Il Fiore del Male

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“Non so quando rubare smise di essere un passatempo per diventare una professione. Sarà perchè non mi pare di aver fatto altro nella vita. Certo, non provenivo da una famiglia ricca. Ma non è questo il motivo per cui cominciai. Non avevamo problemi che giustificassero le mie scelte. Ho cominciato e basta. C’è chi nasce per fare lo sbirro, chi lo scienziato, chi per diventare madre Teresa di Calcutta. Io sono nato ladro”.

A cinquantanove anni, trentotto dei quali trascorsi in cella, Renato Vallanzasca rimane nei ricordi di questo paese, nell’immaginario delle vecchie e delle nuove generazioni, il volto del bandito, l’emblema di una vita criminale “al massimo”, l’icona violenta di una città e di un’epoca: l’inquieta e brumosa Milano degli anni Settanta. Di lui tanto si è detto e si è scritto, i contorni della cronaca sono presto sfumati nella leggenda, ed è proprio questo uno dei motivi che hanno portato l’uomo a guardarsi allo specchio, a frugare nel secchio della memoria, a incontrare Carlo Bonini per raccontare una volta per tutte la propria versione dei fatti, “la vera storia di Renato Vallanzasca”. L’ex boss della Comasina ha rapinato, ha ucciso. “Per pudore” nei confronti delle sue vittime, spiega, non ha mai chiesto perdono. “Per lealtà con se stesso” e con il suo personale codice d’onore, ha sempre rifiutato di vestire i panni del collaboratore di giustizia. E con lo stesso rigore e la stessa lucidità ricostruisce il suo passato, senza cadere in compiacimenti, facili ipocrisie o repentine e sospette conversioni. È una storia di sangue, quella di Renato Vallanzasca, una storia non priva di sorprese, stravaganze e inediti retroscena, una storia che affonda le sue radici in un’infanzia ribelle, in quella che appare come una precoce vocazione al crimine.

Carlo Bonini

Giornalista professionista, dopo aver lavorato per Il Manifesto e Il Corriere della Sera, dove si è occupato di cronache giudiziarie, è diventato inviato del quotidiano La Repubblica.

Ha condiviso con il collega Giuseppe D’Avanzo i principali spunti investigativi di una carriera talentuosa e controversa, segnata da scoop importanti pubblicati da Repubblica, come quelli legati alla vicenda del rapimento (o meglio della extraordinary rendition) operata dalla Cia a Milano ai danni dell’imam Abu Omar, sospettato di appartenere a una rete di terrorismo internazionale.

  • La toga rossa, con Francesco Misiani. Tropea, 1998. Vincitore del premio Rea per la saggistica.
  • Il fiore del male. Tropea, 1999.
  • Guantanamo. Viaggio nella prigione del terrore. Einaudi, 2004.
  • Il mercato della paura. La guerra al terrorismo islamico nel grande inganno italiano, con Giuseppe D’Avanzo. Einaudi, 2006.
  • ACAB. All cops are bastard. Einaudi, 2009.

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0 Responses to Il Fiore del Male

  1. memole says:

    il libro si legge veloce, la storia di Vallanzasca continua ad appassionare anche oggi…ogni suo passo o gesto fuori e dentro la cella continua a fare notizia…cosa sarà dopo l’uscita del film?

    eppure la sua fedina penale è macchiata da criminini che, con o senza galanteria, hanno lasciato il segno indelebile sulle famiglie delle vittime….

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