Lorenza Ghinelli, Daniele Rudoni, Simone Sarasso: J.A.S.T.

Stati Uniti, Israele, Città del Vaticano.
CIA, Mossad e Servizi Segreti Pontifici.
Aisha, Mordechai e Viscardi.
Tre potenze, rappresentate dagli esponenti di punta dei rispettivi organi d’intelligence sono pronte a sfidarsi su un palcoscenico mondiale alla ricerca di un misterioso dossier scomparso: un documento che ha a che fare con la truffa del secolo e con i più sordidi misfatti(1) delle multinazionali farmaceutiche.
Un documento la cui esistenza deve rimanere segreta.
Un documento per il quale le potenze sono pronte a ricorrere a qualunque mezzo: dalla disinformazione al rapimento, dal depistaggio all’omicidio…

Scritto a sei mani da un collettivo formato da Lorenza Ghinelli, Daniele Rudoni e Simone Sarasso, e guidato dallo stesso Sarasso, J.A.S.T., lanciato come il “primo serial televisivo su carta” tende effettivamente alla forma serial per tempi e modi(2), costruzione e tecnica narrativa.
La formula è quella già nota ai lettori di Confine di Stato e Settanta: lo stile sciolto, esagerato, colloquiale, sboccato e citazionista, che, malgrado il piglio volutamente chiassoso e programmaticamente sopra le righe si applica a tematiche tristemente realistiche, è calcolato per instillare il seme del dubbio anche nel lettore più incurante o scettico.
Ma non si tratta solo di questo: come faceva Sarasso nei primi due capitoli della sua Trilogia sporca dell’Italia, gli autori non si limitano, qui, a suggerire (insinuare?!?) la scarsa attendibilità di tante “cronache” che rendono conto dei casi più oscuri della nostra storia recente, richiamando l’attenzione del lettore sulla necessità di vagliare attentamente ogni “versione ufficiale” -effetto, questo, tipico della migliore tradizione spionistica-, ma, come ci era stato anticipato nel corso della mini-intervista pubblicata lo scorso 27 ottobre(3), si divertono a proporre ipotetiche soluzioni spesso ben più coerenti di quelle “accreditate”.
Il racconto, affidato a un narratore extra-diegetico onnisciente ma pronto a sposare, di volta in volta, il punto di vista di uno dei tre protagonisti(4), è costruito per capitoli brevissimi, interrotti attraverso repentini spostamenti e frequenti ellissi che hanno per effetto un’incontrollabile accelerazione dei tempi di lettura.
Accelerazione che, proprio come l’affollamento di capitoli, determina una piacevolissima (seppure tutt’altro che “pacifica”) fruizione immediata, ma che da un certo punto di vista non aiuta: dei molti, rapidi, eventi che compongono J.A.S.T., al lettore resta l’impressione vaga di una lunga sequenza di flashback e azioni folgoranti sfumate dietro a una trama principale più nitida, proprio come, per i telespettatori, il ricordo dei singoli episodi di un serial scompare, irrimediabilmente offuscato dalla long line.
D’altra parte, forse è proprio questo l’aspetto più interessante del tentativo d’ibridazione di J.A.S.T.(5) : pur non potendo replicare il mezzo, il romanzo riesce a riprodurne parte dell’effetto.
Il resto, con buona pace degli ideatori (ma a tutto vantaggio dei lettori) è letteratura.

J.A.S.T. di Lorenza Ghinelli, Daniele Rudoni e Simone Sarasso è edito da Marsilio.

(1)“Realistici” se non proprio reali, solo in quanto indimostrabili, ma per il resto più che verosimili.
(2)Il testo è scandito in capitoli/episodi che, secondo i canoni dei serial americani, hanno una durata di circa 40 minuti; “Ogni episodio -commenta Sarasso a pagina 8, citando l’americano Jerry Brukheimer- inizia con una scena d’azione e un problema da risolvere. Nel corso dei quaranta minuti, il problema trova la propria soluzione. La puntata si chiude con un altro problema. Apparentemente insolubile”.
(3)L’intervista, facente parte dell’originale “J.A.S.T Blog tour”, studiato per la promozione del libro è leggibile qui: http://hotmag.me/nonsolonoir/2010/10/27/j-a-s-t-blog-tour-ottava-tappa-intervista-a-simone-sarasso/.
(4) La scelta avrà probabilmente facilitato il compito in sede di scrittura, dato che ognuno dei tre autori si è occupato di un unico punto di vista; resta però da dire che il linguaggio di J.A.S.T. risulta, nella sua versione definitiva, mirabilmente omogeneo, e, nel passaggio da un punto di vista a un altro (e quindi da una penna all’altra), non si avvertono stacchi di sorta. Merito di un’ampia gamma d’influenze comuni ai tre autori, certo, ma anche di un ottimo lavoro di uniformazione del testo…
(5)Una nota di merito, in questo senso, va anche ai responsabili dell’incredibile packaging: l’effetto del falso-cofanetto dvd è semplicemente incredibile…

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