Steven Seagal: una parola da chi non lo sopporta!

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Oggi esce su ThrillerMagazine il breve profilo che ho stilato su Steven Seagal, nome che non si può non citare parlando del cinema marziale statunitense che ha segnato gli anni Novanta. Qui però apro una parentesi personale: parafrasando una vecchia freddura russa, potrei dire che parecchi attori hanno dimostrato che un qualsiasi idiota sa fare un film di arti marziali, mentre Seagal ha dimostrato che non proprio tutti gli idioti sanno farlo…

La mia memoria non mi aiuta e non riesco a risalire alla prima volta che ho visto un suo film, ma di una cosa sono sicuro: quando ancora esistevano le grandi videoteche ero uno che se le passava tutte in rassegna (alla fine degli anni Ottanta avevo ben 6 tessere di altrettanti videonoleggi!) e quindi avrò visto “Nico” nel momento esatto in cui è arrivato nelle videoteche italiane. Visto che il film è del 1988, sicuramente stiamo parlando dell’inizio degli anni Novanta: anche se trovare prove schiaccianti sarà difficile, sono sicuro che non sia arrivato da noi prima di Van Damme.
Oggi può suonare strano, ma all’epoca le videoteche traboccavano di film marziali: Bruce Lee, film di Hong Kong massacrati da titoli italiani fantasiosi, film ninja anni Ottanta, ragazzi dal kimono d’oro, Chuck Norris in varie salse, qualche sparuto e rarissimo Jackie Chan e prodotti di cui oggi si è persa la memoria. Entrati nei ’90 esplose il fenomeno Van Damme e ci fu l’invasione di pellicole che promettevano di mostrare combattimenti di kickboxing: non era mai vero, e si scopriva che poi erano pellicole di Hong Kong “mascherate”. In questo sottobosco di falsità e inganni (ogni volta che si affittava un film era una lotteria: sarà veramente quello che c’è scritto sulla locandina o l’ennesima presa in giro dei distributori?) si affacciò Steven Seagal.

Nico” era targato Warner Bros, casa che all’epoca stava puntando moltissimo sulle arti marziali. Da poco aveva finalmente rilasciato in home video “I 3 dell’Operazione Drago” con Bruce Lee (di lì a breve avrebbe prodotto anche il di lui figlio con “Resa dei conti a Little Tokyo”) e stava presentando capolavori del genere come “I maestri del kung fu” di Lo Mar. Aveva distribuito, con enorme successo, “Senza esclusione di colpi!”, sia in noleggio che in vendita (all’epoca le due cose non erano consequenziali) e faceva a gara con la CBS-Fox, che contemporaneamente sfornava “Kickboxer – Il nuovo guerriero” e andava a pescare qualche più economico titolo minore da spacciare come “film di kickboxing”.
Tutto questo serve per capire in che ambiente si affacciò Seagal: una richiesta vorace e crescente di film marziali di qualsiasi tipo, preferibilmente americani. (I prodotti asiatici erano considerati inferiori, e i cinesi lo sapevano visto che continuavano a girare film negli USA ribattezzando tutti con nomi anglofoni). Ancora oggi viene detto che all’epoca si cercavano nuovi eroi come Schwarzenegger e Stallone, ma in realtà questi e altri attori facevano film esclusivamente d’azione: il pubblico invece voleva vedere tecniche marziali come nessuno dei due attori citati (o un qualsiasi attore d’azione) avrebbe mai potuto fare. Chi voleva un nuovo eroe d’azione, seguiva il nascente Bruce Willis: io invece sto parlando di quella grande (almeno all’epoca) fetta di pubblico che non voleva azione bensì arti marziali. Perdonava recitazioni stentate in nome di una comprovata abilità atletica. Che ci fosse questa netta distinzione, e che all’epoca il genere marziale risultò più richiesto, lo dimostrò Dolph Lundgren, che agli inizi carriera si presentò come nuovo eroe alla Stallone/Schwarzenegger (come per esempio in “Red Scorpion”) per poi virare subito nel genere marziale… finché è stato in grado di farlo!
Impazzava poi la polemica fra arti marziali reali e filmiche: Bruce Lee era vero (malgrado nei film facesse salti di tre metri da fermo!), gli altri erano solo attori. C’era un pubblico che chiedeva realismo, quel pubblico che amava Chuck Norris: sullo schermo eseguiva tecniche marziali talmente approssimative e mal eseguite… che dovevano per forza essere vere! Quel pubblico applaudì all’arrivo di Seagal, che venne sin da subito presentato come super-mega-maestro che faceva sul serio, che non cedeva alle lusinghe di coreografie spettacolari ma che si atteneva ai rigidi dettami delle arti marziali “serie”.

