IL PROFESSIONISTA: CINEMA DI SEDUZIONE(4)

seduzione 4

Interno in un convento
Un particolare sotto filone del WIP è il cosiddetto “Conventuale”. Vicende per lo più di ambientazione cinquecentesca con velleità di ispirazione letteraria (Manzoni ma anche Stendhal e Diderot), in realtà lasciano libero sfogo a una delle ossessioni erotiche nostrane più consolidate. Se l’uniforme in sé sul corpo femminile stimola la fantasia (si vedano poliziotte, dottoresse, infermiere di cui parleremo nel finale dedicato alla commedia sexy), scoprire cosa si nasconde sotto il velo monacale è una tentazione irresistibile. Se pure è vero che la tonaca abbinata a varie fogge di cuffiette prese dagli ordini più disparati non si discosta molto dal camicione nero con collarino candido, è proprio “sotto” l’abito che si vede di che pasta è fatta la monaca.
Tra tutti citerei Storia di una monaca di clausura di Domenico Paolella che schiera due tra le (allora) più affascinanti bellezze del nostro cinema. Eleonora Giorgi, monaca per forza, subisce una prima umiliazione all’atto dell’ingresso in Convento. Sotto la tonaca le viene imposto un corsetto di tessuto ruvido a stecche, non esattamente un cilicio ma di certo un indumento scomodo concepito per lasciare il segno sulla pelle morbida della novizia. Qui, come in tutti i film della serie, il Convento diventa una prigione e non mancano le caratterizzazioni del WIP. La badessa è quasi sempre lussuriosa, sadica e tentatrice. Compaiono poi schiere di consorelle più che disposte a cercare piaceri saffici e non in ogni occasione. Nel film citato oltre la scena della spoliazione della Giorgia che ci permette di vedere anche pizzi e sottovesti d’epoca ed è di per sé un piccolo capolavoro di striptease al contrario, c’è una scena di seduzione con Catherine Spaak che s’agghinda da uomo usando ciocche di capelli come baffi che raggiunge l’apice del genere. Anche qui calze nere e tanga, contro ogni logica storica, diventano la divisa abituale delle monachelle. Fanno eccezione larghi camicioni di lino bianco destinati alla trasparenza nelle immancabili sequenze della doccia. Eva Grimaldi in La monaca del peccato di Joe D’Amato (che è sempre Massacesi), mostra abbinate alle solite calze a mezza coscia mutandoni bianchi della nonna che, addosso a lei, sono quasi più erotici dei tanga delle consorelle. Fanno da complemento tutta una serie di accessori da tortura tra i più stravaganti, dal ‘clisterone’ dell’inquisitore sino a un bizzarro strumento di seduzione usato da Alessandro Gassman in Delitti e misfatti della monaca di Monza. Per sedurre la badessa il giovane nobilastro lombardo le fa leccare una calamita… effetto assicurato a giudicare dalla febbre erotica che s’impadronisce della santa(!) donna. Il genere ha anche una sua deriva comica in tutta una serie di commedie ispirate al Decameron pasolinano. La suora di La bella Antonia prima monaca e poi dimonia (Edwige Fenech) o La novizia dei nostri tempi interpretata da Gloria Guida fanno sfoggio immancabilmente di calze a mezza coscia e mutandine più o meno ridotte. Come sempre, però non è l’abito che fa la monaca. Due esempi per tutti. Ornella Muti giovanissima in Le monache di Sant’Arcangelo sprizza sesso senza mostrare un lembo di carne nuda con il solo visino incorniciato dalla cuffietta e Barbara Bouchet è sontuosa immagine di bellezza femminile irraggiungibile nei panni della Badessa di Castro di Armando Crispino.

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