L’eco delle savane (1)

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Sara nel dormiveglia sente il rumore della tapparella aperta furiosamente dall’assistente per dare la sveglia a tutti e scatta dal letto sapendo che si dovrà lavare in fretta e poi vestire in fretta e fare il letto in fretta per arrivare in tempo a fare colazione in fretta e poi aspettare mezz’ora ad annoiarsi senza fare nulla prima di poter entrare in classe per l’inizio delle lezioni. Ma non è vero. Non è più in collegio e subito vede la stanza affittata a Padova per frequentare medicina all’università. Sara è in piedi a fianco del letto e la sveglia ha già suonato e lei non l’ha sentita e ora l’unica fretta che si impone è quella di arrivare alle 8,05 alla fermata del 48bis. Trova incredibile come gli anni passati da interna nel collegio le siano rimasti attaccati addosso in quel modo che quasi ogni mattina la tratta così. Anche la mia vita è stata salvata dal rock and roll pensa Sara trangugiando i choco pops che estrae dal latte a generose cucchiaiate e ricorda che quando ha letto quella frase nel testo di Rock and Roll dei Velvet ha pensato che lei e la Jenny della canzone erano la stessa persona. Aveva sedici anni e l’Eco delle savane l’aveva portato in classe un’esterna, Gioia Parisi, che era passata da un istituto tecnico al liceo classico rimettendoci un anno e dopo aver superato un esame di ammissione parecchio impegnativo. Era in gamba Gioia e con lei ci chiacchierava volentieri di arte moderna e la ascoltava parlare di quella musica di cui lei conosceva solo i pezzi passati dalla radio. Sara ricorda perfettamente la mattina in cui durante l’ora di religione sotto il banco aveva aperto il paginone centrale dell’Eco e aveva trovato i testi dei Velvet e la ricorda bene perché quella era stata la prima sindrome di Stendhal della sua vita accompagnata da una incontestabile e pervasiva umidità che la aveva costretta ad andare in bagno a togliersi gli slip e a pulirsi con la carta igienica con la testa ancora picchiata dall’orgasmo e un’emozione di terrore che la faceva tremare impercettibilmente in un mio dio cosa mi sta accadendo devo dire che sto male e che chiamino un dottore? Si era lavata la faccia che le bruciava e stringendo in pugno gli slip era ritornata in classe e dopo una certa esitazione era tornata a leggere quei testi e tutto le fu chiaro e le fu chiaro Leopardi, Carducci, Pascoli e tutti gli altri tipi strani e tutta la sua difficoltà e digerire il fatto che quelle cose che scrivevano fossero poesia e che lei le doveva imparare a memoria e commentare mostrando passione e interesse. Tutta quella fila si insulsaggini scritte da sfigati depressi e frustrati… ma per caso erano stati pure loro come lei in collegio dalle Orsoline? E Dante? Occorreva certo una gran bella testa per strutturare un’opera come la Divina Commedia, occorreva sicuramente essere dei geni, ma alla fine: chissenefrega?! A lei non fregava nulla di nulla. Non c’era una riga di inferno purgatorio o inferno che l’avesse mai scossa nell’intimo come le era appena successo con quei testi che teneva sulle ginocchia. Heroin e Venus in furs andavano ben oltre qualsiasi pretesa abiezione di tutti i maledetti tanto esaltati dalla anoressica di francese e l’Eco delle savane era diventato la sua lettura preferita e l’unico suo contatto con un mondo pulsante che poteva solo immaginare dietro alle alte mura di cinta che la separavano come altissime Himalaya da un mondo di cui Gioia Parisi era la sherpa profeta. Comperava l’Eco durante le uscite per le passeggiate in città quando andavano in visita a qualche parco o chiesa, sempre gli stessi parchi e chiese a rotazione, e lo nascondeva nella borsa pregustando i momenti in cui lo avrebbe letto di nascosto. Le rubriche cambiavano e si rinnovavano sull’Eco e questo lo rendeva sempre più interessante anche se lo strillo di copertina che annunciava la nuova rubrica di Manlio Capuozzo “Sprazzi di merda sulla verità” l’aveva al contempo incuriosita e schifata. Perché un titolo così provocatorio? Nell’indice interno la rubrica era messa in rilievo e Sara sfogliando in fretta era arrivata a pagina 24 per capire già dalle prime righe che quel titolo era perfettamente in linea con i deliri di un ex musicista che pieno di livori per la prematura fine della sua carriera voleva spalare merda su chi invece aveva successo grazie al popolo bue. Come si permetteva quel vecchio dalla improbabile zazzera platinata ad affermare tutte quelle cose pretestuose, discutibili e di parte come se fossero verità assolute? Come se dopo gli anni novanta non fosse successo più nulla di interessante?! Sara ci aveva pensato con grande esitazione e poi vincendo la timidezza aveva mandato una mail alla redazione dell’Eco delle savane oggetto SDMSV contestando punto per punto l’articolo in cui il signor Capuozzo faceva a pezzi l’ultimo album dei The kills. La risposta era stata pubblicata il mese successivo ed era di due righe che dicevano testualmente: Gentile Sara questo album può giusto eccitare le ridicole e morbose fantasie di una collegiale frustrata quale immagino lei sia. Sara fissando incredula la pagina era rimasta di sasso. Come poteva Manlio Capuozzo sapere che lei era in collegio? Dio ti vede e fa la spia? Maledette Orsoline! Cosa stava succedendo? Come poteva Manlio Capuozzo colpirla con un affondo così intimo. Che ne sapeva lui delle sue morbose fantasie? Erano davvero morbosi i The kills? Una volta ascoltando con il walkman Future starts slow si era toccata pensando che lentamente il suo futuro sarebbe finalmente cominciato e lei sarebbe stata libera come Gioia Parisi che aveva un ragazzo con cui faceva di tutto. Gioia Parisi la sua amica che condivideva la sua passione per i The kills e a cui sdegnata aveva mostrato la risposta che Manlio Capuozzo aveva dato alla sua mail. Sorprendentemente Gioia aveva letto e era scoppiata a ridere e poi fattasi seria aveva sussurrato a Sara nell’orecchio: a me Manlio fa sesso, sai che ti dico? A uno così darei anche il culo! e Sara all’istante aveva sentito il cuore scoppiarle dentro e lo stomaco sprofondare a terra pieno di cemento. Aveva barcollato un istante e Gioia se ne era accorta. Stai bene? Sì sto bene aveva risposto Sara. Ma. Quale baratro. Le aveva spalancato davanti. La sua cara cara cara cara amica Gioia Parisi?


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