Tutti i protagonisti dell’epoca vennero esclusi dallo scontro epocale: sin dagli inizi i fan si divisero tra Van Damme e Seagal, i due volti più rappresentativi del cinema marziale. Si sarà capito che io ero con il buon Jean-Claude, che portava su schermo esattamente quello che il mio martial heart voleva: spettacolarità!
Seagal si presentava invece come un legnoso musone, uno che se la tirava da morire, che sapeva tutto lui e via dicendo. Tutti questi, però, non sono difetti per i suoi fan: sono virtù! Da quel momento Seagal ha girato tantissimi film, ma sempre e rigorosamente uguali: c’è lui che è Seagal, e gli altri – che non sono Seagal – prendono schiaffi e basta. Mentre Van Damme amava di circondarsi di grandi professionisti marziali (decisamente più bravi di lui, anche se poi soccombevano sullo schermo), non c’è quasi mai un vero combattimento nei film di Seagal, perché lui preferisce avere o avversari inetti o gnappetti di dieci taglie più piccoli: alla faccia dell’onore marziale! La violenza nei suoi film è gratuita e raccapricciante: la critica invece definiva violenti i film di Van Damme, che volava mezz’ora in aria per dare un calcio…

In fondo a questo si riduce la differenza tra i due: Seagal opta per un realismo cinematografico che è la dichiarata negazione di qualsiasi elemento coreografico, spettacolare o anche solo fantasioso. Va benissimo… ma per un film, non per venti! Dopo vent’anni, anche il fan più sfegatato dovrebbe riconoscere che l’assoluta ripetitività delle scarsissime tecniche marziali che Seagal mostra in video sono un difetto e non più un pregio.
Che piaccia o meno, comunque, la formula Seagal funziona da due decenni. Malgrado da parecchi anni sia ormai il fantasma di se stesso (come purtroppo tutti gli altri suoi colleghi!) Seagal continua a fare film identici. Come fa? Come fanno tutti gli altri: girano negli angoli più economici dell’est europeo, prendono attori a costo zero e i film escono solo nel decisamente più economico mercato home video. È un modo per rimanere a galla, in attesa di tempi migliori, ed è utilizzato ormai da gran parte della cinematografia americana, quella una volta chiamata “spendacciona” e che oggi è alla canna del gas.
In questo panorama, anche la peggior fetecchia asiatica risulta oggi di grandissimo interesse, in confronto a Seagal & Co…

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11 Responses to Steven Seagal: una parola da chi non lo sopporta!

  1. guantanamo says:

    “Nico” è bello però 😉
    Per il resto d’accordissimo sul fatto che la formuletta di Seagal è trita e ritrita… a mio avviso sono i suoi primi 3-4 film quelli decenti… poi diventa una macchietta, un po’ ridicolo il tutto, insomma.

  2. Lucius Etruscus says:

    A me personalmente non sono mai piaciuti neanche i primissimi film, ma è innegabile che almeno erano film di una certa qualità. In seguito sono diventati… boh, non so neanche cosa sono diventati! Le menate socio-ecologico-antropologiche sono di un fastidio urticante 😛
    Purtroppo il declino dal 2000 è un destino comune agli eroi marziali, e visto che Van Damme e Seagal sono gli unici americani a non aver abbandonato completamente la marzialità, tocca accontentarsi. 😉

  3. Giacomo Brunoro says:

    Steven Seagal, al contrario di tanti “ballerini” come Van Damme o perfino Bruce Lee, è stato ed è un vero campioni di arti marziali. Io ho sempre adorato i suoi film (tutti uguali, così come devono essere!), soprattutto da quando ha iniziato a presentarsi davanti alla macchina da presa visibilmente sovrappeso, nel tentativo pietoso di nascondere i suoi tanti chili di troppo dietro a vestiti di foggia orientale.
    C’è da fare una riflessione: ad oggi i film di Seagal sono replicatissimi (in media un paio al mese solo su Rete4), segno che nonostante gli anni hanno mantenuto un ottimo appeal sul pubblico. Non si può proprio dire lo stesso per i film di Van Damme che sono invecchiati malissimo e che infatti sono letteralmente spariti dalle programmazioni tv.

    • Lucius Etruscus says:

