PROFESSIONISTA STORY 07

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Lo dico a ogni nuova uscita: questo Professionista è particolarmente importante. Può sembrare una formula abusata o forse indulgo nella tentazione di considerare l’ultimo romanzo sempre quello più riuscito. Di fatto, come diceva una mia amica con una vaghissima (ma poi non tanto) vena di rammarico, ‘voi narratori non potete avere figli. I libri sono i vostri figli’. Vero, e l’ultimo sembra sempre il più bello. Di fatto questo Professionista Story è indiscutibilmente un volume di grande interesse per diversi motivi. Alcuni riguardano le storie e il loro inserimento nella saga di Chance, altri sono più personali. Cominciamo dal Complotto, una vicenda serrata in poco più di cento pagine. Chiariamo un punto. Se potessi scriverei sempre volumi da 500 pagine. Però la situazione economica ed editoriale è quella che è, bisogna fare i conti con la paginazione e un sacco di altri fattori. Lo so, il Prof è un successo, e me ne compiaccio, ma non (ancora) così grande da permettermi qualsiasi capriccio. Per cui, senza neanche pensare di tagliare le vecchie storie, ho deciso di concepire avventure più brevi. Dopotutto ci sono alcuni episodi (Pietrafredda e Nero Criminale per citare due cui tengo molto) che anche in un ristretto numero di pagine hanno saputo trovare un ritmo e una forza tali da conquistare i lettori. Se una misura più ristretta è programmata sin da principio e non frutto di tagli, il romanzo breve ha una sua valenza, riesce persino a essere più immediato. Come potete vedere sin dal primo approccio è il caso de Il Complotto. Altra novità. La storia inizia a Bruxelles, patria di Chance e teatro della sua giovinezza che poi è stata come molte di ragazzi (…) come noi, affascinati dall’avventura e magari considerati con qualche diffidenza dalle coetanee che li giudicavano dei ‘bamboccioni’. Un po’ il rapporto tra Chance e Roxanne, l’amore dei diciotto anni che, dopo tanto tempo (siamo all’incirca nel 1998) gli chiede aiuto. E scopre una persona diversa. Intendiamoci, si tratta di una classica avventura del Prof, per cui sbando a smancerie, ma è anche l’occasione di sollevare il sipario e sbirciare in un periodo che lui stesso ha quasi dimenticato. Però la storia non si ferma e presto torna a svolgersi in ambientazioni esotiche o quantomeno classiche dello spionaggio avventuroso. Istanbul d’inverno, giusto per dare un tocco di originalità al set. La Porta d’Oriente è una tappa fondamentale nelle spy stories sin dai tempi della Maschera di Dimitrios. Ma il punto d’interesse forse è un altro. Ho scritto questa storia a settembre dell’anno passato, di ritorno appunto da Bruxelles, città che mi ha svelato un paio di ambientazioni suggestive. Le cronache erano, però, occupate dalla guerra in Siria e dalla scoperta dell’impiego di armi chimiche contro i ribelli (o era il contrario?). Volevo parlare della questione e della recrudescenza della Guerra fredda che stiamo vivendo anche in questi giorni. Non mi andava, tuttavia, di essere troppo aderente alla cronaca, così, seguendo un esempio di autori ben più abili di me (da Forsyth a William Boyd) mi sono inventato uno stato sul mar Nero. Il Krasnodar è, e al tempo stesso non è, un luogo reale. È la trasfigurazione di diversi posti, verosimile ma anche libera da impacci, perfetta per parlare di cronaca concedendosi qualche libertà. Volevo uno sfondo ‘russo’ perché mi pareva più adatto, perciò ho creato un luogo dove s’incontrano cosacchi e neonazisti, la mafia russa nelle sue diramazioni ebraiche e persino partigiani ortodossi. Se il risultato è buono lo giudicherete voi, ma io mi sono divertito. Il particolare curioso è che, a mesi di distanza, è scoppiata una crisi in Crimea che, pur con diverse differenze, torna ad avvicinare la fantasia alla realtà. Se fossi De Villiers qualcuno probabilmente