Di: Eleonora Boggio
Rimane nelle narici il profumo di questo angolo di eden. Impresso e indelebile come un ricordo, che facendosi seppia, permane nel tempo. Frivola di un passato opulente e compiaciuto, Capri brilla come un diamante nel mar Tirreno.
Si raggiunge via mare. Traghetti e aliscafi lasciano il molo Beverello, antistante al Maschio Angioino e per l’esattezza quando si raggiunge, l’impressione è quella di trovarsi a Portofino. Rosso pompeiano, ocra palladiano, grigio antracite del ciottolato che porta fino ad Anacapri e il blu di tutte le gradazioni del mare. Poi, sono gli agrumi, che si affacciano lungo il corridoio di binari della funicolare, a fugare ogni dubbio. Cedri, arance e mandarini ma soprattutto limoni. Ogni giardino ne è provvisto. E’ la base del limoncello, l’epilogo ben augurante di ogni pasto partenopeo.
L’aliscafo lambisce l’onda per avvicinarsi al porticciolo, ricolmo di piccole barche. In lontananza spiccano dal mare come Poseidone in procinto di tuffarsi, i due Faraglioni. Massicci, imponenti e ieratici. Qui regnarono le leggendarie Sirene che metà donne e metà uccello a suon di flauti e di lire ammaliavano i marinai in transito sull’isola. Lo racconta Servio nel suo Commento all’Eneide e sembra, ancora oggi, di sentire soffocato dalla risacca, il canto della loro voce ipnotica e incantatrice.
Dimora imperiale
In epoca romana, Capri divenne il soggiorno preferito dell’imperatore Augusto che, come narra lo storico Svetonio, la chiamava Apragopolis ossia “la città del dolce far niente”. Fu lui a scoprirla nel 29 a.C. Il suo successore Tiberio vi trascorse addirittura dieci anni e vi costruì ben dodici Ville, una delle quali, la famosa Villa Jovis. Un passato millenario. Diverse furono le dominazioni che la interessarono. Territorio del Regno di Napoli, l’isola fu sotto il dominio di Angioini, Aragonesi, Spagnoli, Borboni. Scarso fu però il loro interesse per un luogo privo di risorse. Abbandonata a sè stessa sin dal VI secolo fu dilaniata continuamente da scorrerie tra pirati, da saccheggiamenti e dalla peste. Fragranza di aranci e mista a salsedine, grida di gabbiani, fragore delle onde che si scagliano contro la roccia. In questo luogo dall’atmosfera mitologica nell’800 molti scrittori, poeti ed artisti trovarono riposo ed ispirazione per le loro opere. Il famoso Gran Tour la rese celebre. Armati di baule percorrevano le bellezze d’italia, di cui Capri non ne era esente. Nel 1905 fu rifugio letterario per scrittori russi come Massimo Gorki in fuga dopo la guerra russo-giapponese. Ma nella storia dell’accoglienza di personalità di spicco, Capri annovera anche quella dello svedese Axel Munthe. L’insigne medico scelse di costruire la sua dimora sulla cappella medioevale di San Michele.
Il dedalo di un’isola
Epicentro della vita mondana dell’isola la rinomata piazzetta di Capri che dalla sua terrazza offre un’appagante vista del Monte Solaro. L’itinerario, partito dal borgo marinaro, procede con l’attraversamento delle pendici che affacciano sui resti delle ville imperiali. Fino ai giardini di Augusto. Ovunque belvederi a strapiombo sul mare.
Vista (dal) mare
Ed è proprio questa, la via deputata per raggiungere con facilità le meraviglie nascoste a chi vede l’isola da una prospettiva diversa. Fatevi amico un pescatore. Vi porterà attraverso l’Arco di Betlemme fino alla grotta del Bove Marino il cui rimbombo somiglia al muggito di un bue. La grotta dei Preti in cui la roccia sembra aver scolpito figure di sacerdoti. La grotta del Moschino dai colori sgargianti,dal giallo al viola al verde acceso. Giungiamo alla grotta dei Faraglioni fino alla grotta Azzurra. Con una minuscola barchetta ci inoltriamo al suo interno. Un fantastico sipario di un azzurro digradante sigilla un giorno alla scoperta di un’isola magica, adulatrice e sontuosa. Come ogni sirena che si rispetti.
A seguire una cartolina di una giornata a Capri