo, la vita e quant’altro. Ventiquattro ore possono bastare a dilatare il tempo all’infinito, a farlo sgocciolare, fino a intravedere i varchi impercettibili di crocevia inaspettati. È un tempo, questo, in cui tutto sembra correre all’impazzata, girare molto in fretta. Cambia Milano, cambia il vento, le bussole girano impazzite all’avventura. E poi?
E poi, giorni dopo, Harry guarda oltre gli occhiali da sole la luce obliqua cadere sulle ali degli aerei in decollo. Hong Kong? Shanghai? Londra? Toronto? Come molti tra i trenta e i quaranta, Harry vive in perfetto equilibrio tra la voglia di andare e restare, e l’aeroporto, qualsiasi aeroporto, sembra fatto apposta per lui. In quel non-luogo dove tutto è possibile, anche essere qua e altrove, Harry snocciola i giorni. Milano è lontana, ma poi neanche tanto, la sfiora soltanto, eppure forse la scoprirebbe fatta apposta per lui.
Perché Milano è un po’ un aeroporto, in cui si transita in arrivo o in partenza e, nel frattempo, si vive.
Harry ti presento Sally
Bello!
… da te vale doppio! grazie!
WOW!!!