ipotizzerebbe un mix di preveggenza politica e informazioni di prima mano. Più modestamente posso dire che l’osservazione attenta del mondo che ci circonda e il piacere di trasfigurare tutto al servizio della storia hanno regalato alla vicenda qualche carta in più. Passiamo poi a Missioni non autorizzate che, come alcuni di voi noteranno subito, non è l’episodio successivo nella continuity delle uscite. La spiegazione è semplice. Quando il volume fu programmato e contrattualizzato sussistevano dei problemi contrattuali con l’editore che aveva pubblicato le ristampe in libreria per Il grande colpo del Marsigliese e Marea rossa. All’epoca con il direttore editoriale decidemmo di anticipare questo episodio che, un po’ era a sé stante, un po’ era anche una novità perché non è mai stato ristampato. Adesso questi problemi sono risolti per cui leggerete nei prossimi numeri del Profstory sia Il grande colpo del Marsigliese che Marea rossa, sempre abbinati a racconti inediti. È vero che la situazione si è sbrogliata in corso d’opera ma, come già ho spiegato, cambiare anche contrattualmente il ‘pacchetto’ diventava un grosso problema, così come avrebbe causato disguidi e forse un pasticcio, togliere quell’unica pagina in cui si fa riferimento agli episodi precedente che, forse, qualcuno noterà. Di fatto l’importante è ritrovare Missioni non autorizzate in una nuova edizione. È un romanzo a cui tengo per ragioni varie. Chi mi conosce e ha seguito le vicissitudini editoriali del Prof sa quanto mi abbia dispiaciuto l’interruzione delle ristampe, avvenuta ormai sette anni fa non tanto per causa delle mancate vendite, ma per una mutata situazione dei rapporti tra me e quell’ editore. Io credevo che la cosa potesse riallacciarsi, tanto che quando l’editor mi convocò nel 2008, avevo nella mia ingenuità portato una copia dell’originale di missioni con me, per darglielo da scansionare. Doccia fredda quando mi disse che, stando così le cose, i rapporti si interrompevano del tutto e addio ristampe. Per questo ci tengo a stabilire che ormai il Prof è solo su Segretissimo e che questo romanzo in particolare mi è carissimo. Si riallaccia un filo interrotto con voi lettori. La storia, poi la scrissi nel 1998 in un periodo in cui ebbi la fortuna di potermi dedicare solo a questo romanzo senza dovermi preoccupare di altri lavori. Volevo un’avventura in Africa, nel Congo che ancora si chiamava Zaire, ma anche nel Vietnam. Una storia con la formula che preferisco, quella di un gruppo di bastardi che si odiano costretti a collaborare per sopravvivere. Ero reduce dalla visione di due film che in qualche modo mi hanno ispirato alcuni aspetti della storia. Jackie Brown (impossibile non riconoscere Pam Grier nel cast immaginario dei personaggi) e Replacement killers (Costretti a uccidere) di Fouquà prodotto da John Woo. Disseminate tra mille altre suggestioni ci sono anche tracce di questi film. Naturalmente poi moltissime esperienze si fondono tra loro creando un’avventura originale che privilegia l’intreccio spionistico nella prima parte e il combat africano nella seconda. Alla fine la formula del Professionista è proprio questa. Un mix calibrato di indagine e azione, di esotismo, intrigo e sesso, con ambienti e personaggi che s’ispirano in qualche modo a luoghi visti e posti sognati e ricostruiti ad hoc per la vicenda. Nel complesso credo che si tratti di un volume interessante, che sarà gradito ai fedeli lettori della serie quanto a chi dovese avvicinarsi per la prima volta. Di sicuro Chance e il suo mondo emergono in una variegata epopea non solo di spie ma anche di avventure. E come è stato per me, dalle storie del Professionista si può partire per esplorare altri mondi narrativi, cinematografici e letterari. Perché questa è la fantasia intelligente, la narrativa popolare che tanto mi piace e che voglio condividere con voi.

