La ragazza ha una lunga sciarpa di lana azzurra attorcigliata a più giri su una corta giacca di pelle nera. Ormai da tre settimane i suoi passi risuonano sull’asfalto di Milano.
È una domenica sera di metà ottobre e la ragazza salta da un tram all’altro, zigzagando di quartiere in quartiere fino alla meta del suo piccolo viaggio: l’inaugurazione di un nuovo ristoro-pub-trattoria. Stasera tutte le strade sembrano condurre qui, in una via secondaria di macchine parcheggiate e di qualche balcone fiorito. Il marciapiede circostante e la carreggiata a senso unico sono occupate da un variopinto gruppo di giovani di ogni età, tutti col brindisi alla mano.
La ragazza è in ritardo: quando arriva, un gran numero di palloncini multicolore si è già involato per festeggiare la nuova insegna. La sua vera meta però è Miranda, figlia di Prospero, duca di Milano (ricordate?), che l’aspetta confusa tra le mille luci della serata.
Miranda stasera è triste, ma non da stasera, è triste da un po’. Miranda ha iniziato a fare i conti, i conti col tempo. La colpa non è di Milano, la colpa è di ciò che a Milano è sempre più spesso la norma: si lavora a tempo indeterminato, si vive e si guadagna a progetto. A Milano come altrove, in Italia.
E così si impara una professione, si cresce, si diventa anche bravi, e poi si rimane fermi, a rincorrere per anni se stessi, in un gioco dell’oca in cui si perdono a ogni giro un po’ di caselle. C’è chi si adegua, c’è chi si rassegna, chi se ne va, chi resiste. È la storia di giornalisti, ricercatori, redattori, insegnanti, ma sempre più spesso anche di ingegneri, architetti, psicologi, avvocati, segretarie… Prima o poi per tutti arriva il momento di fare i conti: con la voglia di comprare casa o di metter su famiglia. Diceva qualcuno che i contratti sono flessibili, ma i mutui e le bollette no. E troppi progetti si involano come palloncini colorati. La lingua sa essere crudele, o forse più realista di noi: strana antitesi quella per cui i contratti a progetto coincidono con la tomba di ogni progetto di vita. Che spreco di risorse, di competenze, di lungimiranza. Che spreco. E il peggio è che ormai sembra essere divenuto banale perfino parlarne o scriverne.
La ragazza e Miranda chiacchierano fitto, alla fine si concedono pure un paio di brindisi. Ma è amaro il retrogusto della serata, quando la ragazza attorcigliata nella sua sciarpa e nei suoi pensieri si infila in un taxi e si fa riportare a casa.
Non pensare non pensare non pensare. Leggerezza leggerezza leggerezza. Che tristezza, però.