Ci sono persone da cui vorrei essere capito e che vorrei capire. Quanto agli altri, se non mi capiscono fino in fondo, pazienza, mi devo rassegnare

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È possibile affermare con certezza se un libro, un dipinto, un film siano obiettivamente validi o meno? Dove si trova il sottile discrimine tra gusto personale e oggettiva qualità? Ci sono romanzi che si possano fregiare del titolo di capolavori senza porgere il fianco a critiche? Per quale strano motivo il lettore medio ‘scopre’ improvvisamente un autore, lo apprezza e condivide e improvvisamente decide di denigrarlo? Perché, dopo gli scopritori dell’ultima ora, il più nutrito gruppo di commentatori di libri è quello dei denigratori gratuiti?

Recentemente mi sono lasciata invischiare nell’ennesima sciocca rissa-da-social-network: esperienza di assoluta inutilità, data, oltretutto, la fuga a gambe levate dell’avversaria. L’oggetto del contendere era, tra le altre cose, il giudizio (riassumibile nel sintagma è una cagata) affibbiato dalla persona di-cui-sopra ai libri di Murakami. Astraendosi dalla conversazione, è possibile decretare se Norwegian Wood, Dance dance dance, L’uccello che girava le viti del mondo o 1q84 siano o no dei libri di qualità? Sinceramente, non credo tanto alla frase fatta i gusti sono gusti – non più di quanto creda a un tempo qui era tutta campagna; nel senso che, operati i distinguo del caso, non credo che qualcuno possa affermare, se non come provocazione, che Leonardo era un imbrattatele. A me, personalmente, i dipinti di Leonardo trasmettono poco, esporre in salotto la Gioconda non è il mio sogno segreto, non sono una fan del figurativo, ma non mi sognerei mai (mai, mai!) di dire che Leonardo era un cretino qualunque. Fatte le debite proporzioni, liquidare i libri di Murakami, che sono molti ed anche ben diversi tra loro, con un’alzata di spalle e una frase sprezzante mi sembra, come minimo, una sciocchezza. Ho letto Norwegian wood quando ancora si chiamava Tokio blues, aveva la copertina rossa e verde ed era pubblicato dalla Feltrinelli, in economica. All’epoca non dobbiamo averlo comprato in molti, se la Feltrinelli, dopo A sud del confine, a ovest del sole, ha preferito cedere i diritti all’Einaudi. Mi ha colpita molto, la storia tenera e malinconica e umbartile e terribilmente adolescenziale di Watanabe, Naoko e Midori. Mi è sembrato un romanzo scorrevole e delicato, complesso e denso di personaggi ben strutturati. Potentemente giapponese, tra l’altro: ché non c’è bisogno di kimono e cerimonie del tè, per esserlo, altrimenti anche Musica di Mishima sarebbe poco giapponese, e il suo autore farebbe di nuovo il seppuku, pur di non sentirlo. Non penso che Tokio blues sia paragonabile alla Divina Commedia, ma liquidarlo come libro volgare e morboso mi sembra folle: anche perché, accidenti, dei pochi libri di autori giapponesi che ho letto si tratta di uno di quelli con meno riferimenti alla sfera erotica, e in cui l’argomento è trattato in modo più sereno e meno scabroso; basti pensare a Il ponte dei sogni di Tanizaki, ecco.

Ieri è ricorso l’anniversario della nascita di Miró, il più surrealista di tutti, il pittore che mi dona un brivido a ogni dipinto. La prima volta che sono stata alla fondazione a lui dedicata, a Barcellona, nella splendida frescura del Montjuic, ero estasiata e disgustata in parti uguali: estasiata dallo splendore superbo dei colori, dall’equilibrio rasserenante delle composizioni, dall’immediata comprensibilità dei miroglifici, e disgustata dal coro di lo so fare anche io delle persone che ciondolavano tra le tele. È possibile accettare che vengano pronunciate simili blasfemie? Bah. Resto dell’idea che non tutte le opinioni sono valide: che si tratti di uno scrittore giapponese, di un pittore catalano o del semi-labrador.

 

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5 Responses to Ci sono persone da cui vorrei essere capito e che vorrei capire. Quanto agli altri, se non mi capiscono fino in fondo, pazienza, mi devo rassegnare

  1. potris says:

    Di recente ho letto un episodio della vita di un personaggio famoso su questa cosa del “potevo farlo anch’io”, se mi ricordo dove lo linko, che finiva con la sua risposta “la differenza tra me e voi è che io l’ho fatto, voi avreste potuto farlo”.

    ps: ovviamente non condivido “il più surrealista di tutti”… visto cge è corsivo, è una citaz?

    • maria says:

      linkalo, dai, sembra interessante. la citazione è di andré breton, considerato il fondatore e teorico del surrealismo

      • potris says:

        mah, non riesco a ricordare dove l’ho letto, in effetti potrebbe anche essere in qualche libro, non online :(

        Breton breton….mmmmm, non amava Dalì ….

  2. stefania cimino says:

    Sono commossa…davvero. Hai espresso chiaramente un concetto fondamentale per me..Grazie ancora! <3

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