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14 Responses to PROFESSIONISTA STORY 07

  1. steg says:

    Caro Stefano,
    un solo problema: ormai siamo quasi ai “vecchi tempi del Tex gigante” e forse è il caso che l’uscita io me la scadenzi intorno al 10 del mese, per evitare pellegrinaggi inutili in edicola per una settimana.

    Sai dove trovarmi …

    Steg
    http://steg-speakerscorner.blogspot.com/

    • ilprofessionista says:

      sì stefano, e soprattutto con il numero di maggio(visto che le collane hanno tutte dei supplementi) andiamo per le lunghe, però è uscito l’8..ciao s

  2. Action Cas says:

    Preso oggi in pausa pranzo, stasera lo inizio, ovviamente in questi casi, si sospendn le attività non vitali per immergersi nella Avventura vera.
    Grazie Steve.

  3. Danilo says:

    Intercettato oggi nella mia edicola di fiducia. Comprare il Professionista è un po come un lancio col paracadute. Compri il libro, e si accende la luce rossa, lo cominci e il jumpmaster accende quella verde, mentre urla “GO GO GO!”

  4. Danilo says:

    Tra l’altro la commistione cosacchi/nazisti ha radici storiche ben documentate e rimanda anche a GoldenEye.

  5. AgenteD says:

    …Eh, eh, facile dire che tu hai dei figli d’oro! 🙂 Grazie poi per le precisazioni perché temevo per lo smarrimento di uno di loro, “Il veleno del cobra” che per il quadro “familiare” lì descritto mi era piaciuto in maniera particolare… 🙂

    • ilprofessionista says:

      certo Giovanni, le ‘origini’ del Professionista non saranno dimenticate. nel frattempo goditi la rimpatriata di Chance a Bruxelles nel Complotto

  6. Sergio says:

    Adesso capisco il motivo della lunghezza dei tuoi post, ti rifai per dover “contenerti” nei racconti che ci regali, e scusa se mi sono permesso la battuta.
    Però, rimanendo sull’aspetto riguardante le pagine dei racconti, io credo che, in quelli di azione, come ritengo siano per eccellenza i tuoi, se le storie si dilungano, si rischia di far un po’ “indigestione” di dettagli da ricordare, per cui, a mio parere, meglio non superare mai le 200 pagine.
    Apprendo con piacere che il volume è apparso in edicola, perché dalle mie parte, anche ieri (Pordenone) non l’avevo ancora visto!

    • ilprofessionista says:

      ciao Sergio, io credo che ormai dovrebbe essere distribuito dappertutto.
      per quel che riguarda il discorso lunghezze e azione sono d’accordo con te. in generale sono convinto che il thriller d’azione e non debba avere una lunghezza contenuta per non far cadere la tensione. sulle scene d’azione poi c’è da dire che sono le più difficili da realizzare. mediamente nella fase di taglio e revisione sono quelle in cui sfrondo a volte del 50% di ciò che ho scritto. alla fine l’obiettivo è trasmettere il senso, l’emozione di un combattimento e non descriverne minuziosamente le fasi, non è un manuale di arti marziali o di uso delle armi. come per il set l’autore opera una sintesi per trasmettere sensazioni. un procedimento che al cinema è sintetizzato in una bella intervista a Clint Eastwood che tradussi nelal sua biografia di Richard Chinkel e che, sostanzialmente, prevedeva di dare una prima impressione della geografia del luogo dello scontro allo spettatore per poi cucire dei dettagli. sulla pagina scritta è ancora più difficile perché non hai a disposizione che le parole. niente suoni o musica e il lettore deve immaginare le cose e non solo vederle. sta nell’uso delle parole, nel taglio e nel ritmo delle frasi. un bel lavoro 🙂

      • Sergio says:

        Sono perfettamente sulla tua stessa lunghezza d’onda. Ci tengo a precisare che il mio pensiero non è quello di lettore di solo genere d’azione, ma di parecchi altri, per cui mi è venuto più facile fare i confronti con i diversi approcci e le differenti sensazioni delle rispettive letture.

        • ilprofessionista says:

          sì, io in effetti anche se ho fatto dell’action il mio cavallo di battaglia e ho cercato di vedere e leggere più azione possibile per imparare e confrontarmi, devo dire che leggo soprattutto thriller

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