Politica, finanziamento della politica & Co. (1°)

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Prendiamo spunto dalla ipotesi del Глава Демократической партии (Capo del Partito Democratico) relativamente al finanziamento pubblico dei partiti che dovrebbe essere assoggettato a nuova legislazione entro il mese di luglio, ovvero entro i primi cento giorni del nuovo governo che, forse, immagina di presiedere, come dovrebbe essere ma come non è detto che finirà con l’essere, almeno al momento attuale. Il finanziamento pubblico dei partiti fu introdotto come mezzo per garantire l’accesso a tutti, a prescindere dal censo, alla politica nazionale. Col tempo, grazie anche alla usurpazione del potere popolare operato dai partiti, si è trasformata in uno sproposito anche perché la casta dei politici, nel Parlamento nazionale ed in quelli delle Regioni e delle Province, ha cominciato a liquidarsi stipendi e pensioni così elevati da snaturare anche il finanziamento pubblico. La ragione della remunerazione delle cariche politiche, così come quella dei giudici e dei magistrati, ha il senso di dover garantire dal pericolo e dal rischio della corruzione. Nell’antica Roma, le cariche pubbliche non erano retribuite nel senso che diamo oggi alla parola. L’annualità delle cariche derivava dal timore che la gestione di una carica, protraendosi oltre un anno, potesse indurre chi l’occupava a crearsi, come oggi si direbbe e sarebbe estremamente comune e diffuso, una posizione di potere, tale da costituire un pericolo per la libertà degli altri cittadini, della società e dello Stato repubblicano. Le cariche pubbliche erano chiamate comunemente onori (honores), facevano parte del cosiddetto cursus honorum, e non erano previsti compensi per coloro che le ricoprivano, per l’appunto di anno in anno e sempre dovendosi ripresentare alle elezioni comitali. Il cittadino doveva aspirare alla carica in sé e contentarsi del prestigio che gliene sarebbe derivato, senza alcun profitto materiale. Prestigio connesso con la partecipazione alla vita dello Stato ed alla sua gestione. In massima parte, questo ricalcava la stessa impostazione della professione forense che era del tutto gratuita riguardo al patrocinio anche se, ed è questo l’accessorio, attraverso l’istituto clientelare era di fatto ed in sostanza remunerata adeguatamente. Chiaramente, non sempre chi si dava alla politica attiva era disinteressato riguardo ai guadagni potenziali che ne potevano derivare, infatti, se si riceveva un governatorato di una provincia, sempre di fatto ed in sostanza, questa era l’occasione per arricchirsi anche se molti lo facevano con adeguata moderazione. Un Claudio o un Fabio potevano aspirare a cariche politiche senza probelmi e potevano impegnarsi a fondo perché avevano alle spalle le ricchezze della propria gens se non quelle della famiglia di origine. Certi altri, come Scipione, pur ricchi di famiglia non lo erano al punto da potersi finanziare ad finem e quindi, di conseguenza, seguivano il cursus honorum innanzitutto prestando servizio nell’esercito e poi presentandosi alle varie elezioni grazie però e comunque alle risorse finanziarie della famiglia e dei suoi clienti. Catilina si diede alla poltica e tentò la scalata al potere perché era un aristocratico squattrinato e prossimo al fallimento. Cicerone, che veniva dalla provincia, si diede alla carriera forense per costruire la sua fortuna e fu ben diverso da Ortensio che veniva da una famiglia già ricca di per sé. Cesare si diede alla politica perché di famiglia nobile ma decaduta e per riparare ai debiti si fece assegnare la provincia di Gallia dove fece, innanzitutto, molte cose ottime e fra queste quella di rimpinguare le sue finanze. Pompeo fu retto dalla classe senatoria e patrizia, Crasso si resse grazie alle sue ricchezze accumulate e potenziate, oltre ogni dire, facendo per l’appunto vita pubblica. Lucullo non dové esser da meno. Cinna e Clodio erano arruffapopoli e facinorosi e, senza dubbio, usarono del loro potere di piazza per scarruffare e arraffare qua e là. I tribuni Tiberio e Caio Gracco, di famiglia più che nobile e entro la gens degli Scipioni e dei Corneli, entrarono in politica più per un fatto assai più ideale rispetto a molti altri e, infatti, non furono esenti dalla demagogia e dal connotato rivoluzionario. Comunque, l’eroicità e l’idealità verso lo stato di Cincinnato erano ormai lontana cosa… Cesare accumulò sesterzi a milioni prima di tornare a Roma e così Crasso prima di trovare prematura morte sulla piana di Carre. E comunque, eccessi a parte, lo Stato Romano prosperò pur fra queste contraddizioni divenendo nell’antichità ciò che gli USA sono oggi: presentarsi infatti come “cives romanus sum” equivaleva a mostrare il passaporto US, come dimostra senz’altro la vicenda di Paolo di Tarso (Saulo un tempo!). Senza contare che il Senato per davvero prendeva alla lettera il senso di quella dichiarazione e agiva di conseguenza. Da sempre, i più ricchi, ed anche nella Grecia Antica ciò era verissimo, hanno potuto dedicarsi alla vita politica, pur nella bontà della convinzione e dedizione, in maniera più tranquilla rispetto ai più poveri e la prova si può ritrovare nell’ordinamento britannico dei Lords e dei Commons. La Rivoluzione Francese abolì questo stato di fatto ma, alla fine, fu comunque un aristocratico dedito alla diplomazia, tal Jacques de Condillac, a rappresentare lo Stato Rivoluzionario nelle assisi di mezza Europa. In Italia non fu dissimile al situaizone sin dall’inizio del Nuovo Stato Unitario e nella sua costituzione: quanti conti da Cavour a Casati e via dicendo si sono avuti sulla scena politica dell’epoca?    (segue)

 

About storia

Ingegnere meccanico, dottore di ricerca in energetica, professore a contratto alla Facoltà di Ingegneria e alla I Facoltà di Architettura "L. Quaroni" dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", si occupa di studi di impatto ambientale, paesaggistici e urbanistici. Si interessa di letteratura, storia, disegno e fotografia.
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2 Responses to Politica, finanziamento della politica & Co. (1°)

  1. storia says:

    Dunque allora non c’è possibilità di avere una politica scevra da comportamenti interessati?

  2. Daniele De Marchi says:

    La domanda fatta al margine sembrerebbe avere risposta negativa, però sono esistiti politici degni di questo nome che, al di là dell’interesse personale che comunque deve esserci altrimenti non ci sarebbe intervento politico, hanno lavorato davvero per il bene comune dei cittadini e dello Stato…

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