Su L’Espresso di questa settimana leggo un intervento di Piergiorgio Odifreddi relativo alla…
Scienza? Matematica? Logica?
No, nulla di tutto questo. Alla Cultura. E non alla Cultura intesa in senso generico, ma in merito a un dibattito tra Umberto Eco ed Eugenio Scalfari. Dico: tra ECO e SCALFARI spunta Odifreddi. Di cosa tratta il dibattito? Del senso di realtà del mondo contemporaneo e del rapporto tra finzione narrativa e realtà. Odifreddi dice la sua e, ancora una volta, la fa fuori dal vasino. Riporto alcune frasi:
Se mi permetto, da scienziato, di intromettermi nel dibattito come “terzo fra cotanto senno”, è solo perché mi sembra che sia Eco che Scalfari, da umanisti, tendano a sottovalutare l’effetto deleterio che dosi massicce di finzioni finiscono per avere sul principio di realtà.
E già qui… rimango silenziosamente allibito. Ma andiamo avanti (tralasciando l’ormai sua trita e ritrita ripetizione che cattivona l’ora di religione a scuola!):
In quelle stesse scuole, verranno anche sistematicamente impartiti insegnamenti letterari e filosofici dello stesso genere, dagli dèi omerici dell’Iliade e dell’Odissea, alla schizofrenica voce del daimon socratico, ai regni dell’aldilà della Commedia dantesca, ai deliri idealisti di Hegel e Croce, al motto nietzschiano che «non ci sono fatti, solo interpretazioni».
Avete capito bene? Inizio a domandarmi perché il suo intervento sia stato pubblicato nella sezione “Cultura” della rivista… Continuiamo!
Questo mercato è sostenuto da un battage di recensioni, interventi, dibattiti e interviste che satura le terze pagine della carta stampata e della televisione.
A questo punto non so davvero che reazione avere, se non quella di iniziare a pensare che – forse – ‘sto tizio ha qualche problema, e non solo di coerenza logica (strafalcioni logici e di metodo disseminano i suoi cosiddetti testi saggistici sul Cristianesimo).
Veniamo alle sue conclusioni. Tenetevi forte.
Il primo risultato di questa manovra a tenaglia è una società che non vive della e nella realtà, appunto, ma è immersa nella finzione generalizzata. C’è forse da stupirsi se, ormai assuefatta alle storie dei cantastorie, quella società finisca poi col diventare facile preda dei contastorie, politici o religiosi che siano? I quali, in fondo, perseguono i propri fini con gli stessi mezzi, spesso raccontando addirittura le stesse storie.
Il secondo risultato è una società che non conosce la realtà e se ne disinteressa. Oggi qualunque scrittore o attore da quattro soldi, per non parlare di uno da milioni, riceve più attenzione ed esposizione di qualunque premio Nobel. E le contingenti e superficiali invenzioni del primo sommergono le necessarie e profonde scoperte del secondo. Bisognerebbe fruire dei romanzi, dei film e della tv cum grano salis.
Terminata la lettura dell’articolo (e dopo aver letto alcuni suoi cosiddetti saggi) mi chiedo perché perseverino a pubblicare simili minchiate. Scusate il francesismo.