      E’ verissimo che i grandi interpreti marziali non hanno alcun vero titolo: è per questo che si chiamano così, perché “interpretano” un artista marziale! (Guarda caso, sia Van Damme che Bruce hanno studiato danza!)
      Seagal – l’ha dichiarato lui stesso in primis – non ha mai recitato, lui è così e piace a tantissimi fan ed è giusto che sia così: ognuno ha il suo spazio e la sua fetta di pubblico. C’è chi invece – come me – preferisce un attore che faccia spettacolo, anche se poi è solo fumo: non credo che Johnny Depp sia veramente un pirata dei Caraibi, eppure il suo film è molto amato! 😀
      I film di Seagal sono replicati per un unico motivo: costano due soldi! Perché non viene replicato “Nico” o “Ferite mortali”? Perché sono della Warner e costano: i suoi film dell’est europeo li vendono insieme alle patatine e quindi vengono replicati. Non si può giudicare un film in base alle sue repliche televisive: queste seguono percorsi che non hanno niente a che vedere né con la qualità né con il gusto del pubblico.
      Per finire, gli anni Novanta hanno visto protagonisti anche Eric Lee, Philip e Simon Rhee, e altri titolati artisti marziali con tanto di palestre personali, al fianco di veri campioni del ring come Don Wilson, Gary Daniels, Benny Urquidez e via dicendo… Seagal non è migliore di loro, perché invece alla fin fine è rimasto solo lui? Forse perché non esiste poi questa “realtà”: è un personaggio anche il suo essere “vero”, e sono i personaggi a rimanere nell’immaginario collettivo, non i veri atleti…

  4. Cristiana says:

    Steven Seagal è maestro di Aikido, e io ho un uomo che pratica aikido da anni. Di conseguenza sono costretta a sciropparmi tutti i film di Seagal ogni volta che ripassano in Tv. Posso dirlo? Due palle!

  5. andrea-tortellino says:

    Mi trovo perfettamente allineato con Lucius, anche io, che ho avuto il ‘dis’piacere di vedere i primi film di Seagal, ho sempre sostenuto che l’attore (tale è anche se non sa recitare) se la tira da paura, che fa sempre le sue due mosse, ovvero calcio e presa con le mani per disarticolare, e sopratutto non l’ho quasi mai visto confrontarsi con persone più grosse di lui… bella forza insomma! Ad oggi mi rifiuto di vedere film con lui che indossa un vestito da oreintale teso sulla pancia!

    • Lucius Etruscus says:

      Ti perdi delle chicche, Andrea, come quando nell’ancora inedito “Born to Raise Hell” il buon Steven… si lancia su una macchina in corsa! 😀
      Giustamente si sarà detto: se Van Damme per la terza volta interpreta un soldato morto al cinema, io posso pure zompare su un’auto in corsa! 😛

  6. Giacomo Brunoro says:

    Bè no dai, Nico su Rete4 lo trasmettono praticamente una volta al mese… al di là del costo basso ci sono fenomeni inspiegabili che comunque garantiscono un ascolto costante. Rete4 è specializzata in cose del genere: ogni volta che provano a sostituire WTR con la serie di Lorenzo Lamas gli ascolti crollano, così come quando tolgono Colombo alla domenica sera.

    • Lucius Etruscus says:

      Non so, è tanto che non lo vedo in palinsesto, così come i grandi classici come “Duro da uccidere” o “Giustizia a tutti i costi” (in cui adoro il cameo di Dan Inosanto ^_^). Non credo che l’alienante ripetizione del palinsesto delle reti Mediaset sia indice di qualcosa se non spaventosa tirchieria: altrimenti vorrebbe dire che da trent’anni a questa parte gli italiani amano svisceratamente “A-Team”, “Supercar” e “Magnun P.I.” (che sono ininterrottamente trasmessi da tempo immemore) “Renegade” di Lamas è stato abbondantemente replicato ad libidum da Italia1 vent’anni fa: se WTR seguisse le sue orme e scomparisse, il cinema marziale ne guadagnerebbe moltissimo 😛
      Io penso che trasmettere da quarant’anni Colombo ogni domenica può significare varie cose: 1) c’è una fetta di pubblico che ama vedere per quarant’anni la stessa cosa, quindi è oro colato: spese zero! 2) c’è gente a cui non importa cosa vede: basta che ci siano delle immagini colorate che scorrano sullo schermo: quindi è oro, spese zero! 3) l’auditel è una grandissima presa in giro, ma tanto tutti ci credono: è oro, spese zero!
      Si potrebbe andare avanti parecchio, ma la costante è unica: spese zero! Perché arrischiarsi a comprare dei film nuovi quando la gente ama rivedere continuamente Colombo e la Signora in giallo? E perché addirittura arrischiarsi a presentare film marziali, che in Italia sono come la peste?
      Più ardito è il satellite, che prova a presentare qualcosa, ma se le uscite marziali in italiano sono poche, costose e i diritti volano subito via, alla fine sarà costretto a presentare sempre le stesse cose, tipo appunto Seagal e qualche Jackie Chan, o peggio le solite menate anni ’80 di Chuck Norris…

  7. andrea-tortellino says:

    Almeno J. Chan è un brevo atleta, mi riesce molto simpatico, e i suoi film quando li fanno cerco di vederli, mi garantiscono 1 ora e 1/2 di divertimento, belle mosse e un pizzico di azione, no? Poi le cose migliori le vediamo nei titoli di coda, con tutti gli ‘incidenti’ del film…

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