Francia, anni ’40, Eugénie “Bébé” Donneville, la Signora Donge, è una donna eterea, affascinante e raffinata, quasi un’apparizione; cresciuta a Costantinopoli da una famiglia dell’alta borghesia francese, ha sposato François Donge, figlio di un conciatore, ma ormai industriale di successo, in grado di garantirle un tenore di vita ben più elevato di quello assicuratole dalla magra eredità paterna, e da lui ha avuto un figlio, Jacques.
Insomma, Bébé sembra destinata a una tranquilla e monotona esistenza borghese, semmai un po’ ritirata e solitaria, considerato che il signor Donge è spesso fuori per lavoro, e che la vecchia villa della Châtaigneraie non offre grandi svaghi. E invece, nel giro di pochi anni, la donna si ritroverà in carcere, accusata del tentato omicidio di suo marito, avvelenato con l’arsenico.
Ma come mai una donna come Bébé ha tentato di uccidere il marito? Quali oscuri moventi l’hanno spinta a tanto?
La storia vi suona familiare? Be’, non c’è da meravigliarsi: quella che avete appena letto è la trama del romanzo La verità su Bébé Donge, di Georges Simenon, uscito nel 1942 e portato sugli schermi da Henri Decoin nel 1952. A tornare sul “luogo del delitto” per questa terza incarnazione ci hanno pensato la fumettista Valentina Griner e la band Bébé Donge (1).
L’idea è semplice: lavorare sugli interstizi, ricostruendo parte del non detto, e riorganizzarlo, insieme al già detto, in una versione “alternativa”, per offrire un nuovo punto di vista.
Se l’originale di Simenon prometteva, fin dal titolo, “La verità su Bébé Donge”, Valentina Griner e i Bébé Donge si propongono di risalire alla verità di Bébé Donge, e, anzi, a le verità di Bébé Donge, ben più adatte alla nostra sensibilità postmoderna. Le verità, e non solo perché, come già il romanzo suggeriva, la Verità della protagonista è forse troppo lontana e sfumata per poter essere espressa al singolare e con la maiuscola, ma anche perché di versioni, nella graphic novel, ce ne sono almeno due: una resa visivamente, attraverso le riuscitissime tavole “classiche” della Griner, che rimandano alla grafica del “vecchio libro tascabile francese” in stile “Presses de la Cité”(2), l’altra veicolata dai testi di Fiammetta Jahier e dai pezzi dei Bébé Donge, esplicitamente richiamati all’interno delle tavole(3).
Se la grafica secca e minimale punta sulla mimesis stilistica per ricreare le atmosfere di Simenon, rileggendo in chiave contemporanea certi canoni dell’illustrazione d’epoca, il cd dei Bébé Donge, concept album più che colonna sonora(4), rinuncia a ogni tentazione mimetica, per suggerire, attraverso un piccolo campionario di divagazioni beat suonate e interpretate ad altissimo livello, una certa visione della protagonista e dei suoi moventi(5).
Ed è proprio a questo che l’intero progetto, nel suo insieme, mira: a raccontare la storia dal punto di vista di Bébé e attraverso gli occhi di Bébé, sottolineando certi aspetti quasi invisibili nella versione originale (per esempio l’orgoglio, che risalta particolarmente nei testi e nelle interpretazioni vocali di Fiammetta Jahier(6)).
Il risultato è una narrazione nuova, una “seconda campana”, che risuona oggi per la prima volta, a oltre settant’anni dall’uscita del romanzo. E anche di più: una narrazione che, oltre che per ambizione e intraprendenza, stupisce per la credibilità, e persino per l’originale radicalismo di certe scelte costruttive e stilistiche.
Esperimento riuscito.
Urrà per Valenina Griner e per i Bébé Donge.
Le verità di Bébé Donge è edito da Goodfellas.
(1) Fiammetta Jahier (voce), Federico “JolkiPalki” Camici (Synth, hammond, piano, gloeckenspiel, cori), Emiliano Bonafede (chitarra, cori, mugugni), Tommaso Calamita (basso, chitarra), Giuseppe Coglitore (batteria e percussioni), coadiuvati da Gianluca Giannasso (tambourine e shaker nei brani “Sono Sola” e “Piccole Cose”).
(2) Così secondo le affermazioni di David Vecchiato, supervisore del progetto grafico (cfr. D. Vecchiato, “A proposito di Bébé”, in V. Griner e Bébé Donge, Le verità di Bébé Donge, Goodfellas, Roma 2015, pp. 3-4).
(3)Sia attraverso la citazione diretta dei testi (talvolta persino anacronistica: a p.60 si fa infatti riferimento ai “cristalli liquidi”, la cui scoperta è avvenuta, sì, nel 1888, ma la cui applicazione è decisamente successiva all’epoca dell’ambientazione del romanzo. Eppure questo anacronismo non guasta, e anzi contribuisce a rafforzare quella sensazione di perfetta attualità conferita alla narrazione dalla forma transmediale), sia attraverso i rimandi a fondo pagina, recanti il titolo del brano d'”accompagnamento”.
(4)A dispetto di certe strizzate d’occhio alle sonorità e ai modi classici della colonna sonora (vaghi sapori lounge, lontane eco morriconiane, assaggi di twang ecc.).
(5)Vaghi, vaghissimi, già in Simenon, cosicché non c’è da sforzarsi per non incorrere nel polveroso e ormai quasi intollerabile determinismo di certi vecchi romanzi psicologici.
(6) Cfr., in particolare, Arsenico e Il processo.